Paolo Soro

Novità 2014: Perdite su crediti cancellati

L’art. 1, co. 160, lett. b), della Legge n. 147/2013 (c.d. Legge di Stabilità) ha riformulato l’ultimo periodo dell’art. 101, co. 5, del D.P.R. n. 917/1986, in materia di deducibilità dal reddito d’impresa delle perdite su crediti, stabilendo che gli elementi certi e precisi sussistono inoltre in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in applicazione dei principi contabili.

L’art. 1, co. 160, lett. b), della Legge n. 147/2013 (c.d. Legge di Stabilità) ha riformulato l’ultimo periodo dell’art. 101, co. 5, del D.P.R. n. 917/1986, in materia di deducibilità dal reddito d’impresa delle perdite su crediti, stabilendo quanto segue:
“Gli elementi certi e precisi sussistono inoltre in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in applicazione dei principi contabili”.
È stato, dunque, soppresso l’esclusivo riferimento alle imprese che adottano gli standard internazionali, generalizzando la fattispecie di automatica sussistenza degli elementi certi e precisi a causa di un evento estintivo determinante (indipendentemente dallo schema contrattuale adottato), ossia: la soppressione del credito dal rendiconto annuale.
Tale novità normativa è applicabile alle perdite su crediti maturate già dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2013 e riguardante i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili nazionali, a prescindere dalla data in cui è sorto il credito (rileva il momento di cancellazione dal bilancio, in ossequio agli standard OIC). La deducibilità della perdita su crediti – senza dover provare gli elementi certi e precisi, e in assenza delle descritte ipotesi dei crediti di modesta entità scaduti da almeno sei mesi e di quelli prescritti – dipende dall’osservanza dello standard OIC 15, che contempla, nella versione attualmente in vigore, le seguenti fattispecie di cancellazione del credito: cessione pro-soluto, transazione e rinuncia. Non dovrebbe rientrare in tale fattispecie il caso della svalutazione integrale del credito: la novità normativa si riferisce, infatti, soltanto alle ipotesi esterne di cancellazione, e non a quelle interne improntate a una mera stima.
La bozza del nuovo OIC 15, a differenza di quella attualmente applicabile, non si occupa della cessione del credito, in quanto il progetto di aggiornamento dei principi contabili nazionali ne prevede un’autonoma trattazione in un apposito documento ancora da porre in consultazione.
Il legislatore ha, quindi, rimosso l’ingiustificata disparità di trattamento, introdotta dal D.L. n. 83/2012, tra le imprese soggette, per obbligo o facoltà, ai principi contabili internazionali e quelle redigenti il bilancio in base agli standard OIC: rimane, in ogni caso, fermo il potere di sindacato dell’Amministrazione Finanziaria (art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973), qualora la perdita derivi da un’operazione elusiva oppure antieconomica, qualificabile come una mera liberalità, così come precisato dalla relazione illustrativa della Legge di Stabilità per il 2014, coerentemente con quanto già chiarito dalla C.M. n. 26/E/2013. In detta circolare, infatti, l’Agenzia delle Entrate aveva sottolineato che le operazioni maggiormente caratterizzate da un elevato grado di potenziale elusività sono quelle intercorrenti tra soggetti non indipendenti: è il caso, a esempio, delle cessioni di credito perfezionate in virtù di un corrispettivo non congruo rispetto al valore del credito, ovvero per un prezzo simbolico e in assenza di tentativi di recupero coattivo prima dell’alienazione stessa. Questo stesso orientamento è evidenziato pure nella Circolare Assonime n. 15/2013, che ritiene dubbia l’inerenza delle operazioni di cessione del credito sulla base di un corrispettivo decisamente sproporzionato rispetto al valore intrinseco del credito, ovvero di altri atti estintivi riconducibili a un comportamento dell’imprenditore non giustificato, come la rinuncia del credito non supportata da una specifica motivazione di carattere economico. Al ricorrere di tale ipotesi, l’Agenzia delle Entrate, potrebbe, pertanto, validamente contestare, sulla base di fondati elementi oggettivi, che la cessione pro-soluto sia soltanto apparente, poiché – in virtù di altri accordi contrattuali – le parti hanno stabilito che, in caso di mancato pagamento da parte del debitore ceduto, i contraenti dell’alienazione sono tenuti a restituire, rispettivamente, quanto ricevuto (il cedente) e la titolarità del credito (il cessionario), facendo, quindi, venire meno la presunta e formale natura definitiva della perdita su crediti.
Ciò precisato, al di là di tale ultimo elemento che occorre sempre fare oggetto di attenta preventiva valutazione, magari precostituendosi tutte quelle opportune giustificazioni per l’operazione di cessione che potrebbero essere successivamente pretese dall’Amministrazione Finanziaria, la portata della norma ci pare senza dubbio positiva e opportuna in una situazione ancora abbastanza confusa e, in un certo qual senso, ingiustamente discriminante tra le società che adottano gli standard internazionali per la redazione del bilancio e quelle che utilizzano i principi contabili nazionali.

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