Paolo Soro

La stabile organizzazione (permanent establishment)

La stabile organizzazione (spesso individuata nella classica “branch” estera) collega a uno Stato il reddito che deriva da un’attività economica svolta sul suo territorio da parte di un’impresa non residente. Tale reddito d’impresa è sottoposto a tassazione anche nello Stato della fonte (Stato di provenienza del reddito), salvo eventuale credito per le imposte già assolte.

Nell’ordinamento tributario italiano, la stabile organizzazione è definita dall’articolo 162 del Tuir che, nonostante alcune lievi differenze, possiamo dire riprende la struttura e il contenuto dell’articolo 5 del Modello di Convenzione OCSE contro le doppie imposizioni, il quale utilizza il termine: permanent establishment (PE).

Il Testo Unico (ovviamente, ai fini delle imposte dirette e dell’IRAP – per l’IVA occorre fare riferimento alla normativa comunitaria), con l'espressione "stabile organizzazione", designa una sede fissa di affari per mezzo della quale l'impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività sul territorio dello Stato.

La normativa, poi, per meglio chiarire la definizione generale iniziale, fornisce una serie di esempi di stabile organizzazione e, per contrasto, altrettanti casi di non configurabilità.

Quanto ai primi, si ha stabile organizzazione nelle seguenti ipotesi:

a) una sede di direzione;

b) una succursale;

c) un ufficio;

d) un'officina;

e) un laboratorio;

f) una miniera, un giacimento petrolifero o di gas naturale, una cava o altro luogo di estrazione di risorse naturali, anche al di fuori delle acque territoriali, purché lo Stato possa esercitarvi i diritti relativi.

Viene altresì precisato che un cantiere di costruzione o di montaggio o di installazione, è considerato "stabile organizzazione" soltanto se ha una durata superiore a tre mesi. Per determinare la durata del cantiere, l’interpretazione OCSE chiarisce che non si tiene conto delle interruzioni stagionali e temporanee (scioperi dei dipendenti, cattive condizioni atmosferiche, etc.), che possono limitare l’effettivo svolgimento dell’attività nel cantiere e, nell’effettuare il calcolo, si sommano anche i periodi relativi a più lavori distinti collegati tra loro da un nesso logico.

Infine, costituisce una stabile organizzazione anche quel soggetto, residente o non residente, il quale, nel territorio dello Stato, abitualmente conclude in nome dell'impresa stessa contratti diversi da quelli del mero acquisto di beni.

Viceversa, non è possibile parlare di stabile organizzazione, laddove, una sede fissa di affari:

a) venga utilizzata ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna di beni o merci appartenenti all'impresa;

b) i beni o le merci appartenenti all'impresa siano semplicemente immagazzinati ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna;

c) i beni o le merci appartenenti all'impresa siano immagazzinati ai soli fini della trasformazione da parte di un'altra impresa;

d) una sede fissa d’affari sia utilizzata ai soli fini di acquistare beni o merci, ovvero di raccogliere informazioni per l'impresa;

e) detta sede venga utilizzata ai soli fini di svolgere, per l'impresa, qualsiasi altra attività che abbia carattere meramente preparatorio o ausiliario;

f) o ancora, venga utilizzata ai soli fini dell'esercizio combinato di tutte le attività appena sopra indicate, sempre che il tutto permanga a carattere preparatorio o ausiliario.

All’uopo, occorrerà distinguere i casi in cui l’attività preparatoria rappresenti una parte significativa dell’attività dell’impresa. Se tale attività preparatoria rientra fra quelle principali dell’impresa, il suo esercizio, attraverso una sede fissa d’affari, configurerà una stabile organizzazione. Un deposito di merci non gestito da personale fisso e senza un’attività di vendita, o il mero acquisto di beni, rappresentano sicuramente due esempi in cui non c’è modalità di tassazione attraverso la stabile organizzazione.

Ancora: non costituisce di per sé stabile organizzazione la disponibilità a qualsiasi titolo di elaboratori elettronici e relativi impianti ausiliari che consentano la raccolta e la trasmissione di informazioni e dati finalizzati alla vendita di beni e servizi.

Neppure può configurarsi una stabile organizzazione per il solo fatto che essa eserciti nel territorio dello Stato la propria attività per mezzo di un mediatore, di un commissionario generale, di un raccomandatario marittimo, o di ogni altro intermediario che agisca in maniera indipendente nell'ambito della propria attività ordinaria, anche in via continuativa.

L’espressione “concludere contratti in nome della casa madre” implica la capacità di impegnare l’impresa di fronte a terzi. Tale potere deve comunque manifestarsi attraverso l’offerta di beni e servizi sul mercato (la conclusione di un contratto di lavoro dipendente – a esempio – non è di per sé sufficiente per l’esistenza di una stabile organizzazione, in quanto non è espressione di un’attività imprenditoriale). La persona fisica che costituisce una stabile organizzazione personale deve agire in assenza di autonomia gestionale nei rapporti con la casa madre (pertanto, un agente indipendente che agisce nell’ambito della propria attività “non costituisce stabile organizzazione”).

