Paolo Soro

Al via la voluntary disclosure

Con un’improvvisa accelerata, il Parlamento, previo ritiro di alcuni emendamenti, approva definitivamente la legge per il rientro dei capitali dall’estero; restano, peraltro, ancora forti dubbi su alcune questioni irrisolte.

La legge per il rientro dei capitali dall'estero, per l'emersione del nero “domestico” e per il potenziamento della lotta all'evasione fiscale è stata, dunque, definitivamente approvata. Ora, dopo un rapido passaggio al legislativo dei ministeri per la stesura definitiva del testo e la conseguente pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, il provvedimento entrerà definitivamente in vigore.

Il ministro Padoan si è affrettato a ricordare che non si tratta di un condono: i capitali ancora accertabili saranno assoggettati a tassazione integrale (presumibilmente, quindi, il 43%), con il riconoscimento di forti sconti solo sulle sanzioni (di regola al 3%) per la mancata presentazione della dichiarazione fiscale. Si dovrebbero, poi, pagare comunque le imposte pure sui rendimenti annuali del capitale depositato all'estero.

Si potrà aderire entro il 30 settembre 2015, per tutte le violazioni commesse entro il 31 dicembre 2013, svelando il proprio nome ed esibendo tutti i documenti bancari e degli intermediari utili a ricostruire la storia e i rendimenti dell'investimento. E qui incontriamo il primo problema, posto che in svariati casi occorrerà ricuperare documentazione bancaria che va indietro anche di 10 anni, e la cosa si presenta tutt’altro che semplice, specie con riferimento ai capitali detenuti presso istituti di credito localizzati nei c. d. “paradisi fiscali”. Occorre fare parecchia attenzione, posto che, nel caso in cui la voluntary disclosure fosse incompleta (ossia, non venissero dichiarati tutti i capitali posseduti), si incorrerebbe in un nuovo specifico reato che prevede una condanna fino a sei anni di carcere. Si ricorda che, nell’ultima versione del testo approvato, sono stati inclusi anche i capitali detenuti presso i Paesi che non consentono uno scambio di informazioni.

Ovviamente, prima di presentarsi all’Agenzia delle Entrate per la voluntary disclosure, bisognerà valutare bene i costi con il proprio professionista, posto che si tratta di un calcolo per nulla semplice.

Il governo non ha fatto alcuna previsione riguardo al gettito che spera di incamerare (e, aggiungeremo noi, ha fatto molto bene, considerate le buffale raccolte al riguardo in precedenza). Si percepisce, peraltro, un certo ottimismo, posto che oramai i tempi stringono e, assai difficilmente si potrà riuscire a mantenere ancora per molto l’anonimato su fondi esteri, attese le varie adesioni agli accordi concernenti lo scambio di informazioni finanziarie, pure nei Paesi fino a oggi inclusi nella “Black List”.

In pratica, la voluntary disclosure rappresenterebbe una sorta di ultima possibilità per poter affrancare il “nero” prodotto in passato e fino a oggi mantenuto nascosto, senza rischiare di incorrere in alcuno di quei reati particolarmente “pesanti”, come quello relativo al nuovo illecito di auto-riciclaggio, che può comportare un aumento di pena fino a 8 anni (4 se il reato all'origine non è particolarmente grave).

Presentando la dichiarazione completa di tutta la necessaria documentazione di riferimento, viceversa, il contribuente non risponderà nemmeno dei reati fiscali, a parte ipotesi di gravi condotte fraudolente, per le quali comunque la pena è diminuita. In sostanza, si dovrebbe pagare qualcosa per evitare la prigione.

Con riferimento, però, proprio alla materia penale, permangono forti perplessità fondate sul fatto che la legge non abbia, effettivamente e accuratamente, considerato tutte le varie fattispecie di reato collegate (attualmente previste dalle vigenti normative), che potrebbero derivare dalla voluntary disclosure; non ultimo, con riferimento all’operato del professionista che assisterà il contribuente, avuto riguardo pure alle illecite condotte tenute negli anni pregressi.

Posto, infatti, che il contribuente avrà l’obbligo di rilasciare al professionista che lo assiste una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, mediante la quale attesta che gli atti e i documento forniti per l’espletamento dell’incarico non sono falsi, continuiamo a essere perplessi sugli effetti cui potrebbe portare una dichiarazione incompleta, o meramente errata.

Riassumendo, dunque, permangono non pochi dubbi sulla reale portata della legge, sia in merito all’ampio ventaglio di ipotesi insite nel nuovo reato di auto-riciclaggio, sia a proposito della possibile mancata integrale copertura da tutti i rischi di incriminazione eventualmente conseguenti alla voluntary disclosure.

Altra questione ancora che meriterebbe l’ufficialità concerne l’eventuale raddoppio dei termini dell’accertamento, seppure, avendo la norma in questione natura sostanziale e non procedimentale, personalmente riteniamo che la stessa non dovrebbe trovare applicazione. In ogni caso, il ministro ha assolutamente escluso che i dichiaranti saranno oggetto di futuri accertamenti per il solo fatto di avere aderito alla voluntary disclosure.

Infine, dal punto di vista essenzialmente pratico, il testo della disposizione prevede che le modalità della presentazione dell’istanza e dell’esecuzione dei pagamenti saranno disciplinate da un apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, da emanarsi entro trenta giorni.

Staremo a vedere…

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