Paolo Soro

Occorre rispettare tutte le formalità prescritte prima di contestare l'abuso del diritto al contribuente

Con sentenza 30770, la Cassazione Civile, Sezione Tributaria, ha precisato che, in tema di formalità concernenti l'abuso del diritto, l'Avviso di accertamento è nullo se l'Agenzia delle Entrate ha invitato il contribuente a giustificarsi a voce, ovvero a presentarsi per il contraddittorio presso l'ufficio entro 15 giorni, invece di chiedere chiarimenti per iscritto entro 60 giorni come prescritto dalla vigente normativa.

Il caso

Con Avviso di accertamento, l'Ufficio riteneva che la cessione del contratto di leasing relativo a un’azienda esercente il commercio al dettaglio con il marchio Conad, per la pluralità dei cessionari avvicendatisi nel contratto e per il totale controllo della Conad sulla Minerva s.r.l., ultima cedente, e sulla Ellisse, ultima cessionaria, avesse natura elusiva, perchè esclusivamente finalizzata al conseguimento di vantaggi fiscali mediante la creazione di costi fittizi e di crediti IVA.

A tal fine con l'Atto impositivo erano recuperati a tassazione costi pari a Euro 648.655,00 relativi a IRES, anno 2004.

Le società contestavano l'Avviso di accertamento, ricorrendo alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, che, con sentenza n. 43/57/2010, rigettava il Ricorso.

Successivamente, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, con la pronuncia n. 205/22/11, depositata il 13.06.2011, ora impugnata, rigettava l'Appello, tramite il quale, le società Ellisse s.r.l. e Conad del Tirreno s.c., rispettivamente società consolidata e consolidante, avevano contestato l’asserita natura elusiva dell'operazione di acquisto del contratto di leasing riguardante l'azienda di interesse, condotta dalla società Minerva Srl, fallita in Italia.

In questa Sede, le contribuenti propongono Ricorso per Cassazione, censurando la sentenza attraverso nove motivi:

  1. violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, commi 4 e 5, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver riconosciuto la violazione del procedimento d'instaurazione del contraddittorio e per non aver motivato l'Atto impositivo, come prescritto dalla norma a pena di nullità;
  2. violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, commi 1 e 2, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè il Giudice regionale ha fondato il proprio convincimento senza analizzare le ragioni prospettate dalle contribuenti, diverse da quelle del solo vantaggio fiscale accreditato dall’Agenzia;
  3. omessa motivazione circa un fatto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver trascurato la circostanza che non era stata mai data prova che la società Minerva, dichiarata fallita in Italia, risultasse trasferita in Gran Bretagna sotto il profilo fiscale;
  4. contraddittorietà della motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il Giudizio, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver affermato che l'accertamento era stato emesso ai sensi del cit. art. 37 bis, a un tempo richiamando la disciplina del cit. D.P.R. n. 600, artt. 39 e 40;
  5. violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e dell'art. 115 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per l'erroneità del richiamo tanto all’ipotesi dell'art. 37 bis, quanto a quella regolata dal cit. art. 39, senza peraltro identificare quale delle ipotesi previste da quest'ultima norma fosse stata applicata;
  6. violazione e falsa applicazione dell'art. 109 TUIR, art. 115 c.p.c., e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente riconosciuto la correttezza del recupero a tassazione dell'intero corrispettivo di acquisizione del ramo d'azienda in leasing, anziché, come in ipotesi corretto, la sola quota di competenza dell'anno 2004 – secondo i principi di imputazione contabile – e corrispondente al solo costo imputato dalla società alla suddetta annualità (Euro 10.359,12);
  7. violazione e falsa applicazione dell'art. 109 del TUIR, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per l'erroneo riconoscimento del recupero a tassazione del canone di leasing relativo alla mensilità del dicembre 2004, corrisposto alla società Sardaleasing, del tutto estranea alla vicenda addebitata alle contribuenti, e dunque corrispondente in ogni caso a un costo effettivamente sostenuto;
  8. omessa motivazione circa un fatto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in riferimento alla decisione assunta sulla mensilità del canone di leasing versato alla Sardaleasing;
  9. omessa motivazione circa fatti decisivi della controversia, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, su una pluralità di eccezioni rilevanti per la ricostruzione dei fatti e del giudizio sulla natura dell’operazione messa in atto.

In conclusione, le contribuenti chiedono, pertanto, la cassazione della sentenza, con o senza rinvio.

L'Agenzia delle Entrate si è costituita, contestando le ragioni del Ricorso e chiedendone il rigetto.

Alla Pubblica Udienza del 30 ottobre 2018, dopo la discussione, il P.G. e le Parti hanno concluso e la Causa è stata tenuta a decisione.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri.

Cassa la sentenza e, decidendo nel merito, accoglie il Ricorso introduttivo delle contribuenti.

Compensa le spese processuali dei Gradi di Merito e condanna l'Agenzia delle Entrate alla rifusione in favore delle controricorrenti delle spese del Giudizio di Legittimità, inclusi accessori di legge se dovuti.

