Paolo Soro

Esterovestizione e attività di verifica dell’Agenzia delle Entrate

Un’impresa residente all’estero, sulla base di criteri formali, e in Italia, su fondamenti sostanziali (come spesso accade nel caso di holding straniere che detengono partecipazioni in società domestiche), va incontro ai problemi nascenti dalla normativa sull’esterovestizione. Diamo uno sguardo ai fattori considerati dall’Agenzia delle Entrate nella sua attività di verifica.

Come noto, si ha esterovestizione allorché un soggetto d’imposta sottrae, strumentalmente o meno, al potere impositivo nazionale, attività d’impresa suscettibili di produrre materia reddituale attiva (aziende industriali, commerciali etc.), ovvero passiva (dividendi, interessi, utili, royalties etc.), il c. d. passive income. Quando, dunque, la residenza sostanziale contraddice quella formale, siamo di fronte a un tipico caso di esterovestizione.

Con riguardo all’individuazione della residenza, l’art. 73, c. 3, TUIR, prevede che siano considerate domiciliate in Italia le società che per la maggior parte del periodo d’imposta abbiano nel territorio dello Stato:

  1. la sede legale, ossia quella indicata nell’atto costitutivo o nello statuto;
  2. la sede dell’amministrazione, vale a dire il luogo in cui si trova effettivamente la direzione dell’impresa, inteso come reale sede presso la quale vengono assunte le decisioni chiave (place of effective management);
  3. l’oggetto principale dell’attività, cioè il luogo in cui viene effettivamente svolta l’attività economica prevalentemente esercitata per conseguire lo scopo sociale.

Da notare che le suddette condizioni sono alternative fra loro; pertanto, è sufficiente il verificarsi anche di una sola delle tre.

Il punto 2 è quello che risulta presentare le maggiori criticità. Lo stesso Modello Convenzionale dell’OCSE, all’art. 4, precisa, infatti, che nell’ipotesi di doppia residenza di una società, come criterio discriminante debba essere preso in considerazione proprio il citato place of effective management (POEM).

In quanto luogo in cui si formano le principali decisioni strategiche della gestione, il POEM viene di regola identificato con la sede in cui si riunisce l’organo amministrativo. Conseguentemente, il registro delle adunanze del CDA sarà oggetto di opportuna verifica da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Attenzione, però, alla residenza delle singole persone fisiche che costituiscono detto CDA: considerata la presunzione prevista dall’art. 73, c. 5 bis, TUIR, tale ultimo fattore diventerà fondamentale in caso di accertamento. Se dei soggetti, persone fisiche, con residenza in Italia, compongono in prevalenza l’organo amministrativo di una società estera, sicuramente sarà alquanto arduo vincere la presunzione di residenza connessa al POEM, contando esclusivamente su un verbale che riporti semplicemente la sede estera come quella nella quale si sono svolte le varie riunioni dell’organo amministrativo.

Il parametro cui l’Amministrazione porrà particolare cura con riferimento al POEM, è quello concernente la complessiva attività di direzione e di coordinamento. Laddove tale attività si trasformi in una costante ingerenza nella vita quotidiana della società, risulterà inevitabile far coincidere la residenza della società estera con quella di chi è deputato a compiere (o comunque indirizzare regolarmente) gli atti di gestione.

Con riferimento alla predetta presunzione di cui al 73 del TUIR, giova ricordare che, di regola, l’onere della prova circa la localizzazione in Italia della residenza fiscale di una società, grava sull’Agenzia delle Entrate. Peraltro, in presenza di talune circostanze, si verifica l’ennesima inversione dell’onere della prova a carico del contribuente.

In effetti, la richiamata norma del TUIR stabilisce che vi è una presunzione legale relativa con riguardo alla localizzazione nel territorio dello Stato della sede dell’amministrazione della società non residente, quando tale entità detenga direttamente partecipazioni di controllo in società di capitali residenti, e sia a sua volta controllata, anche indirettamente, da soggetti residenti nel territorio italiano, ovvero sia amministrata da un CDA composto in prevalenza da soggetti residenti in Italia.

Tale presunzione relativa, a detta del Fisco, può essere vinta fornendo valide prove circa l’effettività della residenza. Queste prove possono essere così riassunte:

-          documenti atti a dimostrare che le riunioni del CDA si sono concretamente svolte all’estero (biglietti aerei, ricevute di alberghi, ristoranti, bus, metro, taxi etc., concomitanti con la data delle riunioni);

-          documenti che dimostrano il reale svolgersi di atti autonomi da parte dei membri del locale CDA (progetti, presentazioni, meeting e ogni altra documentazione diretta a migliorare l’economicità della società non residente);

-          documenti, anche fattuali, testimonianti il grado di autonomia funzionale della società non residente e del suo personale dal punto di vista organizzativo, amministrativo, finanziario e contabile (direttive interne, contratti di natura commerciale e finanziaria, corrispondenza ordinaria con soggetti terzi, apertura e gestione dei conti correnti bancari, richiesta di mutui o prestiti etc.), vale a dire qualunque documentazione che sia in condizione di provare l’effettivo svolgimento in loco dell’intera gestione operativa della società non residente.

Vediamo, per concludere, quali sono i principali indici reputati dall’Amministrazione Finanziaria sintomatici ai fini della collocazione dell’effettivo potere decisionale in Italia e, dunque, tali da consentire di verificare l’esistenza di una società esterovestita:

-          e-mail scambiate tra residenti e non residenti;

-          documenti personali degli amministratori della società non residente;

-          concomitanza degli stessi soggetti nei CDA delle due società (residente e non residente);

-          qualifica professionale degli amministratori esteri (ossia, se sono persone di comodo o soggetti che abitualmente fanno da “amministratori” per società simili);

-          residenza effettiva della società non residente (eventuale sede presso lo studio di qualche professionista locale);

-          abituale svolgimento delle riunioni del CDA presso la sede estera;

-          verbali di assemblea dei soci verifica del luogo in cui sono eseguite le delibere;

-          contratti della società non residente e luogo in cui sono stati conclusi;

-          disponibilità di conti correnti bancari italiani e gestione dall’Italia di conti correnti bancari esteri.

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