Più che raddoppiate, negli ultimi cinque anni, le operazioni di fusioni o acquisizioni nel digitale. Tra il 2014 e il 2018 sono stati 379 gli accordi di merger & acquisition (M&A) registrati, a livello globale, tra aziende appartenenti ai settori dei prodotti e servizi industriali, dall'automotive al manufacturing, dall'industrial automation al settore industriale in senso stretto, e aziende attive nell'industrial automation, nei servizi software e hardware, nell'e-commerce, nelle telecomunicazioni. Nel 2018 sono state 108 tali operazioni societarie, in netta crescita rispetto alle 50 effettuate nel 2014. Tali dati emergono dall'analisi «M&A in the era of digital transformation», presentata in occasione dell'ultima tappa del Manufacturing Lab, progetto realizzato da EY. Il report evidenzia che, in seno alle strategie aziendali, la digitalizzazione assume un ruolo sempre più importante per restare competitivi sul mercato. Diverse grandi aziende del settore manifatturiero hanno, quindi, puntato con convinzione su processi di integrazione con società che operano nel mondo digitale e delle nuove tecnologie.
Nel 2018, la maggior parte di fusioni e acquisizione si è registrata tra Nord America ed Europa (circa il 75% dei casi esaminati). Gli investimenti dei player americani si sono rivolti, principalmente, al settore dell'industrial automation (47%), ossia applicativi software dedicati all'automatizzazione e integrazione dei sistemi nel mondo industriale, mentre i player europei si sono maggiormente focalizzati sui computer software (38%), cioè soluzioni IT dedicate al miglioramento ed efficientamento delle performance dell'azienda e dei suoi sistemi di sicurezza. E mentre in Europa l'attività di M&A nel settore digital è leggermente calata rispetto al 2017 (-29%), sostenuta principalmente da Francia e Germania, in Nord America l'interesse verso il target digital rimane notevole. Per quanto riguarda l'Italia, lungo la penisola si è verificato l'11% circa delle operazioni concluse in Europa, di cui il 25% condotto da aziende del settore automotive e il 75% da realtà produttive catalogabili come industriali in senso stretto. Le operazioni effettuate hanno riguardato il settore dell'automazione industriale (75% dei contratti) e dei computer software (25%).
Lo studio rileva che, con riferimento all'industrial automation, i player hanno rivolto la propria attenzione sulla robotica (23%), acquisendo società dedicate alla progettazione e sviluppo di linee automatiche applicabili sia a singole fasi del processo produttivo sia all'intero workflow; sviluppatrici e produttrici di sistemi di motion control (21%), ovvero sensori per il rilevamento della posizione, pressione, velocità, inclinazione, vibrazione. Per quanto riguarda, invece, i computer software, gli accordi hanno avuto a oggetto sistemi di monitoring da remoto/tempo reale (25%), come sistemi di registrazione/visione in tempo reale, people counting, identificazione di oggetti; sistemi di business & security management (25%), come per esempio software per la gestione integrata di data analytics e sensori di movimento/sicurezza; sistemi di fleet management (13%) applicati sia a mezzi di trasporto, per esempio la geolocalizzazione e la diagnostica dello stato dei veicoli in tempo reale, sia all'urban mobility, per esempio connessione in cloud di veicoli, mezzi pubblici, infrastrutture in modo da ottenere un network efficiente e sicuro.
Solo il 14% delle imprese manifatturiere ha raggiunto un livello avanzato di sviluppo digitale e di interconnessione, poco meno della metà (49%) ha posto le basi per una trasformazione digitale completa, il 37% è ancora in fase sperimentale. Soltanto una minima parte, pari al 5%, possiede un sistema strutturato e automatizzato di integrazione dei dati con fornitori e clienti. Numeri del report «Digital Manufacturing Maturity Index 2019» di EY alla mano, appare evidente come lungo lo Stivale siano ancora pochi gli innovatori 4.0. L'analisi individua i principali ostacoli che incontrano le aziende nel percorso di digitalizzazione: in primis, la limitata cultura digitale (per l'85% degli imprenditori) e l'individuazione di figure professionali adeguate (84%). Solo il 12% delle aziende si è prefissato un programma di sviluppo delle competenze digitali, mentre più della metà ha avviato un percorso di formazione tradizionale e il 30% riconosce di avere una limitata conoscenza digitale. «Le imprese fanno fatica a intercettare le competenze necessarie allo sviluppo dell'Industria 4.0 e, ove trovate, a tenerle aggiornate» ha commentato Donato Iacovone, a.d. di EY in Italia e managing partner dell'area Mediterranea, «diventa strategico per le nostre imprese, in particolare pmi, investire in formazione e in competenze adeguate, indispensabili per evolvere e competere sui mercati internazionali».
Fonte: Italia Oggi
Fonte Immagine: Foto di Gerd Altmann da Pixabay