IL COMMENTO

La decisione qui oggetto di analisi appare di grande rilevanza, atteso che rappresenta uno di quei – a dire il vero, rari – casi in cui la Cassazione boccia sonoramente l’operato, sia dell’Ufficio che delle Commissioni Tributarie, che agiscono troppo di sovente senza tenere in minima considerazione le prescrizioni di Legge afferenti la procedura da rispettare nella formazione degli atti impositivi.

E, invero, risulta sufficiente l’esame del primo motivo del Ricorso, concernente la denuncia dei vizi di Legittimità del procedimento (poi, conclusosi con l'emissione dell'Avviso di accertamento), per accogliere il Ricorso, senza rinvio, decidendo direttamente anche nel Merito, contrariamente a quanto avevano in precedenza erroneamente affermato i Giudici di Primo e di Secondo Grado.

La norma in parola è il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, commi 4 e 5; la quale stabilisce chiaramente che:

“4. L'Avviso di accertamento è emanato, a pena di nullità, previa richiesta al contribuente anche per lettera raccomandata, di chiarimenti da inviare per iscritto entro 60 giorni dalla data di ricezione della richiesta nella quale devono essere indicati i motivi per cui si reputano applicabili i commi 1 e 2.

5. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 42, l'Avviso d'accertamento deve essere specificamente motivato, a pena di nullità, in relazione alle giustificazioni fornite dal contribuente e le imposte o le maggiori imposte devono essere calcolate tenendo conto di quanto previsto al comma 2.”

Per dovere di completezza, si ricorda che i commi 1 e 2 prevedono:

“1. Sono inopponibili all'Amministrazione Finanziaria gli atti, i fatti e i negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall'Ordinamento tributario e a ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti.

2. L'Amministrazione Finanziaria disconosce i vantaggi tributari conseguiti mediante gli atti, i fatti e i negozi di cui al comma 1, applicando le imposte determinate in base alle disposizioni eluse, al netto delle imposte dovute per effetto del comportamento inopponibile all'Amministrazione.”

Orbene, nella fattispecie per cui è causa, le contribuenti denunciano l’irrituale contraddittorio endoprocedimentale instaurato dall’Agenzia delle Entrate, la quale si era limitata a invitare la società Ellisse a "presentarsi" presso l'Ufficio, assegnando a tal fine il termine di 15 giorni a partire dalla data di ricevimento della comunicazione, e invitandola a "esibire documentazione idonea a giustificare le ragioni economiche, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis", senza peraltro indicare i motivi per cui potevano rendersi applicabili i commi 1 e 2 della medesima norma.

Inoltre, nell’invito inoltrato dall’Ufficio, veniva preannunciato che l'omessa comunicazione di notizie o esibizione e consegna di atti, documenti, libri e registri, avrebbe pregiudicato il loro utilizzo a favore del contribuente in sede di accertamento o di contenzioso.

Nell’anzidetto primo motivo dell’odierno Ricorso, le società, dunque, non possono che rilevare come detta forma di instaurazione del contraddittorio, “quanto a contenuti, termini assegnati e modalità di invito”, sia del tutto irregolare e non rispettosa delle rigorose prescrizioni contenute nel disposto normativo appena sopra riportato; prescrizioni che prevedono detti obbligatori adempimenti procedurali, da parte dell’Ufficio, nell’instaurazione del contraddittorio – giova ancora una volta ribadirlo – a pena di nullità.

Il Giudice dell’Appello, in maniera inopinatamente autoreferenziale, fornisce un’Interpretazione Autentica della Legge, motivando:

“… né il termine di g. 15 ha impedito al soggetto convocato di apprestare proprie deduzioni che, all'occorrenza, potevano, con richiesta non proposta, essere fatte oggetto di Differimento del Termine”.

Francamente, se la Legge prescrive dei termini perentori, non è certamente potere del Giudice stabilire che tali scadenze possano non essere rispettate dall’Amministrazione Finanziaria.

Come se ciò, poi, non bastasse, lo stesso Organo Giudicante dimostra scarsa conoscenza della normativa, affermando che:

“Peraltro, ciò che è previsto a pena di nullità della convocazione non è il termine di g. 60, ma la carenza di motivata convocazione”.

Viceversa, come abbiamo appena sopra visto, la norma impone il termine dei sessanta giorni a pena di nullità (ossia, il contrario di quanto affermato dalla CTR).

E, in effetti, i Giudici di piazza Cavour, sul punto, richiamando l’articolo in questione, non possono fare a meno di rilevare preliminarmente come, contrariamente a quanto affermato dal Giudice dell’Appello, la norma stabilisce assai chiaramente che l'Avviso di accertamento è emanato, a pena di nullità, previa richiesta al contribuente anche per lettera raccomandata, di chiarimenti da inviare per iscritto entro sessanta giorni dalla data di ricezione della richiesta, nella quale devono essere indicati i motivi per cui si reputano applicabili i commi 1 e 2.

Non solo: il comma 5, inoltre, prescrive che l'Avviso di accertamento deve essere specificamente motivato, a pena di nullità, in relazione alle giustificazioni fornite dal contribuente.

