Paolo Soro

Esportatore abituale, dichiarazione d’intento per gli acquisti senza IVA

L’art. 8, co. 1, lett. c), del D.P.R. n. 633/1972 stabilisce che sono qualificate come cessioni all’esportazione le vendite di beni – diversi dai fabbricati e dalle aree fabbricabili – e le prestazioni di servizi rese a soggetti che, avendo effettuato cessioni all’esportazione od operazioni intracomunitarie (c.d. esportatori abituali), si avvalgono della facoltà di acquistare o importare beni e servizi senza pagamento dell’IVA.

L’art. 8, co. 1, lett. c), del D.P.R. n. 633/1972 stabilisce che sono qualificate come cessioni all’esportazione le vendite di beni – diversi dai fabbricati e dalle aree fabbricabili – e le prestazioni di servizi rese a soggetti che, avendo effettuato cessioni all’esportazione od operazioni intracomunitarie (c.d. esportatori abituali), si avvalgono della facoltà di acquistare o importare beni e servizi senza pagamento dell’IVA. Il successivo co. 2 precisa, tuttavia, che le cessioni e prestazioni di cui alla suddetta lett. c) sono effettuate, senza pagamento dell’imposta, ai soggetti di cui alla lett. a), se residenti, e a quelli che effettuano le vendite indicate dalla seguente lett. b), su loro dichiarazione scritta e sotto la propria responsabilità, nei limiti dell’ammontare complessivo dei corrispettivi delle cessioni di cui alle medesime lettere, dagli stessi effettuate nel corso dell’anno solare precedente (c.d. plafond fisso su base annuale). In alternativa, è possibile assumere, come limite di riferimento per gli acquisti senza addebito di IVA, l’ammontare dei corrispettivi delle citate operazioni con l’estero poste in essere nei dodici mesi precedenti (c.d. plafond mobile su base mensile).
Le predette disposizioni devono essere applicate tenendo, inoltre, conto di quanto previsto dall’art. 1, co. 1, del D.L. n. 746/1983, che pone due condizioni di operatività: in primo luogo, è necessario che l’ammontare dei corrispettivi delle cessioni all’esportazione di cui all’art. 8, co. 1, lett. a) e b), del D.P.R. n. 633/1972, di quelle assimilate e delle cessioni intracomunitarie effettuate, registrate nell’anno precedente, sia superiore al 10% del volume d’affari determinato ai sensi dell’art. 20 del Decreto IVA, senza tenere conto, a esempio, delle cessioni di beni in transito o depositati nei luoghi soggetti a vigilanza doganale, nonché delle operazioni di cui all’art. 21, co. 6-bis, del D.P.R. n. 633/1972. Una seconda condizione di applicabilità è rappresentata dall’obbligo, posto in capo all’esportatore abituale, di manifestare, prima dell’effettuazione dell’operazione, al cedente/prestatore – oppure in dogana, nel caso d’importazione – il proprio intento di acquistare senza applicazione dell’imposta: il documento, conforme al modello di cui al D.M. 6 dicembre 1986, deve essere numerato progressivamente dal dichiarante e dal cedente/prestatore e annotato, entro i 15 giorni successivi a quello di emissione o ricezione, in un apposito registro, tenuto a norma dell’art. 39 del D.P.R. n. 633/1972. È, tuttavia, riconosciuta la facoltà di utilizzare un’autonoma sezione del registro delle fatture o dei corrispettivi (art. 2, co. 3, della Legge n. 28/1997).
Il soggetto che riceve tale dichiarazione è tenuto a comunicare i dati in essa ricevuti all’Amministrazione Finanziaria, entro il termine di effettuazione della liquidazione IVA del periodo di riferimento della prima operazione fatturata senza addebito di IVA: in virtù della novità normativa introdotta dal D.L. n. 16/2012 non rileva, infatti, più la data di ricezione, che faceva sorgere l’obbligo di adempimento anche in mancanza di successiva effettuazione di operazioni prive di addebito dell’imposta.
Occorre, sul punto, però ricordare che l’Agenzia delle Entrate riconosce la possibilità di continuare a comunicare le dichiarazioni d’intento entro il giorno 16 del mese successivo a quello di ricevimento, anche se la relativa operazione non imponibile non è stata ancora effettuata (R.M. n. 82/E/2012).

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