Paolo Soro

La tassazione delle stabile organizzazione estera nel 2016

Nel corrente anno 2016, è entrata in vigore la normativa relativa alla branch exemption. Ricordiamo brevemente questa importante innovazione introdotta lo scorso anno dal Decreto Crescita e Internazionalizzazione, che porta un legittimo e concreto risparmio d’imposta in capo alle imprese residenti.

Nell’ordinamento tributario italiano, la Stabile Organizzazione (o Permanent Establishment – PE) è definita dall’articolo 162 del Tuir che sostanzialmente riprende la struttura e il contenuto dell’articolo 5 del Modello di Convenzione OCSE contro le doppie imposizioni: si tratta, in pratica, di una sede fissa di affari per mezzo della quale l'impresa residente esercita la sua attività nel territorio dello Stato estero.

La normativa fornisce una serie di esempi di Stabile Organizzazione e, per contrasto, altrettanti casi di non configurabilità.

Quanto ai primi, si ha una PE nelle seguenti ipotesi:

a) una sede di direzione;

b) una succursale;

c) un ufficio;

d) un'officina;

e) un laboratorio;

f) una miniera, un giacimento petrolifero o di gas naturale, una cava o altro luogo di estrazione di risorse naturali, anche al di fuori delle acque territoriali, purché lo Stato possa esercitarvi i diritti relativi.

Viene, in particolare, precisato che un cantiere di costruzione o di montaggio o di installazione, è considerato "Stabile Organizzazione" soltanto se ha una durata superiore a tre mesi. Per determinare la durata del cantiere, l’interpretazione OCSE chiarisce che non si tiene conto delle interruzioni stagionali e temporanee (scioperi dei dipendenti, cattive condizioni atmosferiche, etc.), che possono limitare l’effettivo svolgimento dell’attività nel cantiere e, nell’effettuare il calcolo, si sommano anche i periodi relativi a più lavori distinti collegati tra loro da un nesso logico.

Infine, costituisce una Stabile Organizzazione anche quel soggetto, residente o non residente, il quale, nel territorio dello Stato, abitualmente concluda in nome dell'impresa stessa contratti diversi da quelli del mero acquisto di beni.

Viceversa, non è possibile parlare di Stabile Organizzazione, laddove, una sede fissa di affari:

a) venga utilizzata ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna di beni o merci appartenenti all'impresa;

b) i beni o le merci appartenenti all'impresa siano semplicemente immagazzinati ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna;

c) i beni o le merci appartenenti all'impresa siano immagazzinati ai soli fini della trasformazione da parte di un'altra impresa;

d) una sede fissa d’affari sia utilizzata ai soli fini di acquistare beni o merci, ovvero di raccogliere informazioni per l'impresa;

e) detta sede venga utilizzata ai soli fini di svolgere, per l'impresa, qualsiasi altra attività che abbia carattere meramente preparatorio o ausiliario;

f) o ancora, venga utilizzata ai soli fini dell'esercizio combinato di tutte le attività appena sopra indicate, sempre che il tutto permanga a carattere preparatorio o ausiliario.

All’uopo occorrerà distinguere i casi in cui l’attività preparatoria rappresenti una parte significativa dell’attività dell’impresa. Se tale attività preparatoria rientra fra quelle principali dell’impresa, il suo esercizio, attraverso una sede fissa d’affari, configurerà una Stabile Organizzazione. Un deposito di merci non gestito da personale fisso e senza un’attività di vendita, o il mero acquisto di beni, rappresentano sicuramente due esempi in cui non c’è modalità di tassazione attraverso la PE.

Non costituisce di per sé, inoltre, Stabile Organizzazione la disponibilità a qualsiasi titolo di elaboratori elettronici e relativi impianti ausiliari che consentano la raccolta e la trasmissione di informazioni e dati finalizzati alla vendita di beni e servizi.

Neppure può configurarsi una PE per il solo fatto che essa eserciti nel territorio dello Stato la propria attività tramite un mediatore, un commissionario generale, un raccomandatario marittimo, od ogni altro intermediario che agisca in maniera indipendente nell'ambito della propria attività ordinaria, anche in via continuativa.