Il Collegio prosegue citando precedenti decisioni della Giurisprudenza di Legittimità:

“Questa Corte ha reiteratamente affermato che assume rilievo invalidante dell'accertamento medesimo la mancata osservanza del contraddittorio procedimentale prescritto dall'art 37-bis, commi 4 e 5 e, in particolare, la mancata previa richiesta di chiarimenti da inviare per iscritto entro 60 giorni dalla data di ricezione della richiesta medesima, nella quale devono essere indicati i motivi per cui si reputano applicabili il cit. art. 37 bis, commi 1 e 2.

La disciplina espressamente stabilita dalla norma prevede una rigorosa scansione dell'attività preparatoria all'eventuale emissione dell'Avviso di accertamento – con cui si intende contestare al contribuente la natura elusiva delle operazioni poste in essere –, rigore fondato sulla necessità prioritaria, valutata dal Legislatore con particolare attenzione, dell’instaurazione del contraddittorio secondo regole predeterminate.

A tal fine, anzi, si è avvertito come la richiesta di chiarimenti per iscritto, concorrendo alla valutazione del fine elusivo dell'operazione, non può considerarsi sostituita da forme equipollenti quali l'attività svolta da verbalizzanti, o dalle eventuali dichiarazioni del contribuente in sede di verifica (Cassazione 693/2015)”.

Gli Ermellini ricordano, altresì, che la motivazione dell'Atto impositivo deve obbligatoriamente contenere, a pena di nullità, un esplicito riferimento alle giustificazioni fornite dal contribuente.

Da quanto precede, ne consegue che la violazione delle precise regole procedurali dettate dalla normativa in argomento, comporti la nullità dell'Avviso di accertamento emanato (Cassazione 2439/2017; Cassazione 2239/2018).

Sempre riguardo al rigoroso rispetto delle regole (sebbene sotto il più specifico profilo della mancata osservanza del termine per l'emissione dell'Avviso di accertamento), la S. C., ad abundantiam, ricorda che anche la Consulta aveva avuto modo di pronunciarsi, ribadendo la coerenza della disciplina ai parametri costituzionali (Corte Costituzionale 132/2015).

Tutto ciò premesso, nella concreta fattispecie, occorre rilevare che l'Amministrazione:

-          ha instaurato il contraddittorio invitando la contribuente a presentarsi presso l'ufficio, anziché chiedere chiarimenti da inviare per iscritto;

-          ha concesso termine di 15 giorni per la presentazione, anziché accordare i prescritti 60 gg.;

-          ha fatto un semplice rinvio all'art. 37 bis, invece di indicare i motivi per cui si ritenevano applicabili l'art. 37 bis, commi 1 e 2.

Così agendo, è pacifico che le modalità, i termini e i contenuti prescritti a pena di nullità dalla normativa sopra richiamata, siano risultati completamente disattesi, nell'instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale, da parte dell’Amministrazione Fiscale.

Il Collegio evidenzia, infatti, come:

“La scansione rigorosa dei tempi e dei contenuti è stata, dunque, del tutto violata e, a fronte di ciò, le ragioni offerte dall’Agenzia per spiegare le modalità applicate e il rispetto comunque sostanziale delle garanzie del contraddittorio previste dalla norma sono del tutto inadeguate, infrangendosi nell’obiettiva constatazione del mancato rispetto delle regole prescritte.”

Risulta, inoltre, parimenti violato pure l'obbligo di motivare l'Avviso di accertamento tenendo conto delle ragioni dedotte dalle società, posto che dagli atti e dalla sentenza della CTR qui opposta emerge che l’Ufficio non abbia fatto alcun cenno, nell’Atto impositivo in questione, alle motivazioni addotte dalle contribuenti per giustificare le operazioni (intenzione di mantenere in attività il punto vendita).

D’altronde, è oramai incontestato che l’Avviso debba sempre essere specificamente motivato in relazione alle giustificazioni fornite dai contribuenti a seguito della richiesta di chiarimenti (Cassazione 693/2015; Cassazione 2239/2018).

Il Collegio, concludendo, in accoglimento del primo motivo del Ricorso, rileva come emerga dallo stesso l’irritualità della costituzione del contraddittorio e, conseguentemente, la violazione delle regole imposte dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, commi 4 e 5, a pena di nullità, dell'Avviso di accertamento; questione assorbente rispetto a tutti gli altri motivi del Ricorso.

Pertanto, la sentenza va cassata e, tenuto conto delle ragioni per le quali il Ricorso delle contribuenti è stato accolto, non richiedendosi ulteriori accertamenti in fatto, la causa viene decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., comma 2, riconoscendosi la nullità dell'Avviso di accertamento e il contestuale accoglimento anche del Ricorso introduttivo.

Da ciò segue la regolamentazione delle spese processuali per tutti i Gradi di Giudizio, ritenendosi corretta la compensazione delle spese per quanto attiene ai Gradi di Merito, e la condanna integrale dell’Agenzia delle Entrate alle spese del Giudizio di Legittimità, inclusi accessori di Legge, se dovuti.

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