Paolo Soro

Il Redditometro e le “spese per elementi certi”

L’Agenzia, nella sua circolare 6/E/2014, ha ribadito che nell’accertamento effettuato secondo il “Nuovo Redditometro” verranno utilizzate anche le c. d. “spese per elementi certi”, non i soli indici ISTAT tout court.

Personalmente sono convinto che il principio su cui si basa il Redditometro sia indubitabilmente corretto: un individuo dev’essere sempre in grado di dimostrare la lecita provenienza dei denari necessari per l’acquisto dei beni che possiede e per il sostenimento delle spese effettuate, nel caso in cui il reddito dichiarato non sia a ciò sufficiente.
Senonché, tale ineccepibile strumento di accertamento pare essere scambiato dal Fisco, spesso e volentieri, come una sorta di arma impropria da usare in maniera tutt’altro che commendevole.
In premessa, occorre ritornare un pochino indietro e riferirsi all’intervento del Garante, il quale aveva bacchettato l’Agenzia delle Entrate in materia di Redditometro, posto che l’utilizzo improprio degli indici ISTAT (descritti come: “potenzialmente molto imprecisi se attribuiti a un singolo individuo, oltre che eccessivamente invasivi della sfera privata dei contribuenti”) avrebbe dovuto comportare l’esclusione dal Redditometro stesso di tutte quelle spese il cui calcolo si basi unicamente sulle medie ISTAT.
Dopo tale ammonimento, l’Agenzia, nella sua circolare 6/E/2014, ha ribadito che nell’accertamento effettuato secondo il “Nuovo Redditometro” verranno utilizzate anche le c. d. “spese per elementi certi”, non i soli indici ISTAT tout court.
Le “spese per elementi certi” sono quelle sostenute per il mantenimento di abitazioni e mezzi di trasporto (quali autovetture, imbarcazioni, aeromobili ecc.), determinate applicando, a parametri oggettivi (esempio: il possesso di un immobile e le sue caratteristiche tecniche), i valori medi ISTAT per il nucleo familiare di appartenenza. Le modalità in base a cui si calcolano queste spese erano già state illustrate in una precedenza Circolare (24/E/2013), ed è il seguente:
Calcolo della Spesa Media Unitaria ISTAT (SMU):
spesa media mensile ISTAT del nucleo familiare di appartenenza (secondo gli indici ISTAT pubblicati: dato presunto “X”)
diviso
consistenza media delle abitazioni (stabilita come pari a 75 mq.).
Da cui si ottiene il totale della spesa finale effettiva da attribuire al contribuente nell’anno considerato, moltiplicando:
la SMU ottenuta, per gli effettivi metri quadri dell’abitazione del contribuente, per i mesi di possesso nell’anno, ed eventualmente riproporzionando l’importo finale in funzione della percentuale di possesso dell’immobile (nel caso, a esempio, si tratti di un appartamento cointestato a più soggetti).
Nulla quaestio sul ragionamento in base al quale, se si possiede una casa, si sostengono gioco forza delle spese certe per il suo mantenimento. Ed è corretto che – passatemi la ridondanza rafforzativa del concetto – un contribuente venga accertato (che deriva appunto da “certo”) sul fondamento delle spese certe che ha (quindi, di certo), sopportato, indipendentemente dal fatto che, poi, con qualche stratagemma, sia illegittimamente riuscito a non farle “risultare”.  
Ma, nel caso di specie, non c’è bisogno di essere dei grandi esperti di matematica per comprendere subito che l’ammontare di dette spese, così determinato, è del tutto presunto e mai assolutamente certo: gli elementi sono certi (la casa); le spese così individuate sono del tutto presunte (indici ISTAT sulle spese per il mantenimento).
Nell’ipotesi delle autovetture, il sistema di calcolo è lo stesso, salvo per il fatto che ci si basa sui kW., anziché sui mq.
A titolo indicativo, una casa da 150 mq. “costa” circa 2.500 euro l’anno; un’auto da 170 kW. circa 4.000 euro l’anno.
È evidente che dissentiamo fortemente da questo distorto e, soprattutto, ingiusto uso del Redditometro.
Posto, infatti, che:
A)    Si parte dall’assunto di colpire le spese certe sopportate;
B)    È acclarato come gli indici ISTAT siano dei valori presunti e non certi;
ogniqualvolta, il calcolo venga eseguito prendendo in considerazione un valore presunto, non potrà mai fornire un risultato certo, ma sempre e solo presunto.
L’Agenzia stravolge lo strumento di accertamento, giocando sul seguente equivoco:
Non si devono accertare i contribuenti sulle medie ISTAT perché non sono certe? Benissimo! Allora li accertiamo applicando gli indici generali ISTAT alle spese di mantenimento degli elementi certi, quali case e auto.
E dove sta la differenza?
Se Y (spesa del contribuente) = X (media ISTAT), è un’equazione errata perché X non è un valore certo e, dunque, Y non potrà mai rappresentare la spesa certa sostenuta dal contribuente;
modificando detta equazione come segue:
Y (spesa del contribuente) = X (media ISTAT) di 150 (mq. Casa), il risultato, in quanto sempre dipendente dall’incognita X (dato presunto), non potrà che essere parimenti presunto e fuorviante. Così operando, l’unica cosa certa è che si addiviene a un risultato non certo.
Ergo, anche tale seconda equazione è incontrovertibilmente errata.
Il punto, oltre tutto, è che, rebus sic stantibus, fornire la prova contraria da parte del contribuente diventa, di fatto, praticamente impossibile.
L’unico consiglio che si può dare in questi casi è quello di non sottovalutare mai la fase del contraddittorio, ma anzi portarla avanti con grande presenza e insistenza, cercando sempre di documentare tutte le effettive spese sostenute per i c. d. elementi certi (mantenimento casa, auto etc.) in modo congruo; per esempio: far vedere che, effettivamente, nell’anno, ci sono state delle ricevute che attengono a tali spese, essendo poco credibile che, nell’arco di 12 mesi, non si sia mai dovuto pagare alcunché.

comments powered by Disqus
redditometro
top