Paolo Soro

Anno nuovo, tasse nuove

Mancano, ormai, poche ore alla fine del 2014 e, prima di dirgli addio, è d’uopo tirare le somme (anche) dell’andamento tributario, senza, per contro, dimenticare di verificare i “buoni” propositi che ha in serbo il 2015.

Dopo l’ennesimo anno devastato dall’ira funesta del pelide Erario che infiniti addusse lutti ai contribuenti, ci sarebbe piaciuto poter rassicurare tutti, augurando una serena imposizione fiscale per l’anno a venire. Ma, ahinoi, Babbo Governo è passato la vigilia di Natale, portando, come noto, pacchi-tasse e non pacchi-dono.

Il ministro Padoan ha detto in TV che la nuova legge di stabilità (a giudicare dalla situazione, mai nome fu meno azzeccato) diminuirà le tasse. Ebbene, atteso che, come abbiamo già avuto modo di scrivere [ http://www.paolosoro.it/news/377/Personale-dipendente-con-la-Stabilita-gli-sgravi-diminuiscono.html ], semmai, è vero il contrario, rimaniamo stupefatti nel sentire una tale sciocchezza, pronunciata proprio da quello che dovrebbe essere il maggior tecnico della materia.

Possiamo comprendere che le regole della propaganda governativa impongano di mantenere un profilo basso e accattivante, ma: che fa? Ci prende tutti per ignoranti (ossia, mente sapendo di mentire), o è lui che ignora (cosa, forse, ancor più grave)?

In questo Belpaese che naviga nel tempestoso mare economico, come vascello condotto da inesperto nocchiero in balia dei marosi, ci sono, invero, troppe contraddittorietà, evidentemente partorite da grossolani errori amministrativi.

Solo pochissimi anni orsono, le banche chiedevano aiuto e serravano la cinghia finanziaria; ora, hanno liquidità in eccesso di cui non sanno che farsene, essendo prigioniere di quella stessa policy prima invocata. Per contro, solo grazie ai risparmi delle famiglie italiane, lo Stato è riuscito a restare in Europa e sostenere l’intero sistema creditizio nostrano; per poi ripagare il popolo con manovre economiche che hanno colpito (e continuano a colpire) tutti i contribuenti, indistintamente, in barba al principio costituzionale (ma, vieppiù, etico) che impone una doverosa progressività impositiva.

E a proposito di questioni etiche, gli onorevoli signorotti, seduti a scranna con la veduta corta d’una spanna (direbbe il Sommo Poeta), fanno a turno capolino, blaterando insulse amenità su quale sia il dovere morale dei contribuenti.

Siamo d’accordo tutti su quale sia questo dovere e, sia ben chiaro, continueremo a compierlo sempre, perché è insito in ogni persona che percorra il viale dell’etica, indipendentemente da cosa facciano gli altri. Ciò che, peraltro, sfugge all’umana comprensione è quale sia il loro dovere morale, posto che danno quotidiana dimostrazione di non conoscere nemmeno il mero significato letterale del termine (beta ignoranza!). D’altronde, è ormai acclarato che, in Italia, chi sa, studia e lavora; chi non sa, governa.

Nell’ordinario svolgimento della nostra professione, dobbiamo confessarlo, spesso ci troviamo di fronte all’identico dilemma che ha attanagliato la mente di pensatori e filosofi, fin dai tempi di Platone, i quali si interrogavano in merito alla moralità delle leggi e al conseguente dovere morale di osservarle, ovvero osteggiarle, proprio in quanto persone assolutamente morali.

E parlando di filosofi e di Repubblica, il pensiero non può che correre immediatamente a Platone.

Nello Stato ideale di Platone, le leggi non dovrebbero esistere perché non sono in grado di soddisfare in egual misura i bisogni di tutti gli individui; ma sono necessarie, perché hanno un’indispensabile funzione educativa e, comunque, rappresentano ciò che è bene per la maggior parte di individui.

Qui, allora, si pone un problema etico: se le leggi sono morali e, però, costituiscono il bene solo di una parte (seppure maggioritaria) di individui e non di tutti, dovremmo ammettere che anche la morale è solo relativa. E questo non ci pare accettabile. La morale è legata a ciò che è bene, buono, onesto e retto. Come potrebbe mai essere relativa?

D’altronde, il controverso filosofo delle “idee”, statalista per antonomasia, ipotizzava una falsa visione comunista in cui la comunione dei beni esisteva solo per gli appartenenti alla classe/stirpe aurea; argenti e bronzi erano fuori gioco. E sì, non vi erano privilegi di nascita, ma solo di attitudine propria; fermo restando però che, essendo i figli identici ai padri (in quanto le unioni dovevano essere combinate dallo Stato in base a una sorta di purezza della razza – stile hitleriano, non per nulla i nazisti giravano coi suoi libri sottobraccio), era quanto mai improbabile che un nato “bronzo”, passasse per meriti attitudinali in una classe “aurea”.

Insomma, di certo Platone fu un grande moralista, ma non concorderei sulla sua pseudo-morale relativa, osteggiata, primus inter pares, dal grande Kant, il quale, difatti, ha sempre esposto una teoria oggettiva e universale della morale.

Trasponendo, ora, detti insegnamenti etico-filosofici nel thema decidendum, la sostanza del problema è: chi (ovvio, a parte il citato Platone) potrebbe mai considerate morali quelle leggi che colpiscano in maniera diseguale i contribuenti?

Saranno, forse, relativamente morali; ma è davvero morale ciò che è solo relativamente morale?

Da cui, poi, il passo è breve e, in base ad automatico ragionamento logico-deduttivo, ci riporta alla questione di fondo: potremmo reputare morale una legge che impone una tassazione oggettivamente immorale (ovverossia: non è giustamente progressiva e tartassa in misura abnorme e sempre più elevata i contribuenti)?

Personalmente, non siamo in grado di fornire delle risposte, possiamo solo seguire il metodo socratico e porci delle domande, nella speranza di ingenerare perlomeno il dubbio pure nella mente di chi, custode dello Stato (tanto per usare un altro termine platonico), dovrebbe dare determinate risposte.

Quello che, viceversa, per il momento è certo (leibniziana appercezione corrente dell’entrante 2015), i nostri custodi stanno solo progressivamente accumulando ulteriori domande (rectius, tributi) e, con esse, proprio quei loro millantati problemi etici, piuttosto che incominciare a regalarci qualche risposta coerente e, soprattutto, morale.

Pertanto, non siamo attualmente in condizione di augurare una serena imposizione fiscale a tutti; ci possiamo soltanto limitare a osservare: anno nuovo, tasse nuove… buon anno!

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