Paolo Soro

#coronavirus le parole che non ti ho detto

Oggi “sappiamo” (il virgolettato è d’obbligo) che il virus si è inizialmente manifestato in Cina in pratica fin dall’ottobre scorso, col primo paziente ufficialmente accertato a metà novembre. Ai più parrebbe che di un evento simile dovesse essere data immediata e sufficiente informazione all’intera popolazione del pianeta, proprio in ossequio a quel senso di responsabilità civile che viene chiesto ai cittadini dai governi di tutto il mondo. Ma, così non è stato, ahinoi!

Personalmente, non posso sapere come e in che tempi si sia diffusa la notizia negli altri Stati. Quel che so è che, qui in Italia, un po’ tutti hanno (spesso e volentieri) quel che si dice la memoria corta, e sproloquiano a destra e a manca sui vari mezzi di (dis)informazione, inneggiando a questi e denigrando quelli. Ciò, non tanto per valide motivazioni, quanto piuttosto per direttive auto-imposte dalle proprie personali simpatie politiche, che inopinatamente albergano in loro e non accennano a dipanarsi, offuscando la ragione e obnubilando tutti e 5 i sensi che madre natura ha gentilmente concesso.

Ebbene, sarà che io non sono mai stato contagiato dal political-virus, ma, questa mattina, nel mezzo del cammin del mio auto-isolamento fiduciario (dovuto solo a buon senso, non certo a problemi fisici), mi sono preso la briga di ricercare nell’archivio del principale quotidiano nazionale – il Corriere della sera – la cronologia delle news che ci sono state confezionate fin dal principio.

Facendo una ricerca con la parola-chiave “Wuhan”, la notizia inizialmente degna di nota risulta pubblicata solo il 21 gennaio 2020: “Virus in Cina, la prima ammissione: si trasmette da uomo a uomo”. Ora, vi assicuro (e chi mi conosce lo sa bene) che io non ho nulla contro i Cinesi. Però, aspettare 3 mesi per diramare notizie, comunque frammentarie e incomplete, su una potenziale pandemia (ossia, qualcosa che riguarda di diritto tutti: dal greco: pan = tutti; demos = popolazione), non mi pare particolarmente commendevole.

Dopo di che, la situazione improvvisamente precipita:

22/01/2020 – Allerta Coronavirus in Cina

24/01/2020 – Venti milioni in quarantena, chiusa la città proibita, Pechino annulla il Capodanno cinese

31/01/2020 – Il virus arriva in Italia: due coniugi turisti cinesi giunti da Wuhan sono positivi

E, “di spalla”: OMS, l’emergenza è globale

Qualche considerazione spicciola?

1. Siccome siamo buonisti, possiamo ipotizzare che la Cina forse abbia inizialmente sottovalutato il problema (un po’ come tutti, d’altronde), e abbia pensato bene di tenere la notizia il più possibile nascosta. Sarà… comunque, alquanto ingenui…

2. La misura adottata il 24 gennaio (chiusa la città proibita), o era una bufala, o è stata applicata in maniera quanto mai pressapochista, visto che, una settimana dopo – 31 gennaio – due turisti cinesi positivi prendevano un aereo e atterravano in Italia. Considerato che è sempre stato abbastanza complicato, persino in tempi “non sospetti”, entrare e uscire dalla Cina per qualunque turista, il governo locale in tali circostanze ha dimostrato un improvviso e inaspettato spirito liberista.

Alla luce di tali dati di fatto, probabilmente, ci andrei un pochino cauto prima di scrivere frasi del tipo:

A) “Cina, ospedale costruito in 10 giorni; Italia, non ci sono abbastanza posti letto”; peccato che, però, erano già trascorsi quasi 4 mesi dall’avvento del virus; in Italia, poco più di un mese. Senza contare che PIL e ricchezze cinesi sono “leggermente” superiori a quelle nostrane. Peraltro, a esser sincero, devo ammettere che pure io fatico a credere che la locale burocrazia e il gioco degli appalti italiani consentirebbero comunque di costruire un ospedale nel giro di pochi mesi, al di là delle patrie riserve auree.

B) “La Cina ha sconfitto il virus”; ora, a parte il fatto che non ha sconfitto nulla (di vaccino, nemmeno l’ombra), hanno solo dichiarato che ultimamente stanno riducendo quasi a zero i malati (che, per carità, è già tantissimo), e fermo restando che non prenderei per oro colato certi proclami (fidarsi è bene, non fidarsi è meglio), ci stanno combattendo da quasi 5 mesi. Speriamo di riuscire a metterci meno (anche se ne dubito); perché, a differenza di quella cinese, la nostra, come praticamente tutte le restanti economie mondiali (USA a parte), non può di sicuro permettersi 5 mesi di Coronavirus.