L’espressione “concludere contratti in nome della casa madre” implica la capacità di impegnare l’impresa di fronte a terzi. Tale potere deve comunque manifestarsi attraverso l’offerta di beni e servizi sul mercato (la conclusione di un contratto di lavoro dipendente – a esempio – non è di per sé sufficiente per l’esistenza di una PE, in quanto non è espressione di un’attività imprenditoriale). La persona fisica che costituisce una Stabile Organizzazione personale deve agire in assenza di autonomia gestionale nei rapporti con la casa madre (pertanto, un agente indipendente che agisce nell’ambito della propria attività “non costituisce stabile organizzazione”).

Infine, il fatto che un'impresa non residente (con o senza Stabile Organizzazione nel territorio dello Stato) controlli un'impresa residente, ne sia controllata, o che entrambe le imprese siano controllate da un terzo soggetto esercente o meno attività d'impresa, non costituisce di per sé motivo sufficiente per considerare una qualsiasi di dette imprese una Stabile Organizzazione dell'altra.

In conformità all’interpretazione dell’attuale Commentario al Modello OCSE, il mero riscontro di uno degli esempi delle sopra citate elencazioni non dovrebbe comunque essere sufficiente a dimostrare l’esistenza o meno di una PE. Ciò poiché si tratta di semplici indizi che devono essere sempre confermati dal soddisfacimento dei requisiti fissati nella definizione generale iniziale. In tal caso, l’onere della prova spetterà all’Amministrazione Finanziaria. Peraltro, tenuto conto che l’interpretazione data alle convenzioni stipulate dallo Stato italiano considera la predetta lista come esemplificativa a priori di Stabili (o non Stabili) Organizzazioni, il riscontro di tali fattispecie implicherebbe la presunzione assoluta di PE (o non PE), con conseguente inversione dell’onere della prova.

Premesso quanto sopra, di regola, agli effetti dell’imposizione fiscale delle branch estere di “case madri” italiane, abbiamo:

-          La tassazione nel Paese della fonte del reddito (sede della PE)

-          L’attrazione dei suoi redditi nel Paese della “casa madre” italiana, secondo i criteri di determinazione dell’imposta propri di quest’ultima

-          Lo scomputo delle imposte effettivamente versate nel Paese in cui ha sede la Stabile Organizzazione

Come noto, la branch estera non ha un capitale sociale obbligatorio, ma è in genere costituita con quel fondo di dotazione che appare indispensabile allo svolgimento della sua attività. Il reddito della PE è rappresentato esclusivamente dagli utili e dalle perdite a essa riferibili, sulla base di un rendiconto economico e patrimoniale, redatto secondo i principi contabili applicabili ai soggetti aventi le medesime caratteristiche. Resta, inoltre, inalterata l’applicazione della disciplina del transfer pricing nei rapporti tra branch estera e “casa madre” italiana.

Orbene, conformemente alle indicazioni OCSE, occorreva introdurre una disposizione che consentisse di privilegiare, ai fini della determinazione del reddito, il principio del functionally separate entity approach, rispetto all’obbligatoria e immediata attrazione in Italia dei redditi prodotti all’estero dalla PE.

A tal proposito, l’art. 14 del D.Lgs. 147/2015 introduce nel nostro ordinamento la branch exemption, ovverossia la possibilità che in capo a un’impresa residente nel territorio dello Stato non assumano rilevanza fiscale le perdite e gli utili realizzati dalle sue Stabili Organizzazioni all’estero, da determinarsi in ogni caso in base ai criteri di cui all’articolo 152 del TUIR.

Si tratta di un particolare regime di carattere opzionale: tale scelta è irrevocabile e va esercitata per tutte le Stabili Organizzazioni della medesima impresa, a condizione che non siano localizzate in Stati o territori inclusi nel decreto o nel provvedimento emanati ai sensi dell'articolo 167, comma 4, del TUIR, ovvero che non ricorrano congiuntamente le condizioni di cui al comma 8-bis del medesimo articolo 167.

In caso di opzione per l'applicazione della branch exemption, dette Stabili Organizzazioni sono assoggettate alla disciplina prevista per le CFC dall'articolo 167 del TUIR, a meno che non ricorrano le esimenti ivi previste.

Non sarà, dunque, possibile esercitare l’opzione in questione solo per alcune delle Stabili Organizzazioni, in funzione della particolare convenienza. Se, a esempio, un'impresa italiana ha quattro PE, due delle quali localizzate in uno Stato White List, una nel Paese Black List A, e una nel Paese Black List B, l'opzione deve essere esercitata per tutte e quattro le PE, tenendo conto, tuttavia, che le Stabili Organizzazioni ubicate in Stati o territori Black List sono trattate diversamente a seconda che:

- sussistano le esimenti di cui all'articolo 167, in tal caso sono incluse obbligatoriamente nel perimetro della branch exemption;

- non sussistano le esimenti dell'articolo 167, in tal caso dette Permanent Establishment sono tassate per trasparenza in via separata.

