Paolo Soro

Artbonus, lo Stato sventola la bandiera del mecenatismo

L'Artbonus è , in sostanza, uno sconto fiscale, sotto forma di credito d’imposta, previsto per le erogazioni liberali a favore di interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici, per il sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura pubblici e per la realizzazione di nuove strutture o il restauro e il potenziamento delle fondazioni lirico-sinfoniche e dei teatri pubblici che operano, senza scopo di lucro, nello spettacolo.

Seppure appaia arduo, in Italia, di questi tempi, immaginare schiere di mecenati pronti a elargire donazioni e sovvenzioni, lo Stato ha varato una nuova iniziativa con l'intento di aiutare il moribondo settore della cultura: l'Artbonus.
Si tratta, in sostanza, di uno sconto fiscale, sotto forma di credito d’imposta, previsto per le erogazioni liberali a favore di interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici, per il sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura pubblici e per la realizzazione di nuove strutture o il restauro e il potenziamento delle fondazioni lirico-sinfoniche e dei teatri pubblici che operano, senza scopo di lucro, nello spettacolo.
L’agevolazione, operativa dal 1° giugno, è triennale, ed è pari al 65% per il 2014 e 2015, mentre scende al 50% per le somme corrisposte nel 2016.
Le persone fisiche e gli enti senza scopo di lucro possono usufruire del credito fino al 15% del reddito imponibile, invece, per i titolari di reddito d’impresa, il tetto massimo di sconto è pari al 5‰ dei ricavi annui.
L’importo va ripartito in tre quote annuali di pari importo.
La norma stabilisce, inoltre, che i mecenati titolari di reddito d’impresa, possono utilizzare il bonus anche in compensazione e che la somma non rileva ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP.
All’Artbonus non sono applicate le limitazioni di importo previste dall’articolo 1, comma 53, della legge 244/2007 (utilizzo crediti d'imposta entro il limite annuale dei 250.000 euro), e dall’'articolo 34 della legge 388/2000 (compensazioni fino a 516.456,90 euro).
I destinatari delle erogazioni liberali, mensilmente, devono fare il punto al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (MIBAC), sulle somme ricevute e sul loro utilizzo e destinazione nel periodo di riferimento, dandone anche comunicazione pubblica attraverso un’apposita sezione del loro sito web.
L'iniziativa ci sembra senza dubbio lodevole nel suo complesso, ma, francamente, siamo assai dubbiosi sulle effettive utilità pratiche che potrebbe realmente avere.
In primo luogo, gli Italiani non hanno mai brillato (perlomeno, dal dopo Risorgimento in poi) quanto a iniziative di mecenatismo, e di certo, il periodo attuale non aiuta.
Secondariamente, se l'intento fosse davvero quello di fornire ausilio concreto alla cultura, il credito d'imposta dovrebbe essere totale, non parziale: non si capisce in base a quale assurdo e iniquo principio, lo Stato italiano (a differenza di quasi tutti gli altri Paesi c. d. industrializzati) autorizzi a sostenere dei costi, ma non a dedurli integralmente dai ricavi incassati.
A volte pare proprio di vivere su un altro pianeta: è universalmente etico pagare le imposte (nelle percentuali prescritte dalle leggi) sul margine che residua tra gli incassi e le spese; ed è parimenti etico non consentire deduzioni fiscali a fronte di esborsi per beni futili, superflui, di lusso etc.. Ma perché non consentire la deduzione totale delle benemerite elargizioni in questione?
Sinceramente, non ci pare corretto; ma quel che più conta, ci sembra un provvedimento di natura meramente propagandistica e di pressoché nessuna sostanziale utilità pratica.

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