Ma la mia non vuole essere un’invettiva contro la Cina; come si dice in gergo, ne ho un po’ per tutti, state tranquilli.

Parliamo un attimo del Belpaese.

Il 24 gennaio i governi sono informati della drastica misura intrapresa in Cina (chiusura totale di una città da oltre 12 milioni di abitanti). Sarebbe stato lecito aspettarsi l’adozione immediata di disposizioni tali da impedire (non solo in teoria, ma anche in pratica) che proprio 2 turisti originari di Wuhan giungessero belli e paciosi in Italia. Personalmente, sono convinto che il mondo attuale è un sistema talmente aperto e globale che risulta comunque impossibile (oltre che profondamente sbagliato) “chiuderlo” davvero. Se, però, i controlli fossero stati solo un decimo di quelli che anch’io ho subito costantemente nei miei abituali spostamenti lavorativi tra Milano, Roma e Cagliari, durante la seconda metà di febbraio, vi assicuro che quegli untori orientali, avrebbero necessariamente dovuto cambiare meta. Direte, poco male, la questione sarebbe stata solo rimandata. Non direi: innanzitutto, in tutte le cose, è sempre meglio che siano gli altri a fare da “cavie”; secondariamente, visto come siamo stati – e siamo tuttora – ghettizzati dall'Europa e dal resto del mondo, l’impatto più devastante, non solo economico ma vieppiù sociale, ce lo siamo beccati noi. Avete presente? Il novello Titanic tricolore che sbatte contro l’iceberg Coronavirus. Speriamo che, questa volta, le navi di passaggio non se ne freghino e adempiano correttamente al loro dovere.

Osservazioni a parte meritano, poi, gli interventi normativi adottati dal nostro governo. Giusti? Sbagliati? Troppo stringenti? Troppo blandi? Tardivi? A parziale scusante, va sicuramente riconosciuto che il clima di continuata e indefessa contesa politica interna, pure in occasioni nelle quali occorrerebbe – come canta il patriota risorgimentale Goffredo Mameli – stringersi a coorte, non aiuta (per usare un eufemismo).

Cionondimeno, non vi è chi non veda in determinati improvvidi comportamenti, occasioni sfruttate per fini propagandistici, incapacità di chiarezza che destabilizza i cittadini ed evidente cecità o quanto meno grave ipoacusia nel vedere, ascoltare e comprendere i bisogni di imprese e famiglie che anelano aiuti concreti e tempestivi, piuttosto che scuse burocratiche ed ennesime promesse mancate.

Per carità, diamo tempo al tempo. La situazione non è facile e, per dirla tutta chiara, pure loro, ancora oggi, evidentemente del problema non ci hanno capito un granché; talché è vano sperare che possano poi pure spiegarlo al popolo.

Resta il fatto che – per esempio – scrivere in un provvedimento di legge “occorre evitare”, da un punto di vista giuridico non ha alcun senso. Sembra quasi che, per paura di perdere consensi, non si abbia il coraggio di stabilire chiaro e tondo: “è vietato!” Cosa vuol dire in diritto “occorre evitare”? O è vietato o non lo è. Non è che certi comportamenti sono vietati e altri bisognerebbe evitarli. Che differenza mai c’è tra le due affermazioni? E se entrambe consistono in divieti, per quale motivo non essere trasparenti e scriverlo chiaramente per tutte e due le tipologie di comportamenti? Ma, no; “loro” si limitano a fare appello al senso di responsabilità di tutti i cittadini: eh, campa cavallo…

Non solo: è vero che la situazione è in continuo divenire, ma, così tanti DPCM (oltre ai restanti provvedimenti di “contorno”) che, a distanza di pochissimi giorni, si modificano l’un l’altro ripetutamente, dimostrano solo dubbi e incapacità in capo a chi dovrebbe viceversa essere il faro delle navi cariche di residenti che solcano lo stivale, isole comprese.

Dopo il primo decreto datato 23 febbraio, ne abbiamo avuto uno il 1° marzo, uno il 4, uno l’8 e uno il 9. Siamo stati tutti presi dal GiuseppeConte-virus. Oramai, ogni sera, rientrati a casa, anziché dare uno sguardo ai programmi televisivi previsti, tra l’attonito e – lo confesso – l’inebetito, controllavamo quale “DPCM” davano quella sera in TV.

E, in tutto questo, rimaniamo ancora orfani del provvedimento indispensabile; quello che imprese e famiglie aspettano con così tanta ansia, che, al confronto, quella che opprimeva gli Israeliti in attesa che quel tal Mosè aprisse le acque per salvar loro la vita, potrebbe essere considerata giusto una fila al supermercato (per quanto, di questi tempi…). Unica differenza: le Zone Rosse anziché il Mar Rosso.

