L’impatto delle leggi fiscali, oggigiorno, è diventato particolarmente significativo per le aziende e per le Amministrazioni Fiscali con l’aumento del numero e del valore dei trasferimenti infragruppo. Come è stato evidenziato dal Piano BEPS (Base Erosion and Profit Shifting), gli standard internazionali, attualmente presenti per quanto riguarda le regole in materia di transfer pricing, potrebbero venire applicati in maniera scorretta, favorendo così l’allocazione dei profitti in violazione del nexus approach (vale a dire, mancata imputazione per competenza alle attività economiche che li hanno effettivamente generati). Le Azioni 8-10 (Transfer Pricing, Intangibles Risks & Capital High-Risk Transactions) del Piano BEPS, recentemente oggetto di revisione da parte dell’OCSE, mirano a eliminare questo problema, in modo da assicurare che i prezzi di trasferimento siano correttamente allineati con l’effettivo valore creato (Transfer Pricing to Value Creation).
Il criterio attualmente usato dai vari Paesi per stabilire le leggi sul prezzo di trasferimento è il c. d. arm’s length principle, incluso nei trattati sulla base dell’art. 9 del Model Tax Convention dell’OCSE. Nelle Transfer Pricing Guidelines for Multinational Enterprises and Tax Administrations viene esposta un’interpretazione di questo principio condivisa da molti dei Paesi che lo utilizzano correntemente. In sostanza, si richiede che le transazioni tra aziende consociate (transactions between associated enterprises) siano valutate come se le due aziende fossero indipendenti (operating at arm’s length), impegnandosi affinché le operazioni avvengano nelle medesime condizioni, nella medesima situazione economica e con riferimento al medesimo periodo. Qualora le condizioni stabilite differiscano da quelle di una transazione che riguardasse due aziende indipendenti nelle medesime circostanze, saranno necessari degli aggiustamenti all’allocazione dei profitti per ragioni di carattere fiscale.
L’arm’s length principle ha dimostrato di essere utile come standard con finalità pratiche e di bilanciamento per le Amministrazioni e per i contribuenti, al fine di valutare i prezzi di trasferimento tra aziende consociate e alla scopo di evitare la doppia tassazione. Cionondimeno, con riferimento ai termini contrattuali, la normativa esistente ha dimostrato di essere facilmente manipolabile, col rischio di originare risultati che non corrispondono al valore effettivamente creato dalle sottostanti attività economiche realmente svolte dalle diverse entità del gruppo internazionale.
Perciò, la piattaforma BEPS ha richiesto che venga chiarita l’applicazione dell’arm’s length principle, provvedendo contestualmente a un suo rafforzamento. E, qualora i rischi connessi al prezzo di trasferimento rimanessero immutati anche a seguito di tali nuove previsioni, il citato Piano BEPS ha altresì previsto la possibilità di introdurre ulteriori misure speciali, all’interno o in aggiunta al richiamato principio dell’arm’s length.
Il lavoro si è concentrato su tre aree principali.
L’Azione 8 ha preso in esame i problemi legati al prezzo di trasferimento delle transazioni che riguardano i beni immateriali, e alla loro conseguente corretta allocazione.
L’Azione 9 ha analizzato i rischi contrattuali e la conseguente allocazione dei profitti che ne deriva, in modo tale che vi sia reale corrispondenza con le attività effettivamente svolte. Altra questione considerata è stata poi quella concernente il tasso di interesse per la restituzione dei finanziamenti concessi a una società del gruppo dotata di ingente patrimonio (capital rich MNE group member), quando questo saggio non dovesse corrispondere al livello di attività svolte dall’azienda finanziata.
L’Azione 10 è, infine, incentrata sulle altre aree ad alto rischio; vale a dire: i profitti che originano da transazioni non razionali, dal punto di vista commerciale, per le singole imprese coinvolte; l’utilizzo di metodi di transfer pricing con la finalità di spostare i redditi dal centro delle attività economiche predominanti del gruppo; l’annullamento di alcuni tipi di pagamento infragruppo (management fees, spese per head office), al solo fine di diminuire di fatto la base imponibile.
Le Linee Guida affrontano questi problemi e assicurano che le regole sul prezzo di trasferimento siano in grado di ottenere come risultato la corretta imputazione dei profitti della gestione operativa alle attività economiche che li hanno concretamente generati.
