Paolo Soro

Addizionale regionale con applicazione di automatismi

I chiarimenti del MEF in merito all’applicazione dell’incremento nella misura fissa di 0,30 punti percentuali dell’aliquota dell’addizionale regionale all’IRPEF.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, con la Risoluzione 5/DF del 15.06.2015, avente a oggetto: “Addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche. Applicazione degli automatismi fiscali. Art. 6, comma 7, del D.lgs. 6 maggio 2011, n. 68.”, inoltra le seguenti interpretazioni.

Nella fattispecie in esame – riporta il MEF – non trova applicazione il comma 3, ma il successivo comma 10 dell’art. 6, del D.Lgs. n. 68 del 2011, il quale, allo scopo di salvaguardare l’esigenza di perseguire l’equilibrio economico-finanziario dell’ente attraverso la copertura dei disavanzi di gestione nel settore sanitario, stabilisce che: “Restano fermi gli automatismi fiscali previsti dalla vigente legislazione nel settore sanitario nei casi di squilibrio economico, nonché le disposizioni in materia di applicazione di incrementi delle aliquote fiscali per le regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari”.

Dalla lettura coordinata delle norme innanzi richiamate si rileva, infatti, che il comma 3 dell’art. 6, del D.Lgs. n. 68 del 2011, trova applicazione in via generale, imponendo un limite alla facoltà riconosciuta alla Regione di modificare le misure dell’addizionale al solo scopo di contenere la pressione fiscale per i contribuenti con redditi fino a 15.000 euro.

Ogni discrezionalità della Regione viene, invece, automaticamente meno nell’ipotesi in cui la stessa presenti dei disavanzi di gestione nel settore sanitario o sia impegnata nel Piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario stesso e il Tavolo per la verifica degli adempimenti ed il Comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza - che hanno il compito di monitorare l’attuazione dei Piani di rientri- abbiano constatato il mancato raggiungimento degli obiettivi fissati dal suddetto Piano, con conseguente determinazione di un disavanzo sanitario. Infatti, la finalità della disposizione di cui al comma 10 del citato art. 6, del D.Lgs. n. 68 del 2011, è quella di garantire che la copertura dei disavanzi di gestione nel settore sanitario avvenga anche attraverso l’applicazione automatica sia delle maggiorazioni di imposta stabilite dalle norme sugli automatismi fiscali - tra tutte il citato art. 1, comma 174, della legge n. 311 del 2004 – e sia degli incrementi di aliquota previsti dall’art. 2, comma 86, della legge n. 191 del 2009, per le Regioni sottoposte ai suddetti Piani di rientro.

Il perseguimento di tali superiori finalità che, come ampiamente ribadito dalla giurisprudenza costituzionale, sono volte ad assicurare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti il diritto fondamentale alla salute sancito dall’art. 32 della Costituzione, non consente, quindi, alle Regioni di poter escludere dall’applicazione degli incrementi delle aliquote fiscali in questione i redditi fino a 15.000 euro. In tal modo, infatti, le Regioni aggraverebbero il disavanzo sanitario e contravverrebbero, altresì, all’obbligo di adottare tutti gli atti normativi, amministrativi, organizzativi e gestionali idonei a garantire il conseguimento degli obiettivi dei suddetti Piani.

Pertanto, la Regione sottoposta al Piano di rientro dal deficit sanitario, è tenuta ad applicare l’incremento nella misura fissa di 0,30 punti percentuali dell’aliquota dell’addizionale regionale all’IRPEF rispetto a quelle vigenti, su tutti gli scaglioni di reddito.

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