Nell'esempio considerato, pertanto, se l'esimente sussiste solo per la PE Black List A, il perimetro della branch exemption comprenderà, oltre alle due PE White List, anche quella del Paese Black List B; mentre quella del Paese Black List A dovrà comunque essere tassata per trasparenza in via separata.

Pare doveroso rammentare, altresì, che un'ulteriore previsione normativa mira a disciplinare il regime transitorio, ossia l'eventuale  passaggio dall'attuale regime dell'imputazione dei redditi della Stabile Organizzazione con riconoscimento del credito per le imposte assolte all'estero, al regime dell'esenzione.

Al fine di consentire alle imprese di adeguare i propri sistemi contabili al nuovo regime, è riconosciuta, infatti, la possibilità di esercitare l'opzione per la branch exemption entro il secondo periodo di imposta successivo a quello di entrata in vigore della norma (2016), con effetto dal medesimo periodo di imposta.

Un ulteriore comma introduce, poi, la c.d. recapture delle perdite, che scatta quando l'impresa intende passare al metodo dell'esenzione, avendo in precedenza importato perdite fiscali dalla propria PE.

La disposizione in esame prevede che l'impresa debba ricalcolare il reddito della Stabile Organizzazione nei cinque periodi di imposta precedenti rispetto a quello di effetto dell'opzione, e se, dalla relativa somma algebrica, risulta una perdita fiscale, nonostante la vigenza della branch exemption, gli utili successivamente realizzati dalla PE verranno tassati in Italia fino al riassorbimento di tale perdita. Dall'imposta dovuta, poi, si detraggono le eventuali eccedenze positive di imposte sul reddito assolte all'estero dall'impresa, in relazione al reddito ivi prodotto dalla PE in discorso.

Subito a seguire, il Legislatore dispone anche per una norma antielusiva, prevedendo che l'applicazione del predetto regime di tassazione si attua pure quando venga trasferita a qualsiasi titolo la PE (o parte della stessa) ad altra impresa del gruppo, la quale fruisca del diritto di esercitare l'opzione. In tal caso, l'impresa cedente deve indicare nell'atto di trasferimento se, nei cinque periodi di imposta precedenti, ha importato dalla Stabile Organizzazione trasferita (o da una parte della stessa) una perdita fiscale netta, la quale, in seguito al trasferimento, passerà all'impresa acquirente per assumere rilevanza ai fini dell'eventuale opzione per la branch exemption da parte di quest'ultima. 

Vengono, altresì, disciplinate le modalità di determinazione del reddito della Stabile Organizzazione in vigenza della branch exemption, prevedendo che la base imponibile vada definita secondo il principio/finzione elaborato in ambito OCSE, che vede – come prima ricordato –la PE appunto quale "functional separate entity". Ai fini in esame, dunque, assumerà particolare importanza la conformità degli oneri documentali alle linee guida elaborate dall'OCSE in materia di transfer pricing, compresa quindi l'eventuale disapplicazione delle sanzioni.

Resta, comunque, perseguibile l’attività di ruling internazionale; pertanto, sarà possibile per il contribuente formulare la richiesta di specifico interpello all’Agenzia delle Entrate in merito all’esistenza o meno di una sua Stabile Organizzazione estera.

Infine, la norma prescrive che l'Agenzia delle Entrate debba provvedere a pubblicare sul proprio sito istituzionale, a titolo esemplificativo, le fattispecie ritenute elusive delle precedenti disposizioni, da aggiornarsi periodicamente.

A parere di chi scrive, questo nuovo regime opzionale della branch exemption, in vigore dal corrente anno 2016, potrebbe dimostrarsi particolarmente utile nella stragrande maggioranza dei casi, rappresentando, de facto, un legittimo concreto risparmio di imposta in capo alle imprese residenti che posseggono una Stabile Organizzazione all’estero. Oltre a ciò, pare altresì da non sottovalutare il vantaggio legato alla semplificazione di carattere contabile; ricordiamo infatti la necessità, nella pratica corrente, di dover tenere una doppia contabilità per la branch estera: secondo l’eventuale regolamentazione locale e in base a quella nazionale.

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