Paolo Soro

Renzi prende tempo sulla “Salva-Berlusconi” e l’abuso del diritto resta al palo

La delega fiscale, in previsione per la fine di marzo, verrà prorogata di sei mesi. Al di là delle scuse accampate ufficialmente, appare evidente che ragioni politiche rendono ora impossibile emanare la c.d. “Salva-Berlusconi”. Il risultato è che passerà ancora molto tempo prima di avere una normativa sull’abuso del diritto.

Il viceministro dell'Economia, Luigi Casero, nel corso dell'audizione che si è tenuta presso la Commissione finanze della camera lo scorso 11 febbraio, ha annunciato lo slittamento di sei mesi, rispetto alla prevista scadenza del 27 marzo, della delega fiscale al Governo: “I primi tre mesi occorreranno per licenziare tutti i testi dei decreti legislativi; i secondi tre, per dare modo a Camere e Governo di apportare le modifiche necessarie, senza che venga meno un adeguato dibattito parlamentare”.

Questo improvviso slancio di democrazia e di coinvolgimento del Parlamento nel legiferare, ha causato “viva e vibrante” preoccupazione presso l’entourage del Premier: proclamazione dello stato dall’erta, caos in tutti i reparti di Pronto-Soccorso degli ospedali capitolini e auto-blu pronte a partire a sirene spiegate. Fortunatamente, lo psichiatra di fiducia del Presidente del Consiglio ha subito scongiurato danni cerebrali e l’emergenza è immediatamente rientrata.

Invero, è bene ricordarlo, stiamo parlando di un Governo che è andato avanti a forza di decreti o, nella migliore delle ipotesi, mediante lo strumento della “fiducia” (vocabolo, per inciso, del tutto inadeguato a rappresentare la nomenclatura politica italiana). L’attuale Premier è lo stesso che, qualche mese fa, redarguiva i sindacati, tuonando, pregno dell’abituale ignoranza costituzionale che gli imbarazza l’intelletto: “Le leggi le fa il Governo!”.

Il portavoce governativo ha, altresì, precisato che la delega fiscale conterrà, tra le altre, misure per le imprese, per l'attrazione dei capitali, per il contenzioso tributario, l'accertamento e la parte sanzionatoria, comprensive dell’abuso del diritto e delle sanzioni per evasione fiscale (ossia, la doverosa soluzione di gran parte del contenzioso penale attualmente aperto). Insomma, tutte “quisquilie e pinzillacchere” – direbbe il compianto principe della risata – che possono tranquillamente aspettare, posto che attengono solo all’economia nazionale e, in generale, alla vita degli elettori. Alla peggio, qualche altro contribuente, nel frattempo, avrà fatto parlare di sé per aver commesso gesti inconsulti di fronte alla prospettiva penale o allo spauracchio di Equitalia.

Ciò che non può attendere, invece, dopo la recente elezione del Capo dello Stato, è la riforma elettorale e la Bicamerale (anzi, la chiamano: bicameralina, in senso vezzeggiativo, così sembra una cosetta miserrima e fa meno paura). Ossia, materie afferenti la vita e il benessere dei partiti e dei loro centri di potere. Non scherziamo davvero: qua, un punto percentuale in più di sbarramento alle elezioni, causerebbe la perdita di fringe benefit vitali (guepiere, tartufi bianchi, gioielleria di Tiffany, Apple-Watch et similia), per la sopravvivenza di tanti onorevoli galantuomini. Senza contare quelli che stanno ancora pagando le rate del mutuo per il pied-à-terre nel centro storico: avrebbero il rating bancario strozzato.

Ma, tornando alle questioni tecniche, ciò che parrebbe essere oramai diventata una sorta di cima invalicabile, è quest’impiccio della norma “Salva-Berlusconi”, la quale, si vocifera, sia stata incautamente partorita a conclusione di una goliardica serata toscana, a base di tarallucci e vin santo.

Le recenti dichiarazioni del reuccio Renzi riguardo all’ennesimo “Affair Berlusconi” sono, del resto, illuminanti:

“Se devo pagare 100 mln di euro di tasse e ne pago 99, ho evaso un milione di euro che, da un punto di vista economico è moltissimo, però, in realtà, è solo l'1%. La proposta che facciamo è che in quel caso ci sia la sanzione pecuniaria, ma senza l'aspetto penale”.

Scusa un attimo, facci capire bene: quindi, se uno evade 50 euro su 100 di reddito… orco-can, è il 50%! In galera direttamente e senza passare dal “Via!”

