Paolo Soro

Dubbi sulla separazione attività ai fini IVA (immobili: cessioni / locazioni)

L’articolo 36 del DPR 633/1972 prevede che le disposizioni in tema di separazione delle attività si applichino anche ai soggetti che effettuano sia locazioni (o cessioni), esenti da imposta, di fabbricati o porzioni di fabbricato a destinazione abitativa che comportano la riduzione della percentuale di detrazione, sia locazioni (o cessioni) di altri fabbricati o di altri immobili, con riferimento a ciascuno di tali settori di attività.

L’articolo 36 del DPR 633/1972 prevede che le disposizioni in tema di separazione delle attività si applichino anche ai soggetti che effettuano sia locazioni (o cessioni), esenti da imposta, di fabbricati o porzioni di fabbricato a destinazione abitativa che comportano la riduzione della percentuale di detrazione, sia locazioni (o cessioni) di altri fabbricati o di altri immobili, con riferimento a ciascuno di tali settori di attività.
Le attività di locazione e di cessione di fabbricati possono essere tra loro separate senza problemi di sorta, in quanto contraddistinte da differenti codici ATECO. Il problema, però, si pone quando all’interno della medesima attività (di locazione, oppure di cessione) coesistano operazioni contraddistinte da un differente regime IVA (di imponibilità e di esenzione). La norma sembra riferirsi a una separazione di attività esclusivamente basata sulla tipologia di fabbricato: la categoria dei fabbricati abitativi e quella dei fabbricati diversi dai primi. Peraltro, tenuto conto di quanto affermato dalla Agenzia delle entrate con la circolare 22/E del 28 giugno 2013, paragrafo 9, tale interpretazione non parrebbe poi così certa. La circolare in discorso introduce il concetto di sub-settore di attività: i sub-settori di attività (cessione e locazione) ulteriormente separabili nell’ambito di ciascun settore sono costituiti, rispettivamente, dalle locazioni di fabbricati abitativi esenti e locazioni di altri fabbricati o immobili, e dalle cessioni di fabbricati abitativi esenti e cessioni di altri fabbricati o immobili. Sembrerebbe, dunque che, agli effetti della suddivisione, occorra tenere presente il limite della tipologia di fabbricato e non del regime IVA. La circolare, poi, conclude affermando che: “I sub-settori di attività delle cessioni di altri fabbricati e delle locazioni di altri fabbricati saranno costituiti, pertanto, non solo da operazioni imponibili ma, altresì, da operazioni esenti (ad esempio, rispettivamente, cessioni e locazioni di fabbricati strumentali in regime di esenzione)”. Ciò che non appare affatto chiaro, in sostanza, è se il contribuente possa separare le attività in ragione del solo regime IVA applicabile alle operazioni che riguardano la medesima tipologia di fabbricato. Esempio: la locazione di un fabbricato strumentale con opzione per l’IVA, dalla locazione di un fabbricato strumentale per il quale si preferisce l’esenzione (regime naturale).
Poiché tale impostazione sembra oggi preclusa, l’istituto della separazione delle attività, nato proprio per evitare “confusione” tra operazioni esenti e operazioni imponibili, diventerebbe così, agli effetti pratici, privo di qualunque sostanziale valenza. Vero è che l’istituto si riferisce alla separazione delle “attività” e non delle “operazioni”, ma l’attuale impostazione è sorta con un panorama legislativo che vincolava la locazione di fabbricati abitativi al solo regime di esenzione.
Per addivenire a un’impostazione razionale ed equilibrata, sarebbe senza dubbio più corretto affermare che la separazione delle attività debba essere effettivamente vista come separazione delle operazioni, affinché si possa finalmente evitare l’applicazione del pro-rata (elemento discriminante di non poco conto). Applicare tale principio non comporterebbe alcun disequilibrio del sistema, poiché l’imputazione di un bene alla categoria delle operazioni esenti determinerebbe l’obbligo di rettifica, e i successivi passaggi interni sarebbero regolati dalle norme del sistema vigente.
Ci pare, in conclusione, fortemente auspicabile che l’Agenzia delle Entrate provveda urgentemente a dare ogni doverosa certezza interpretativa al riguardo, rivedendo le conclusioni formulate nella circolare summenzionata.

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