Infine, il fatto che un'impresa non residente (con o senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato) controlli un'impresa residente, ne sia controllata, o che entrambe le imprese siano controllate da un terzo soggetto esercente o meno attività d'impresa, non costituisce di per sé motivo sufficiente per considerare una qualsiasi di dette imprese una stabile organizzazione dell'altra.

In conformità all’interpretazione dell’attuale Commentario al Modello OCSE, il riscontro di uno degli esempi delle sopra citate elencazioni non è sufficiente a dimostrare l’esistenza o meno di una PE. Ciò poiché si tratta di semplici indizi che devono essere sempre confermati dal soddisfacimento dei requisiti fissati nella definizione generale iniziale. In tal caso, l’onere della prova spetta all’Amministrazione Finanziaria. Peraltro, tenuto conto che l’interpretazione data alle convenzioni stipulate dallo Stato italiano considera la predetta lista come esempi che costituiscono a priori stabili (o non-stabili) organizzazioni, il riscontro di tali fattispecie implicherebbe la presunzione assoluta di stabile (o non-stabile) organizzazione con conseguente inversione dell’onere della prova.

Si rammenta che il Modello OCSE ha valore di raccomandazione e non forza di legge nazionale. Sarebbe, dunque, auspicabile sul punto una decisa presa di posizione a livello legislativo, onde evitare di lasciare il campo alle soggettive (e variegate) interpretazioni giurisprudenziali.

Le condizioni che debbono verificarsi sono, in sostanza, le seguenti:

-          L’esistenza di un “place of business” o installazione di una sede d’affari

-          La sua stabilità

-          La sua connessione con l’esercizio normale dell’impresa

-          La sua idoneità a produrre reddito

Per quanto riguarda l’esistenza, non rileva il titolo in base al quale l’impresa ha la disponibilità materiale della sede (proprietà, locazione, comodato etc.), né il fatto che tale installazione si trovi nei locali di un’altra impresa; ma assume esclusivo rilievo soltanto l’effettiva disponibilità dell’installazione stessa.

Con riferimento alla “stabilità”, il termine va inteso sia in senso temporale (è necessario che l’installazione si presti a un utilizzo durevole da parte dell’impresa), che secondo un’interpretazione spaziale (necessaria esistenza di un legame tra l’installazione e un punto geografico determinato, senza tuttavia che sia indispensabile la materiale fissazione al suolo). Ergo, si può escludere che costituiscano stabili organizzazioni le installazioni utilizzate per attività tipicamente occasionale, come – per esempio – saltuarie esposizioni, anche se effettuate più volte durante lo stesso anno. Viceversa, quando esiste un nesso commerciale-geografico in funzione della tipologia di attività svolta, potrà sussistere la PE anche in caso di spostamento da un luogo a un altro (una miniera costituisce un singolo “place of business” anche se l’estrazione è fatta su una vasta area, in quanto rappresenta un’unità commerciale e geografica con riferimento all’attività estrattiva).

In relazione alla condizione concernente la connessione con l’esercizio dell’impresa, il riferimento a un’installazione fissa, in cui l’impresa svolge in tutto o in parte la sua attività, indica che la sede deve essere destinata a un’attività rientrante nel quadro normale degli affari realizzati dall’imprenditore estero, purché tale attività sia in relazione di servizio rispetto agli obiettivi globali dell’impresa. In pratica, ciò che rileva è la connessione, in rapporto di strumentalità dell’attività commerciale, con l’esercizio dell’impresa, e il fatto che l’installazione serva realmente per l’esercizio attivo dell’attività d’impresa, non per una manifestazione di tipo statico.

Infine, in merito all’ultima condizione, la volontà del Legislatore è palese nel voler escludere dal concetto di stabile organizzazione tutte quelle installazioni in cui si svolgono attività insuscettibili di produrre un reddito autonomo; o, per meglio dire, di un reddito autonomamente accertabile secondo criteri oggettivi e in relazione al quale sia determinabile una ben definita base imponibile. Sono, infatti, escluse – a priori – tutte quelle sedi in cui si svolgono attività di carattere ausiliario e preparatorio, poste in essere in una fase ancora lontana dall’effettiva produzione del reddito, perché se ne possa correttamente attribuirgliene una parte. Il business deve essere esercitato totalmente o parzialmente nel c. d. “place of business”. Si è – a esempio – ritenuta sussistente una stabile organizzazione ogni qualvolta l’ente straniero svolgesse abitualmente attività nel territorio nazionale, avvalendosi di una struttura organizzativa materiale e/o personale, qualunque fosse la dimensione, purché non avesse carattere precario o temporaneo, e costituisse un centro di imputazione di rapporti e situazioni giuridiche riferibili all’ente straniero.

L’individuazione di una stabile organizzazione assume particolare rilevanza da un punto di vista fiscale. Giuridicamente, infatti, la PE non è indipendente dalla casa madre, ma ai fini tributari è considerata avere una propria autonomia gestionale. Economicamente, l’attività della PE deve dunque essere valutabile in modo autonomo e idonea a produrre reddito tassabile.

