Paolo Soro

Renzi, in arrivo il primo “NO” dall’UE

La scelta del Governo di seguire Francia e Lussemburgo nell’applicazione dell’aliquota IVA ridotta sugli e-book, non pare sia stata particolarmente felice, posto che la Corte di Giustizia ha accolto i ricorsi presentati dalla Commissione europea.

Il Governo Renzi si prepara a incassare il primo veto su uno dei vari provvedimenti adottati nella Legge di Stabilità, approvata (è bene rammentarlo, visto il monito giunto al riguardo dal neoeletto Presidente della Repubblica) solo mediante il ricorso allo strumento della “fiducia”.

La norma (Legge di Stabilità 2015, art. 1, comma 667) è quella che ha provveduto a estendere, tramite interpretazione autentica del termine “libro” contenuta nel decreto IVA (parte II, tabella A, n. 18), l’assoggettamento all’aliquota agevolata del 4% prevista per le pubblicazioni editoriali cartacee e per i libri identificati con codice ISBN, anche a quelle veicolate attraverso:

-          qualsiasi supporto fisico (chiavette USB, CD-ROM, etc.);

-          mezzi di comunicazione elettronica (cd. e-book).

Come confermato, all’unanimità, dal Comitato IVA, il 09.02.2011, a parere della Commissione europea, gli e-book, però, sono considerati servizi elettronici, e la direttiva IVA ne prevede espressamente la tassazione con l’aliquota ordinaria (art. 98, par. 2), poiché non ricompresi, né inizialmente nell’allegato III della stessa, né in seguito, così come avvenuto dal 2009, per i libri riprodotti su “qualunque supporto fisico” (direttiva n. 2009/47/CE). Solo per tali pubblicazioni, dunque, è possibile prevedere una tassazione agevolata.

In proposito, giova ricordare che La normativa Ue sull'IVA vieta, in via di principio, le aliquote inferiori al 5%.

Il provvedimento del Governo italiano, disponendo – come appena sopra detto – l’aliquota agevolata del 4%, si trova, quindi, al di sotto di tale soglia minima.

Prima ancora del suo varo, tale disposizione era stata subito stigmatizzata dalla Dottrina, essendo tutti gli autori concordi nel ritenere come, stante tale acclarata situazione normativa europea, non sarebbe stato possibile emanare detto provvedimento.

Ma, more solito, il nostro Presidente del Consiglio (in accordo con i suoi “valenti” consulenti tecnici) ha preteso di conoscere (anche) il diritto fiscale comunitario meglio di chiunque altro, e deciso di andare avanti per la sua strada, senza raccogliere i dotti consigli che gli arrivavano da più parti. D’altronde, come ha sempre ripetuto, lui non è uno scolaro che deve prendere lezioni dagli altri (se, quand’era a scuola, avesse perlomeno studiato Socrate, qualche scarna reminiscenza circa il noto detto “l’uomo che sa è colui che sa di non sapere”, gli avrebbe fatto accendere una, seppur flebile, lampadina). Fatto sta che ha deciso di seguire la Francia e il Lussemburgo in questa idiozia.

Forse, il prode cavaliere dall’armatura di cartapesta, contava su una bonaria soluzione politica, piuttosto che giuridica, secondo la moda di certa Cassazione nostrana. O forse, no. Ma qua, siamo in Europa, non nel paese dei balocchi o nella repubblica delle banane.

Ebbene, oggi, arriva la sentenza della Corte di Giustizia europea, la quale, com’era facilmente prevedibile, sancisce che Francia e Lussemburgo non possono applicare un'aliquota IVA ridotta alla fornitura di libri elettronici, contrariamente a quanto vale per quelli cartacei.

La Commissione europea aveva chiesto di dichiarare i due Paesi inadempienti, posto che, applicando un'aliquota IVA agevolata per gli e-book, erano venuti meno agli obblighi della direttiva – appunto – in materia d’IVA.

La Corte Ue ha accolto i ricorsi, constatando come la normativa europea al riguardo escluda categoricamente ogni possibilità di applicare tale aliquota ridotta ai servizi forniti per via elettronica. La fornitura di libri elettronici rappresenta, infatti, senza ombra di dubbio, un servizio di questo tipo.

I Giudici hanno respinto l'argomento secondo cui detta fornitura costituirebbe una cessione di beni, e non un servizio, atteso che solo il supporto fisico che consente la lettura dei libri elettronici può essere qualificato come bene materiale; ma detto supporto non è certo presente nella fornitura dei libri.

Ergo, nessun Paese comunitario può applicare agli e-book un’aliquota inferiore al 5%.

Verrebbe da pensare che l’Italia renziana avrebbe potuto fare la furba e attestarsi, quanto meno, a tale limite del 5%, anziché arrivare fino al 4%; magari giustificando in vari altri fantasiosi modi, il mancato allineamento all’aliquota minima del 4%, già prevista per i libri cartacei (tanto, una castroneria in più o in meno, ormai, sarebbe passata inosservata, o quasi). Ma, la furbizia presuppone, se non cultura, quanto meno un minimo di intelligenza.

Considerato con chi abbiamo a che fare, ci pare che stiamo presumendo troppo…

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