Al fine di raggiungere il suddetto obiettivo, è innanzitutto necessaria una precisa definizione delle transazioni tra le imprese, mediante l’analisi delle intercorrenti relazioni contrattuali, in combinazione con l’effettiva condotta delle imprese stesse. Detta condotta potrà integrare o sostituire gli accordi negoziali qualora i contratti risultino incompleti o diversi dalla medesima. In tal modo, le Linee Guida puntano a una corretta applicazione dei metodi di valutazione dei prezzi in una maniera che impedisca il conseguimento dei redditi in luoghi nei quali non avviene la contribuzione per gli stessi. Pertanto, nei casi in cui le transazioni tra imprese consociate manchino di razionalità dal punto di vista commerciale, l’OCSE autorizza a ignorare tali contratti ai fini del prezzo di trasferimento.
A questo punto, il problema (non da poco) è ovviamente quello concernente la soggettività di tale valutazione. Come vedremo più avanti, l’OCSE garantisce la soluzione della questione con l’approccio olistico del Piano BEPS. A modesto parere di chi scrive, peraltro, i dubbi restano.
Le nuove Linee Guida includono, poi, due importanti chiarimenti con riferimento ai rischi e ai beni immateriali.
I rischi sono definiti come potenziale incertezza agli effetti del conseguimento dell’oggetto sociale. In tutte le attività economiche di un’impresa, siano esse dei processi svolti per cogliere una nuova opportunità, oppure semplici atti di generazione di redditi o esborsi monetari, è presente un certo grado di incertezza e di conseguenza viene assunto un rischio. Ebbene, nessun imprenditore assumerebbe mai un rischio associato a un’opportunità commerciale che non preveda un ritorno economico positivo. La nozione base dell’economia, secondo la quale a un rischio maggiore corrisponderà di regola un guadagno potenzialmente maggiore, ha fatto mettere in atto da parte dei gruppi multinazionali delle strategie di mera pianificazione fiscale connesse alla regolarizzazione dei rischi mediante lo strumento contrattuale, talvolta però senza alcun concreto cambiamento nelle attività svolte. Per far fronte a detto modus operandi, la relazione illustrativa dell’OCSE stabilisce che i rischi contrattualmente assunti da una società la quale, in pratica, non ne abbia il controllo significativo e specifico, o non abbia comunque la capacità finanziaria per assumerli, saranno imputati alla parte del gruppo che possegga tale prerogative.
Per quanto concerne i beni immateriali, le Linee Guida chiariscono che il loro solo possesso a titolo legale non genera necessariamente il diritto a tutti (o ad alcuni) dei guadagni realizzati a seguito della loro vendita o del loro sfruttamento. Il gruppo che svolge le funzioni più importanti si assume i rischi economici più elevati e contribuisce maggiormente alle attività. Ergo, sulla base di quanto determinato dall’accurata analisi delle effettive transazioni concluse, avrà diritto a un guadagno appropriato che rifletta il valore della contribuzione erogata.
Ulteriori specifiche raccomandazioni sul punto assicureranno che l’analisi in parola non sia resa imprecisa dall’asimmetria informatica tra l’Amministrazione Finanziaria e il contribuente con riferimento al valore di stima dei beni immateriali, o mediante speciali relazioni contrattuali, quali gli accordi afferenti il costo di contribuzione (cost contribution arrangement).
L’Azione 9 – come sopra anticipato – è stata rivista anche per quanto riguarda la situazione in cui un’entità del gruppo dotata di un patrimonio particolarmente ingente offra finanziamenti, ma di fatto svolga l’attività aziendale in misura scarsa o comunque inadeguata. Qualora, infatti, tale impresa non assuma il rischio finanziario derivante dal predetto finanziamento (per esempio per il fatto di fornire semplicemente denaro quando richiesto, senza alcuna valutazione del merito creditizio della parte che riceve il finanziamento), non avrà diritto ad alcuna parte dei profitti generati da detto rischio finanziario, potendo al massimo percepire il corrispettivo per il c. d. risk-free return; o neanche quello nell’ipotesi in cui, per esempio, le transazioni non siano commercialmente razionali e perciò si renda applicabile la clausola che prevede la possibilità di disconoscerle.
Infine, le Linee Guida mirano a garantire che i metodi di valutazione dei prezzi producano un’allocazione dei profitti in corrispondenza delle attività economicamente più importanti. Non sarà, conseguentemente, più possibile imputare ad libitum i benefici sinergici delle attività operative del gruppo alle varie società dello stesso; ma solo a quelle che abbiano effettivamente contribuito alla realizzazione di quegli stessi benefici sinergici. Per esempio, gli sconti che si generano per l’acquisto di alti volumi di beni ordinati da una serie di aziende facenti parte di un gruppo, sarà imputato per competenza a quelle medesime aziende che hanno emesso l’ordine.