Come noto, gli utili di un’impresa di uno Stato contraente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che l’impresa non svolga la sua attività nell’altro Stato contraente per mezzo di una stabile organizzazione ivi situata. Se l’impresa esercita la sua attività in tal modo, gli utili dell’impresa saranno imponibili nell’altro Stato, ma soltanto nella misura in cui sono attribuibili alla stabile organizzazione. Da qui derivano, conseguentemente, anche determinati obblighi contabili a carico della PE. Dunque, una volta verificata l’esistenza di una stabile organizzazione, occorrerà individuare quali siano i redditi concretamente imponibili nei suoi confronti (questione tutt’altro che semplice).

L’art. 7 del Modello OCSE afferma che sono attribuiti alla stabile organizzazione i redditi che si ritiene potrebbero essere stati ricavati nell’altro Stato, se tale stabile organizzazione fosse stata un’impresa indipendente (c. d. arm’s length principle), operante nelle stesse o simili condizioni, e senza alcun legame con l’impresa “madre” a cui appartiene. Resta comunque il problema connesso all’individuazione certa delle stabili organizzazioni, cosa che suggerisce di addivenire presto a una modifica della definizione dettata dall’art. 5 del Modello.

In Italia, come noto, l’articolo 14 del recente Decreto Crescita e Internazionalizzazione ha introdotto nell’ordinamento la branch exemption, ovverosia la possibilità che in capo a un’impresa residente nel territorio dello Stato non assumano rilevanza fiscale le perdite e gli utili realizzati dalle sue stabili organizzazioni all’estero. L'opzione per la branch exemption (da esercitarsi entro due anni) è irrevocabile e vale per tutte le stabili organizzazioni della medesima impresa. In caso di opzione per l'applicazione della branch exemption, tali stabili organizzazioni saranno assoggettate alla disciplina prevista per le CFC dall'articolo 167 del TUIR, a meno che non ricorrano le conosciute esimenti ivi previste. Pertanto:

-          se sussistono le esimenti, le PE potranno usufruire del regime della branch exemption;

-          se non sussistono le esimenti, le PE verranno tassate per trasparenza.

Nel documento “Action Plan on Base Erosion and Profit Shifting", l’OCSE individua le principali azioni che i Governi nazionali devono intraprendere al fine di contrastare il fenomeno dell’erosione della base imponibile. Orbene, in materia di stabile organizzazione, si sottolinea appunto la necessità di rivedere la definizione di PE per prevenire eventuali abusi. In particolare, obiettivo dell’OCSE è quello di contrastare i fenomeni di erosione della base imponibile connessi allo status di stabile organizzazione.

L’aggiornamento della definizione di stabile organizzazione si propone in particolare di contrastare quei fenomeni di abuso connessi alle specifiche situazioni in cui vengono in considerazione i c. d. “commissionnaire arrangements”.

In alcuni regimi, l’interpretazione delle disposizioni convenzionali in materia di stabile organizzazione personale consente che i contratti di vendita di beni di una società estera vengano sottoscritti dal personale della subsidiary locale di tale società. I profitti derivanti dalle suindicate vendite non sono assoggettati alle medesime condizioni di quelli derivanti dalle vendite effettuate da un distributore. Ciò ha portato molte imprese a sostituire gli arrangements in virtù dei quali la subsidiary locale normalmente opera nella qualità di distributore con i “commissionnaire arrangements”, con un conseguente shift of profits dal Paese in cui le vendite hanno luogo, senza che a tale trasferimento corrisponda una sostanziale modifica nell’attività realmente svolta in quello stesso Paese.

All’opposto, le imprese multinazionali mirano artificialmente a frammentare le attività tra le diverse entità del gruppo, affinché le stesse, ai vari livelli, si qualifichino come preparatorie o ausiliarie, potendo così non configurarsi una PE laddove ciò appaia conveniente dal punto di vista fiscale.

Secondo l’OCSE, molte delle strutture che contemplano la figura del commissionnaire sono state poste in essere, principalmente, con l’obiettivo di erodere la base imponibile dello Stato in cui le vendite sono effettuate. Risulta, pertanto, indispensabile apportare delle opportune modifiche all’art. 5 del Modello convenzionale. 

L’OCSE rileva che le criticità connesse al cd. “artificial avoidance of PE status” potranno essere efficacemente superate soltanto se vi sarà un effettivo coordinamento con le altre aree di intervento previste nell’Action Plan (caratteristica olistica del Piano BEPS). L’Action 7, in particolare, precisa che quella dell’attribuzione dei profitti è una questione-chiave ai fini dell’individuazione delle modifiche che dovranno essere apportate alla definizione di “permanent establishment”.

Purtuttavia, occorre evidenziare come gli studi a oggi svolti sulla citata questione abbiano consentito di individuare solo alcune delle aree che richiedono chiarimenti e/o integrazioni. Oltre a ciò, non paiono ancora ben identificate quelle modifiche sostanziali alle norme sull’attribuzione dei profitti alla stabile organizzazione che risulterebbe viceversa necessario attuare.

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