Paolo Soro

Falso in bilancio indecifrabile

L’ennesima manovra-caos del Governo (questa volta) sul falso in bilancio, crea l’ennesimo scompiglio nella Cassazione che non sa quale orientamento assumere.

La riforma del falso in bilancio assomiglia sempre più a una maionese impazzita.

Con la legge anticorruzione, in vigore dal 14 giugno 2015, il governo Renzi intendeva dare un giro di vite contro una serie di reati dei pubblici ufficiali, ma non solo.

Si prevedevano infatti sanzioni più severe anche per il reato di falso in bilancio.

Fino a cinque anni di reclusione per amministratori e direttori di società non quotate, fino a otto anni se la società è quotata.

Obiettivo esplicito del governo era quello di reintrodurre il reato di falso in bilancio, depotenziato dal governo Berlusconi nel 2002, ma il risultato è stato disastroso.

Nel modificare gli articoli 2621 e 2622 del codice civile, una manina ha infatti eliminato la rilevanza, ai fini penali, delle valutazioni.

Poiché i dati contabili sono basati in gran parte su stime, l’effetto di una riforma che avrebbe dovuto moralizzare i bilanci societari potrebbe essere quello di proclamare un «liberi tutti».

Va proprio in questa direzione la prima interpretazione della Corte di cassazione (sentenza Crespi del 16 settembre 2015) che ritiene l’eliminazione del riferimento esplicito alle «valutazioni» una precisa scelta del legislatore, che ha inteso in questo modo escludere la rilevanza penale di queste operazioni.

Di parere diametralmente opposto la seconda decisione della stessa sezione V della Cassazione (sentenza Nappi del 12 gennaio 2016) per la quale il reato di false comunicazioni sociali è riscontrabile, al di là del dato letterale della norma, ogni volta che le valutazioni non abbiano tenuto in adeguato conto le norme vigenti o gli standard tecnici (principi contabili), purché abbiano rilevanza essenziale.

La sentenza Crespi si attiene al dato testuale della norma e ne fa discendere le logiche conseguenze.

La sentenza Nappi, per evitare di arrivare a considerare irrilevanti le valutazioni (quindi lasciare via libera alla manipolazione dei dati contabili), si lancia in un’articolata ricostruzione sistematica con la quale il giudice si sostituisce di fatto al legislatore.

Partendo dalla necessità di rispettare il canone della «fedele rappresentazione», si arriva all’irrilevanza dell’eliminazione dell’inciso «ancorché oggetto di valutazione»: di fatto si capovolge il dato testuale per arrivare a quella che sembra una soluzione più logica e più coerente con l’intenzione annunciata dal legislatore e con il sistema giuridico nel suo complesso (tutela della buona fede, rappresentazione corretta della situazione aziendale, prevenzione dei fallimenti).

Quando ormai si cominciava a pensare che avrebbe prevalso la giurisprudenza creatrice della sentenza Nappi, il 22 febbraio è stata depositata dalla stessa sezione V della Cassazione la terza decisione che invece, fedele al testo della norma, condivide in toto l’orientamento Crespi: i giudici hanno precisato che la condotta degli amministratori è penalmente rilevante solo se la falsità è riferita a «fatti materiali», «idonei a indurre in errore» e ci sia la consapevolezza di conseguire un «ingiusto profitto».

Tuttavia, se il valore numerico viene esposto come un dato oggettivo e non come frutto di una valutazione e può quindi ingannare i lettori del bilancio, può essere sanzionabile penalmente.

Una riforma che nasceva con l’unico obiettivo di lottare contro la corruzione ha portato, paradossalmente, alla più completa incertezza su quale sia la norma vigente (provocando un danno che, dal punto di vista delle dinamiche economiche, è più grave della stessa corruzione).

La giurisprudenza di legittimità è spaccata tra un’interpretazione rispettosa del testo della legge e un’altra che non ne tiene conto per nulla: così la certezza della pena per gli amministratori disonesti viene sostituita dall’arbitrio del fato.

Si rischia la galera o si viene assolti in funzione del collegio davanti al quale si viene giudicati.

Fonte: Italia Oggi

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