Paolo Soro

EXIT TAX

E’ stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il decreto MEF del 2 luglio che adegua la normativa in materia di EXIT TAX alle indicazioni fornite dalla Corte di Giustizia europea, sulla base delle richieste della Commissione UE.

E’ stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il decreto MEF del 2 luglio che adegua la normativa in materia di EXIT TAX alle indicazioni fornite dalla Corte di Giustizia europea, sulla base delle richieste della Commissione UE. In proposito, l’Agenzia delle Entrate (Provvedimento del 10/07/2014) precisa che le disposizioni si applicano ai trasferimenti all’estero della residenza fiscale effettuati dopo l’entrata in vigore del decreto, nonché a quelli avvenuti prima, laddove compatibili.
L’art. 166, comma 1, del TUIR dispone che l’impresa che sposta la residenza fiscale all’estero è soggetta al pagamento di un’imposta di uscita (EXIT TAX), posto che il trasferimento costituisce ipotesi di realizzo, al valore normale, dei componenti dell’azienda o del complesso aziendale, salvo che essi confluiscano in una stabile organizzazione italiana. Al successivo comma 2 quater, dello stesso art. 166, del TUIR, viene, poi, precisato che chi trasferisce la residenza in un altro Stato membro dell’UE (o comunque aderente all’accordo sullo Spazio Economico Europeo, che garantisce lo scambio di informazioni con il nostro Paese e ha stipulato un accordo per la riscossione dei crediti tributari), può richiedere la sospensione degli effetti del realizzo, ovvero la rateizzazione delle imposte dovute sulle plusvalenze latenti. Si ricorda, infatti, che tale tassazione costituirebbe un oggettivo ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’UE, e, come tale, sarebbe contraria ai principi del diritto comunitario.
L’opzione per l’una o l’altra scelta va esercitata inviando all’ufficio delle Entrate competente per territorio, entro il termine per il saldo delle imposte sui redditi relative all’ultimo periodo fiscale di residenza italiana, un’apposita comunicazione corredata da documentazione (che va conservata su supporto informatico) contenente le seguenti informazioni:
inventario analitico dei componenti dell’azienda o del complesso aziendale, non confluiti in una stabile organizzazione in Italia;
ammontare della plusvalenza complessiva, unitariamente determinata, in base al valore normale dei componenti dell’azienda o del complesso aziendale;
indicazione, per ciascun bene, diritto e passività, del costo fiscale, del valore normale, della relativa plusvalenza (o minusvalenza), che ha concorso alla determinazione della plusvalenza complessiva, e della parte della plusvalenza complessiva sospesa o rateizzata allocata sugli stessi;
illustrazione delle concrete modalità di determinazione del valore normale.
In caso di opzione per la sospensione:
il piano di ammortamento, o la durata residua di beni e diritti;
lo Stato di destinazione, l’indirizzo della sede legale estera e, se diverso, l’indirizzo valido al fine della notifica degli atti (eventuali modifiche vanno comunicate mediante gli ordinari modelli anagrafici entro trenta giorni dalla variazione);
le informazioni utili per la valutazione della solvibilità attuale e prospettica del contribuente, compresa, se disponibile, la categoria di rating allo stesso assegnata dalle apposite agenzie.
Se il termine di presentazione della comunicazione e relativa documentazione è già scaduto o scade nei sei mesi successivi alla data di entrata in vigore del provvedimento, l’adempimento andrà effettuato entro i sei mesi successivi alla data di entrata in vigore del DM 2 luglio 2014.
Per i periodi d’imposta successivi a quello di esercizio dell’opzione per la sospensione, il contribuente dovrà, poi, presentare annualmente la dichiarazione dei redditi limitatamente ai quadri inerenti all’indicazione della plusvalenza complessiva, con indicazione dell’importo del valore ancora sospeso, dell’ammontare dell’imposta ancora dovuta, nonché del patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio. La dichiarazione deve essere presentata anche qualora non sia dovuta alcuna imposta, indicando l’ammontare dell’EXIT TAX sospesa.
Nel caso di fusione, scissione o conferimento d’azienda, effettuati successivamente al trasferimento di residenza, gli oneri suddetti ricadranno rispettivamente: sull’incorporante, sulla società risultante dalla fusione, sulla beneficiaria o sulla conferitaria.
In caso di pagamento frazionato dell’EXIT TAX, la prima rata deve essere versata entro la scadenza del saldo delle imposte sui redditi relative all’ultimo periodo di residenza in Italia. I pagamenti delle imposte sospese andranno effettuati negli anni successivi, entro lo stesso termine, maggiorati dei relativi interessi. Così come le rate restanti dovranno essere pagate – pure con gli interessi – entro lo stesso giorno degli anni successivi.
In caso di fusione e scissione con trasferimento dei cespiti (o dell’intero complesso aziendale), o di conferimento dell’azienda, i versamenti residui dovranno essere effettuati dalla società risultante dalla fusione, incorporante o beneficiaria, con riferimento all’imposta relativa ai cespiti acquisiti per effetto dell’operazione.
L’Agenzia delle Entrate, nel caso in cui vi sia un grave e concreto pericolo per la riscossione, può peraltro subordinare l’efficacia delle opzioni alla presentazione di idonea garanzia, tale che la stessa, sommata al patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio, sia pari all’imposta dovuta.
La garanzia può essere prestata mediante:
concessione in favore dell’Agenzia delle Entrate, da parte del contribuente o di un terzo datore, di ipoteca di primo grado su immobili presenti nel territorio italiano, di esclusiva proprietà del concedente;
concessione in favore dell’Agenzia delle Entrate, da parte del contribuente o di un terzo datore, di ipoteca di primo grado o di altro diritto di prelazione su beni o diritti di esclusiva proprietà del concedente, in genere;
rilascio a favore dell’Agenzia delle Entrate di idonea fidejussione bancaria o di una polizza assicurativa.
Se si opta, invece, per la sospensione, la garanzia, quando richiesta, va prestata per un periodo di almeno tre anni e, se necessario, va rinnovata per ulteriori tre.
Nessuna garanzia è dovuta quando, nei tre esercizi antecedenti al trasferimento della residenza, dai bilanci non risultino perdite e l’impresa abbia un patrimonio netto pari almeno al 120% dell’importo dell’imposta sospesa e/o rateizzata.
Il beneficio della sospensione o della rateazione si perde nelle seguenti ipotesi:
mancata presentazione della garanzia (o mancato rinnovo);
garanzia non autorizzata dall’ufficio;
mancata presentazione della dichiarazione in caso di opzione per la sospensione;
mancato assolvimento dell’obbligo di tenuta e conservazione della documentazione;
mancata risposta al questionario inviato dall’Ufficio;
mancata comunicazione della variazione del nuovo indirizzo;
mancato pagamento di una rata o di una quota degli importi dovuti, salve le ipotesi di ravvedimento previste dall’ordinamento.
In caso di decadenza, l’importo sospeso o rateizzato ancora dovuto, maggiorato degli eventuali interessi, sarà iscritto a ruolo.

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