Paolo Soro

Morale oggettiva o soggettiva?

La “Bussola Etica”, quest’oggi, fa rotta su una notizia che costituisce uno dei temi “caldi” del gossip politico: la liberazione, previo presunto pagamento del riscatto, delle due volontarie italiane Vanessa e Greta.

Tale questione ci consente di ritornare ad affrontare la base di qualsiasi insegnamento etico, esemplificando una dimostrazione pratica su: morale oggettiva (universale) o soggettiva (legata a una particolare collettività).

Come premessa di carattere generale, ci sentiamo innanzitutto di non condividere alcuna dichiarazione che miri solo a strumentalizzare dei fatti, per sfruttarli quale arma contra personam, sia essa in un senso o nell’altro. Ciò che deve costituire la nostra analisi è il sostanziale significato di determinate azioni in funzione all’osservanza dei principi etici.

Ebbene, per tentare di riuscire nel nostro intento, reputiamo corretto votarci al metodo socratico, limitandoci a porre domande, con l’intento di indagare la vicenda e comprenderne la reale portata, prima di poter eventualmente esprimere qualunque giudizio in merito.

Il ministro ha propagandato la liberazione di Vanessa e Greta quale ulteriore risultato positivo raggiunto dal governo. Per contro, l’opposizione politica ha obiettato che si tratta dell’ennesima dimostrazione di mala-amministrazione pubblica, atteso che la liberazione delle due giovani sarebbe avvenuta solo a seguito del pagamento di un’enorme somma di riscatto, in barba ai sacrifici finanziari chiesti al popolo.

Al riguardo, posto che la liberazione non è avvenuta a seguito di blitz delle Forze Speciali, francamente non comprendiamo quale abilità governativa possa essere stata mai sfoggiata nell’occasione. Inoltre, siccome non siamo per natura avvezzi a credere alla Befana che vien di notte con le scarpe tutte rotte, dobbiamo presumere che un riscatto sia stato di certo pagato: non è pensabile che i rapitori (i quali operano esclusivamente per ottenere un riscatto) siano stati improvvisamente folgorati sulla strada per Damasco e abbiano rilasciato gli ostaggi pro bono pacis, afflitti dal senso di colpa.

Ma il punto non è questo.

La critica si basa fondatamente sull’enormità del prezzo pagato.

Domande:

1)      Se in un’ottica moralmente oggettiva, il valore della vita umana è quello più alto che esiste, è lecito versare un riscatto per salvaguardarla?

2)      Se ci basiamo sulla citata morale soggettiva del “quantum” (ovverossia: azione criticata per la grande somma pagata; con il riscatto basso, non esiste un problema critico), quale è la somma che risulta moralmente accettabile pagare? In sostanza: quanto dovrebbe valere, in soldi, una vita umana?

Un’ulteriore osservazione, allora, afferisce alla circostanza che il riscatto sia stato corrisposto attingendo a fondi pubblici; dunque, di proprietà del popolo e non di chi li sta utilizzando. Se seguiamo una visione soggettiva di questo tipo, dovremmo anche ritenere che sia lecito pagare un riscatto solo quando lo facciamo coi nostri soldi.

Orbene, laddove dessimo per buono tale ragionamento, solo le persone ricche potrebbero salvaguardare la propria vita (o quella dei propri cari); i poveri, inevitabilmente, perirebbero. L’obiezione: infatti, sono solo i ricchi (o i loro parenti stretti) a essere rapiti, è immediatamente confutata dal caso di cui qui si discute.

È, allora, moralmente accettabile che la vita dei ricchi abbia un valore “X”, mentre quella dei poveri abbia valore “0” (soggettivismo morale)?

Un altro esempio di morale soggettiva (ossia, propria di una collettività), sempre applicabile al caso concreto è, poi, quello che deriva dalla legge.

In Italia, le norme vietano di pagare un riscatto. Seguendo questa regola, la morale del nostro Paese non consente di intervenire in tal guisa per salvare una vita umana. Viceversa, in altre nazioni, non esiste una legge che vieti il pagamento di un riscatto. Da qui discende che la vita umana di determinati cittadini ha un valore (ossia, è quantificabile) e potrebbe (avendone le possibilità finanziarie) essere salvata; mentre quella di altri (indipendentemente dal fatto che possa o non possa avere un valore) non potrebbe in ogni caso essere salvata.

La domanda, dunque, diventa: è moralmente accettabile una diversità di valori in funzione delle differenti vite umane? Ovviamente, per coloro che seguono una morale soggettiva, la risposta sarà: sì! Non così, viceversa, per chi ritiene che la morale sia oggettiva (universale).

In conclusione, torniamo solo un momento sul caso del riscatto pagato coi soldi altrui, per porre un piccolo dilemma.

Stamane, siete usciti per andare al lavoro (chi ce l’ha); avete trovato per terra una borsa con dentro 1.000.000 di euro, di provenienza assolutamente lecita; all’interno, c’è anche il documento d’identità del proprietario; mentre siete intenti a riflettere sul da farsi, davanti a voi si para un bandito che, tenendo in ostaggio una persona con una pistola, minaccia di ucciderla se voi non gli date la borsa piena di soldi che avete trovato; voi, peraltro, non temete per la vostra vita, stando tranquillamente posizionati a una distanza tale che il bandito non potrebbe mai ferirvi, né raggiungervi in qualche altro modo.

Cosa fate? Pagate il riscatto per salvare la vita a quella persona estranea, usando dei soldi che non sono vostri, o lasciate che la persona muoia e andate a riportare i soldi al legittimo proprietario?

Siccome siamo assolutamente certi del vostro grado di moralità, non prendiamo nemmeno in considerazione la terza opzione possibile: vi tenete i soldi e scappate…

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