Paolo Soro

BEPS: Azione 7

Ritorniamo ancora sulla Stabile Organizzazione per illustrare l’Action 7 del piano BEPS (Preventing the Artificial Avoidance of Permanent Establishment Status), la quale contiene alcune importanti modifiche alla definizione di Stabile Organizzazione (PE), al fine di evitarne eventuali elusioni artificiali – a esempio – attraverso l'uso di strutture c. d. “Commissionaire” o simili.

Le Convenzioni prevedono generalmente che i profitti di un’azienda estera siano tassabili in un altro Paese solo nel caso in cui quell’azienda possieda una Stabile Organizzazione (Permanent Establishment – PE), alla quale quei profitti sono attribuibili. La definizione di Stabile Organizzazione presente nei trattati fiscali risulta, perciò, fondamentale per quanto concerne la decisione in merito alla liceità dell’eventuale pretesa di un’azienda estera di pagare le imposte sul reddito in un altro Paese, rispetto a quello di sua naturale residenza.

A tal proposito, il Piano BEPS ha rivisto la citata definizione di Stabile Organizzazione in modo da impedire il suo utilizzo per compiere strategie di evasione fiscale, attualmente usate per aggirare l’odierna definizione. Un classico esempio di elusione è costituito da tutti quegli accordi attraverso i quali i contribuenti sostituiscono una filiale (che ha la funzione di distributore), con un accordo di “Commissionnaire”, realizzando uno spostamento dei profitti dal Paese in cui le vendite sono effettivamente avvenute, senza un sostanziale mutamento nella funzione.

Le modifiche alla definizione di Stabile Organizzazione si rendono inoltre necessarie per impedire l’attuale sfruttamento della definizione di PE dell’Art. 5 dell’OECD Model Tax Convention, problema che risulta particolarmente importante soprattutto per quanto concerne la Digital Economy.

Per maggiore comprensione di quanto indicato nell’Action 7 in argomento, di seguito riportiamo il citato dettato normativo di riferimento.

Art. 5 Permanent Establishment – Stabile Organizzazione

1. Ai fini della presente Convenzione, l’espressione «stabile organizzazione» designa una sede “fissa di affari mediante cui l’impresa esercita in tutto o in parte la sua attività”.

2. L’espressione «stabile organizzazione» comprende in particolare:

a) una sede di direzione;

b) una succursale;

c) un ufficio;

d) un’officina;

e) un laboratorio;

f) una miniera o giacimento petrolifero o di gas, una cava o altro luogo di estrazione di risorse naturali.

3. Un cantiere di costruzione o di montaggio costituiscono «stabile organizzazione» solamente se ha durata superiore a dodici mesi.

4. Nonostante le precedenti disposizioni di questo articolo, non si considera che vi sia una stabile organizzazione se:

a) si fa uso di un’installazione ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna di beni o merci appartenenti all’impresa.

b) i beni o le merci appartenenti all’impresa sono immagazzinate ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna;

c) i beni o le merci appartenenti all’impresa sono immagazzinate ai soli fini della trasformazione da parte di un’altra impresa;

d) una sede fissa di affari è utilizzata ai soli fini di acquisire beni o merci o raccogliere informazioni per l’impresa;

e) una sede fissa di affari è utilizzata ai soli fini di svolgere, per l’impresa, qualsiasi altra attività che abbia carattere preparatorio o ausiliario;

f) una sede fissa di affari è utilizzata unicamente per qualsiasi combinazione delle attività citate nei paragrafi da a) a e), purché l’attività della sede fissa nel suo insieme quale risulta da tale combinazione, sia di carattere preparatorio o ausiliario.

5. Nonostante le disposizioni dei paragrafi 1 e 2, quando una persona – diversa da un agente che goda di uno status indipendente, di cui al paragrafo 6 – agisce per conto di un’impresa, ha e abitualmente esercita in uno Stato contraente il potere di concludere contratti in nome dell’impresa, si può considerare che tale impresa abbia una «stabile organizzazione» in detto Stato in relazione a ogni attività intrapresa dalla suddetta persona per l’impresa, a meno che le attività di detta persona siano limitate a quelle citate al paragrafo 4 che, se esercitate per mezzo di una sede fissa di affari, non farebbero di tale sede fissa di affari una «stabile organizzazione» ai sensi delle disposizioni di detto comma.

6. Non si considera che un’impresa abbia una stabile organizzazione in uno Stato contraente per il solo fatto che essa esercita in detto Stato la propria attività per mezzo di un mediatore, di un commissionario generale o di ogni altro intermediario che goda di uno status indipendente, a condizione che dette persone agiscano nell’ambito della loro ordinaria attività.

