Paolo Soro

I dati contabili di un brogliaccio svelano una contabilità in nero

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, la contabilità in nero, costituita da appunti personali e da informazioni dell’imprenditore, rappresenta un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.

I dati contabili di un brogliaccio giustificano una contabilità parallela (in nero). Il ritrovamento di un brogliaccio costituisce, infatti, un indizio grave, preciso e concordante ed è in grado di giustificare l'esistenza di imponibili in nero (non ufficiali) di una contabilità parallela.

Sono queste le indicazioni della sentenza n. 8184 del 22 marzo 2019 della corte di cassazione che, richiamato un proprio indirizzo generale, ha confermato la legittimità del controllo dell'Agenzia delle entrate con la seguente motivazione: «In tema di accertamento delle imposte sui redditi, la contabilità in nero, costituita da appunti personali e da informazioni dell'imprenditore, rappresenta un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, prescritti dal dpr. 600 del 1973, art. 39, perché nella nozione di scritture contabili, disciplinate dagli artt. 2709 c.c. e s.s., devono ricomprendersi tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d'impresa, ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell'imprenditore ed il risultato economico dell'attività svolta, spettando poi al contribuente l'onere di fornire adeguata prova contraria.» (cass. 30/10/2018, n. 27622)». Per la cassazione, il brogliaccio dell'imprenditore ha consentito alla guardia di finanza di: a) individuare una contabilità parallela; b) riscontrare la corrispondenza di alcune poste contabili tra la contabilità ufficiale e quella parallela; c) constatare che la contabilità parallela era stata redatta con la stessa metodologia di quella ufficiale; d) dimostrare puntualmente le omissioni contabili e le ragioni che hanno permesso ai verificatori di giustificare l'utilizzo dell'accertamento induttivo. Sul tema si è espressa più volte la cassazione; fra tutte la sentenza n. 6949 del 27 marzo 2006 nella quale il supremo collegio ha statuito: «la giurisprudenza di questa corte ha ritenuto la piena attendibilità di un brogliaccio (ma anche di agende, calendario, block-notes, matrici di assegni, estratti di conti correnti bancari) per l'accertamento induttivo dell'imponibile ai fini Iva (cass., 15.5.92, n. 5786) ed ha affermato che il rinvenimento di una contabilità informale, tenuta su un brogliaccio, costituisce indizio grave, preciso e concordante della esistenza di imponibili non riportati sulla contabilità ufficiale e, perciò, l'amministrazione finanziaria può procedere ad accertamento induttivo (cass., 17.12.92, n. 13331)» o la sentenza n. 27059 del 18 dicembre 2006 in cui il supremo collegio ha affermato: «si rileva che secondo la giurisprudenza di questa corte, il mero ritrovamento di una contabilità parallela a quella ufficialmente tenuta, legittima di per sé, a prescindere dalla sussistenza di qualsivoglia altro elemento, il ricorso al c.d. accertamento induttivo (cass. 20.12.2003 n. 19598; cass. 6.09.2001 n. 11459; cass. 7.04.1999 n. 7045). Di fronte a ciò era onere del contribuente dimostrare che le indicazioni dei registri irregolari non avevano alcun rapporto con l'attività di commercio di gioielleria da lui esercitata…».Tale posizione ha trovato riscontro anche nella sentenza n. 5947 del 12 marzo 2009 della cassazione in cui la stessa ha affermato: «La cosiddetta contabilità in nero, risultante da appunti personali ed informali dell'imprenditore, costituisce valido elemento indiziario dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti del dpr. 600 del 1973, art. 39, (sentenze n. 17627 del 2008; n. 1987 del 30 gennaio 2006; 6 settembre 2001 n. 11459). Deve ritenersi, cioè, che tra le scritture contabili disciplinate dall'art. 2709 c.c. e segg., vanno ricompresi tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d'impresa ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell'imprenditore e il risultato economico dell'attività svolta e spetta al contribuente fornire prove in senso contrario (cass. 1 dicembre 2006 n. 25610; cass. 8 settembre 2006 n. 19329). Nel caso di specie, gli elementi posti a base dell'accertamento, legittimamente effettuato a norma del dpr. 600 del 1973, art. 39, sono stati ritualmente portati a conoscenza della contribuente attraverso la notifica del p.v. di verifica; mentre la sussistenza e la natura di detti elementi comportavano che incombeva alla contribuente fornire la prova contraria, con rispetto dei requisiti dell'atto impositivo e della disciplina dell'onere probatorio». La documentazione contabile tenuta su un brogliaccio, su block notes ecc., anche in maniera disordinata, può divenire un'arma nelle mani dei verificatori che possono ricostruire induttivamente/extra contabilmente (in assenza di giustificazioni economiche prodotte dal contribuente) il reddito del contribuente.

Fonte: Italia Oggi

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