D’altronde, a parziale discolpa, dobbiamo ricordare che siamo parte di un macro-sistema finanziario al cui vertice detta legge la cara (anzi, direi carissima, visto quel che ci costa) BCE. Ora, dico io, ma è mai possibile che con tutte le incombenze e i problemi di immane natura che già di per sé affliggono tale indispensabile Istituto, il nostro delegato consesso europeo doveva aggiungere anche la iattura di una presidente, appena defenestrata per manifesta incapacità dai compiti di regina del focolaio domestico, dall’ultima colf assunta (in nero?)? Scegliere qualcuno che conoscesse perlomeno quale sia il principale compito istituzionale della Banca Centrale, pareva brutto? E poi ci lamentiamo se le Borse colano a picco…

Per concludere, solo un pensierino ai nostri “alleati”. Verrebbe da dire, e meno male che non sono nemici.

Dopo aver ulteriormente spiegato all’umanità intera – seppure non se ne avvertiva affatto la necessità – il significato del termine “razzismo”, nella sua più profonda accezione, i comandanti in capo delle armate “I-Speak-English” ci offrono un’ulteriore riprova della loro lungimiranza e responsabilità.

Il tycoon, prima, ha negato tutto per settimane, anche l’evidenza; giusto per non sfatare la sua proverbiale ipocrisia, asserendo che il virus negli USA non c’era. Dopo di che, si è trovato nell’impossibilità di continuare a mentire al proprio popolo, non riuscendo più a nascondere i cadaveri dentro i suoi pur capienti armadi. Ha così mostrato il pugno di ferro, chiudendo le frontiere statunitensi ai voli europei (Gran Bretagna esclusa, ovviamente). Non bisogna dimenticare che, il prossimo novembre, si svolgeranno le elezioni presidenziali ed è opportuno far vedere agli elettori di che pasta è fatto il loro capitano (giusto appunto, di pasta del capitano). Senonché, inutile negare che intelligenza e cultura non sono di certo tra quei pochissimi pregi che l’indomabile ciuffo ribelle e birbantello cela nelle giornate prive di vento in Donald Duck Trump (non saprei davvero quali pregi, ma qualcuno molto nascosto ce lo avrà anche lui, per la legge dei grandi numeri). Ebbene, a questo punto è facile pronosticare una deflagrazione del Coronavirus quasi a ridosso delle anzidette elezioni. Ergo, lasciare il portone principale aperto alle non-misure adottate nel Regno Unito e chiuderlo alle preziose informazioni e ai rigidi provvedimenti applicati in Paesi come l’Italia, non pare essere esattamente la scelta più saggia e conveniente, in primis, proprio per lui: il boss. A ciò si aggiunga il fatto che il sistema sanitario americano, se non hai uno straccio di polizza assicurativa privata, ti lascia schiattare sui marciapiedi (non in quelli di Manhattan, però: lì, la specie notturna dominante è la pantegana-knickerbocker). E siccome, in genere, piove sul bagnato, in un'audizione parlamentare, Anthony Fauci, direttore dell'Istituto Nazionale delle Malattie Infettive USA, è intervenuto a rincarare la dose: "Il nostro sistema non è orientato davvero verso quello di cui abbiamo bisogno ora. È un fallimento, ammettiamolo. Non siamo pronti all'idea che chiunque possa ottenere il test facilmente come succede nei Paesi europei".

Acciderbolina! E Trump lo sa? Guarda che ti degrada ad aiuto-infermiere.

Al di qua dell’oceano le cose comunque non vanno meglio. Il condottiero della diaspora britannica, dopo aver premesso che “molte famiglie perderanno i loro cari”, ha precisato che non farà nulla: nessuna chiusura, nessuna limitazione. Prendere misure di sicurezza non serve a niente, anzi potrebbe essere anche controproducente. Il premier, affiancato da degli esperti (e meno male che son tali…), ha detto che è impossibile debellare il virus e l’unica strategia è quella di spalmarne la diffusione nel tempo. Dunque, cari amici d’oltremanica, pregate insieme all’arcivescovo di Canterbury e vedrete che #andràtuttobene. Boris (nome azzeccatissimo) prosegue: “I contagi potrebbero essere anche positivi e aiutare la popolazione a diventare immune”. E su questo concordiamo: i contagi si verificano solo dai positivi. “Se avete sintomi, restate a casa per una settimana (periodo indicato dai suoi esperti?) e lavatevi le mani”; esattamente come fa lui nei vostri confronti, stimati sudditi della Royal-House.

Insomma, i due leader anglosassoni sembrerebbero essere stati contagiati, non dal Coronavirus, ma da un virus ben più grave e devastante, che necessita di TSO urgentissimo. Che volete che vi dica, sarà stato quel topo biondastro che entrambi si sono trapiantati in testa ad aver intaccato il loro cervello irreparabilmente.

 

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