7. Il fatto che una società residente in uno Stato contraente controlli una società residente dell’altro Stato contraente o sia da questa controllata, ovvero svolga attività economica in questo altro Stato (a mezzo di una stabile organizzazione oppure altrimenti) non costituisce, di per sé, motivo sufficiente per far considerare una qualsiasi delle dette società una stabile organizzazione dell’altra.

Assieme alle modifiche ai trattati fiscali, che abbiamo già visto anche nel nostro precedente contributo relativo all’Azione 6 (Preventing the Granting of Treaty Benefits in Inappropriate Circumstances), occorre altresì precisare che le variazioni suggerite dalla relazione OCSE riguardo all’Action 7 contano di ripristinare la tassazione in una serie di casi in cui i redditi transnazionali rimangono non tassati, o nei quali la tassazione avviene con un’aliquota ben inferiore in conseguenza delle previsioni – appunto – inserite nei trattati fiscali. Tutti questi cambiamenti consentiranno ai Paesi di affrontare i problemi BEPS che insorgono a causa delle Convenzioni in essere, elemento che costituisce uno degli obiettivi principali del lavoro svolto dal Piano BEPS.

Tornando, ora, al falso aggiramento dello status di Stabile Organizzazione attraverso accordi Commissionaire, o strategie simili, occorre premettere che un accordo Commissionaire può essere definito in maniera approssimativa come quel negozio giuridico attraverso il quale un contribuente vende – ufficialmente a proprio nome – prodotti in un Paese, quando in realtà è un’azienda estera a essere l’effettiva proprietaria di quei prodotti. Attraverso accordi di questo tipo, dunque, un’azienda straniera risulta in grado di vendere i suoi prodotti in un altro Paese, senza tecnicamente possedere in loco una Permanent Establishment alla quale, dette vendite, dovrebbero essere attribuite per ragioni fiscali; e, perciò, senza essere sostanzialmente tassabile in quel Paese sui profitti che sono generati dalle vendite ivi realizzate.

Per altro verso, dal momento che la persona che conclude la vendita non è l’effettiva proprietaria dei prodotti, tale persona non risulta parimenti tassabile sui profitti che derivano da quella vendita e potrebbe essere tassata solo sulla remunerazione che riceve per i servizi resi “that-it” (solitamente, una commissione, da cui la denominazione di Commissionaire, o Commissionario).

Un’azienda estera che utilizza un accordo Commissionaire non costituisce una Stabile Organizzazione propriamente tale, aggirando in questa maniera l’applicazione dell’Art. 5 dell’OECD Model Tax Convention, qualora i contratti conclusi dalla persona che percepisce le commissioni non siano vincolanti per l’azienda estera.

Orbene, dato che il menzionato Art. 5 identifica la PE in base alla conclusione formale dei contratti in nome e per conto dell’impresa estera, risulta impossibile aggirare questa legge modificando i termini del contratto, senza la contestuale variazione materiale della funzione svolta dall’azienda nel Paese estero.

Analizzando i vari report giunti all’OCSE a tal riguardo dalle differenti Giurisdizioni, si può concludere che gli accordi Commissionnaire siano stati una delle preoccupazioni maggiori per le Amministrazioni Fiscali di molti Paesi, come dimostra anche il gran numero di casi di processi e contenziosi che hanno avuto luogo presso gli Stati membri dell’OCSE. Ebbene, nella maggior parte dei casi che sono finiti in tribunale, la denuncia dell’Amministrazione Finanziaria è stata rigettata, in quanto, avuto riguardo al tenore letterale della disposizione in argomento, detti accordi Commissionaire non potevano essere considerati alla stregua di ordinarie PE.

Strategie con simili finalità di aggiramento dell’Art. 5 riguardano, in generale, tutte quelle situazioni in cui i contratti, che sono sostanzialmente negoziati in un Paese, non vengono formalmente conclusi in quella stessa nazione perchè sono finalizzati e autorizzati all’estero.

Un altro esempio è quello concernente il contribuente che abitualmente ha l’autorità di concludere i contratti e che costituisce per ciò stesso un “agente indipendente” (“independent agent”), al quale diviene così applicabile l’eccezione di cui al già più volte citato Art. 5 dell’OECD Model Tax Convention, sebbene sia strettamente collegato all’azienda estera in vece della quale sta concretamente operando.