A conclusione del documento, l’OCSE preavvisa per il 2016/2017 la realizzazione di un ulteriore metodo di ripartizione transazionale dei profitti (Transactional Profit Split Method). Le prossime Linee Guida riguarderanno le modalità per poter applicare in maniera utile e appropriata questo metodo, onde allineare i prezzi di trasferimento al valore effettivamente creato, compresa la tipica fattispecie rappresentata dalla classica “catena di valore internazionale”.
Tutte le Azioni BEPS sono collegate tra di loro attraverso un approccio di tipo olistico (ossia, vanno intese e considerate quale sistema unico e inscindibile).
Esempio: abbiamo già avuto modo di precisare come le società con patrimonio maggiore, ma prive di qualsiasi altra importanza a livello di effettivo svolgimento di attività (c. d. cash boxes), non avranno diritto ad alcuna parte dei redditi generati. Gli unici profitti cui potrebbero avere diritto saranno pari a non più del citato risk-free return. Dopo di che, qualora i guadagni fossero rappresentati esclusivamente da interessi (o altro pagamento equivalente), quei profitti già marginali saranno soggetti alle norme sulla deducibilità di cui all’Azione 4 (Interest Deductions). Non solo: diverrà estremamente complesso strutturare i pagamenti presso il Paese in cui è residente la cash box (così da scongiurare operazioni elusive), grazie alle Linee Guida sull’impedimento degli abusi perpetrati tramite le Convenzioni, fornite con riguardo all’Azione 6 (Treaty Abuse). Inoltre, la cash box con limitata (o assenza di) attività economica diventerebbe immediatamente sottoposta alla normativa CFC – Controlled Foreign Companies – di cui all’Azione 3 (CFC Rules). Ancora: le previsioni di cui all’Azione 13 (Transfer Pricing Documentation) obbligano le aziende a fornire ogni necessaria informazione atta a rendere assolutamente trasparente l’attività di tutte le entità del gruppo, attraverso la compilazione del Master File, del Local File (o, Documentazione Nazionale, in Italia) e, in certi casi, anche del nuovo Country By Country Report. Dette disposizioni renderanno di fatto impossibile nascondere il ruolo della cash box. Infine, considerato che le valutazioni concernenti il transfer pricing non possono che dipendere dall’analisi di fatti e circostanze, le quali implicano delle interpretazioni soggettive, è potenzialmente alto il rischio di doppia tassazione. L’Azione 14 (Dispute Resolution), onde migliorare l’efficacia dei meccanismi di risoluzione delle dispute, ha incluso un nuovo standard minimo per dare accesso alla Procedura di Accordo Reciproco (Mutual Agreement Procedure), ex Articolo 25 del Modello Convenzionale Fiscale (OECD’s Model Tax Convention), per tutti i casi di transfer pricing. A rafforzare dette Linee Guida, tra l’altro, i Paesi membri del G20 si sono impegnati all’arbitrato vincolante (binding arbitration), specificando che non verrà fornito accesso all’arbitrato nei casi di transfer pricing, in modo tale da eliminare i potenziali casi di doppia imposizione.
In questo modo, dunque, l’approccio olistico del Progetto BEPS (per quanto attiene all’esempio in argomento) assicura che, nelle loro strategie, i grossi gruppi multinazionali preferiscano accantonare l’idea di usare le cash boxes per allocare i profitti in giurisdizioni fiscalmente convenienti ed eludere il nesso di competenza con le rispettive attività economiche che li generano.
Insomma, a parere dell’OCSE, le Azioni 8-10 dovrebbero garantire un miglior allineamento tra prezzo di trasferimento ed effettiva creazione di valore, in capo ai gruppi internazionali. Nel contempo, l’approccio di natura olistica del Progetto BEPS assicurerà il rispetto del nexus approach, evitando anche potenziali fattispecie di doppia tassazione.
Peraltro, su quest’ultimo punto (come già anticipato), a nostro avviso permangono ancora dei dubbi legati alle valutazioni soggettive sui singoli casi specifici che, seppure parzialmente limitate, le varie Amministrazioni Fiscali dovranno inevitabilmente effettuare.