Viceversa, un “poveraccio” che ha evaso un “misero” milioncino di euro su 100, tutto sommato, si è tenuto in tasca solo l’1%; su, dai, non vorremo anche costringerlo ad andare in prigione?

Certo, Matteo, non fa una grinza. Solo una curiosità: ma come fai a dire certe castronerie? Fai dei corsi serali? Ah, quando si dice essere una “testa d’uovo”…

Fortitudo Est Vivere In Ratione! 

Allorché, giovinetto inebetito, guardavi con occhi stralunati il tuo insegnante di filosofia che, conscio dei tuoi obiettivi limiti logici, ti esortava a seguire la strada Peripatetica, guarda, ti diamo un suggerimento, non intendeva farti infrangere la legge, accompagnandoti a meretrici, donne di malaffare e via dicendo, voleva solo che ti ispirassi alla scuola aristotelica. Hai presente lo stagirita? Quel filosofo greco che aveva quest’assurda idea del ragionamento, in base alla quale, ciò si verifica solo quando operiamo una giusta connessione tra diverse proposizioni? E per dimostrarlo s’inventò i sillogismi di prima, seconda e terza figura. Che storiaccia: premessa maggiore, premessa minore, conclusione… Tranquillo, Mister 3%, non sono parolacce. La materia può risultare inizialmente ostica, ma se ti applichi un pochino, forse questa volta riesci a non farti bocciare.

Riportandoci alle cose concrete e mettendo da parte l’ironia (rilassati, non quella socratica; che se no poi dovremmo passare pure alla maieutica e non riusciresti più a seguire il discorso), preme rimarcare che: le multinazionali non investono più in Italia a causa dell’incertezza e complessità normativa, oltre che per lo spropositato costo globale della manodopera (ennesima riforma renziana maldestra); le belle realtà tricolori, invece, scappano all’estero, in attesa di una disposizione sull’abuso del diritto che dia loro un minimo di serenità operativa. E noi restiamo infognati in quest’idiozia del 3% “Salva-Berlusconi”.

Berlusconi? Ancora lui? Effige incartapecorita rifiutata pure dai suoi accoliti, che si sgretola nel pallido plenilunio, come la polvere del tappeto sotto i colpi del Folletto. Ormai, ha pure finito le scorte della vernice nera, usata come additivo tricologico, stile ispettore Ginko. Persino un giudice-donna (notoria kryptonite berlusconiana) si è impietosita e gli ha concesso 45 giorni di libertà anticipata (sembra strano anche per noi, ma pare stia scontando una pena).

Ebbene, questo “nulla” di residuo politico – non si comprende come – blocca i provvedimenti di colui che è diventato famoso col nomignolo di “bullo del Parlamento”. Quel neo parlante che urla alla Camera: “Se ci state, bene; se no ce ne freghiamo e facciamo da soli”.

Non se la beve nessuno!

Prima, però di concludere, è doveroso (proprio in materia di abuso del diritto), un brevissimo cenno a una recente sentenza (Cassaz. Sez. Tributaria 406/2015), la quale afferma: “L'avviso di accertamento emesso prima del termine di 60 giorni dalla data di consegna del verbale è nullo anche nel caso in cui l'ufficio contesta un abuso del diritto.”

Molti penseranno che trattasi di un pronunciamento ovvio. A questi ottimisti della ragione, vorremo ricordare che siamo in Italia. Il Paese dove i giornali titolano in prima pagina la fantasmagorica notizia relativa al Presidente della Repubblica che usa un volo di linea quando se ne va in giro per gli affari suoi, con “viva e vibrante” preoccupazione del suo predecessore (e parrebbe non abbia nemmeno chiesto il rimborso del biglietto: che orrore!). Quello stesso Paese in cui – per rientrare in tema – l’abuso del diritto è per così dire “legiferato” solo da una concatenata e contraddittoria pletora di pronunce giurisprudenziali.

Ci è sembrato, dunque, doveroso dar conto di uno di quei rari momenti logici cui assistiamo, pur domandandoci, basati, se sia davvero accaduto entro i confini dello “Stivale”.

La decisione in questione, in effetti, nella sua innegabile razionalità, preso atto dei bizzarri precedenti, pare voglia uscir fuori dal coro per urlare, sulla falsa riga del Re Francesco I di Francia, in quel buio XVI secolo europeo:

“Tout est perdu sauf l’honneur!”

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