Per quanto riguarda, poi, le politiche pubbliche, per le quali i lavori che un intermediario svolge in un Paese hanno come obiettivo la conclusione di contratti per attività da eseguire da parte delle imprese estere, dette aziende devono avere un’entità economica tassabile in quel Paese, a meno che – beninteso – l’intermediario non svolga davvero tali attività attraverso un’entità economica indipendente. Le modifiche all’Art. 5 (e i connessi commenti sviluppati nella Relazione OCSE di accompagnamento al piano BEPS) hanno di conseguenza quale irrinunciabile obiettivo quello di affrontare gli accordi Commissionaire e le altre varie strategie simili, al fine di assicurare che la denominazione di queste misure rifletta in maniera maggiormente fedele i reali intenti della politica pubblica.

Un’altra particolare problematica che si è potuto appurare è quella connessa alla falsa assenza di Stabile Organizzazione attraverso le specifiche eccezioni previste nell’Art. 5 del Modello Convenzionale.

Quando le eccezioni alla definizione di Stabile Organizzazione presenti all’Art. 5 vennero introdotte per la prima volta nell’OECD Model Tax Convention, le attività comprese dalle predette eccezioni erano generalmente considerate di natura preparatoria o ausiliaria. Dal momento dell’introduzione di queste eccezioni, però, vi sono stati importanti cambiamenti nelle modalità di svolgimento delle attività economiche. Questo è già stato oggetto di specifico chiarimento nella relazione all’Azione 1 (Addressing the Tax Challenges of the Digital Economy), come abbiamo avuto modo recentemente di scrivere nel nostro articolo dedicato a tale argomento.

A seconda delle circostanze, le attività precedentemente considerate di carattere meramente preparatorio o ausiliario potrebbero, oggi, essere attività pertinenti alla gestione caratteristica. Proprio al fine di assicurare che i profitti generati dalle attività della gestione caratteristica svolte in un Paese siano conseguentemente tassate in quello stesso Stato, viene modificato l’Art. 5 in modo che le eccezioni ivi incluse facciano riferimento alle sole attività di carattere strettamente preparatorio o ausiliario.

I problemi BEPS dell’Art. 5 hanno anche origine dalla cosiddetta “segmentazione delle attività” (“fragmentation of activities”). Data la semplicità con la quale le multinazionali (MNEs) possono modificare le loro strutture per ottenere benefici fiscali, diventa infatti fondamentale chiarire che non è possibile aggirare lo status di Stabile Organizzazione mediante la frammentazione di un’unica attività in varie piccole altre attività, per poter poi obiettare che ogni mini-attività sia di carattere meramente preparatorio o ausiliario, e di conseguenza che possa beneficiare delle eccezioni di cui all’Art. 5. La legge anti-segmentazione proposta risolverà questi problemi BEPS.

Ancora in merito alle altre strategie per la falsa mancanza dello status di PE, occorre evidenziare come l’eccezione dell’Art. 5 che si applica ai siti di costruzione, abbia dato origine ad abusi attraverso la pratica di scissione dei contratti (splitting-up of contracts) tra aziende con un forte legame (closely related). La regola PPT (The Principal Purposes Test), che verrà aggiunta all’OECD Model Tax Convention come risultato dell’adozione della menzionata Azione 6 (Impedimento dell’ottenimento dei benefici provenienti da trattati in situazioni non adeguate), affronterà i problemi BEPS che scaturiscono da questo abuso.

Per quei Paesi che non dovessero riuscire ad affrontare i problemi BEPS con le leggi anti-abuso nazionali, verrà inclusa la previsione di una legge di applicazione automatica, che dovrà essere usata nei trattati che non includono la menzionata legge PPT, ovvero direttamente come norma da essere usata nelle Giurisdizioni che sono particolarmente preoccupate dai problemi che potrebbero originarsi a seguito della ricordata attività di scissione contrattuale.

Con riferimento, inoltre, ai lavori successivi già in previsione, compresi quelli che riguardano i problemi di attribuzione dei profitti alle PE, verrà proposto l’inserimento delle modifiche alla definizione di Stabile Organizzazione anche nei noti strumenti multilaterali (Multilateral Instruments), che saranno implementati in concomitanza con il progredire del lavoro sui problemi convenzionali svolto dal Piano BEPS nella sua globalità (si rammenta sempre la necessità di un approccio olistico al Piano).

Infine, per offrire una maggiore sicurezza nella determinazione dei profitti da attribuire alle Stabili Organizzazioni che saranno approvate coi cambiamenti di cui sopra, e in generale per tenere in considerazione la necessità di ulteriori Linee Guida afferenti l’attribuzione dei profitti alle PE, verranno svolti ulteriori lavori in merito ai problemi dell’attribuzione dei profitti affrontati con l’odierna Azione 7, al fine di garantire le necessarie Raccomandazioni OCSE entro la fine del 2016, ovvero entro la deadline per la registrazione della negoziazione dei citati strumenti multilaterali (Multilateral Instruments).

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