Paolo Soro

Un passo avanti per dire stop all’elusione internazionale

È la conseguenza dell’approvazione in via definitiva del decreto legislativo di recepimento delle direttive Atad 1 e 2 (Anti tax avoidance directive), con il quale si perfezionano alcuni strumenti in materia per esempio di deducibilità degli interessi passivi, dividendi e plusvalenze, disallineamento da ibridi.

Ancora un passo avanti nella lotta all'elusione fiscale internazionale. È la conseguenza dell'approvazione in via definitiva del decreto legislativo di recepimento delle direttive Atad 1 e 2 (Anti tax avoidance directive), con il quale si perfezionano alcuni strumenti in materia per esempio di deducibilità degli interessi passivi, dividendi e plusvalenze, disallineamento da ibridi. Per semplificare, con questo decreto si dà la possibilità al fisco italiano di contestare una serie di operazioni elusive tipicamente utilizzate dai gruppi societari per ridurre il carico fiscale. Le direttive Atad hanno infatti l'obiettivo di definire standard comuni per rafforzare il livello di protezione degli stati europei contro il tax planning aggressivo delle multinazionali, proseguendo così un percorso iniziato nel 2010 con la lotta ai paradisi fiscali e proseguito nel 2015 con il progetto che ha portato alla definizione di queste direttive antieleusione. In realtà l'Italia si era già portata avanti perché, con il decreto legislativo internazionalizzazione del 2015 e la disciplina dell'abuso di diritto, aveva recepito una buona parte delle raccomandazioni Ocse, contenute nel progetto Beps, poi confluite nelle due direttive Atad.

Le novità più importanti, per i contribuenti italiani, sono quelle sul contrasto agli arbitraggi internazionali, che sfruttano il mancato allineamento delle discipline fiscali dei diversi paesi: dal 2020 l'Amministrazione finanziaria potrà infatti disconoscere la deducibilità dei costi o rendere tassabili i flussi in entrata se gli importi relativi non sono stati tassati o sono stati dedotti in un altro paese.

Si tratta quindi di una disciplina estremamente tecnica, non certo di una rivoluzione nel campo della lotta all'evasione, dove i veri pilastri rimangono lo scambio di informazioni e il country by country reporting. Anche perché i diversi stati membri recepiranno in autonomia le disposizioni delle direttive Atad e non è detto che riescano ad eliminare tutti i disallineamenti normativi che ancora rendono possibili limitate forme di pianificazione fiscale infragruppo. Si tratta comunque di una battaglia ormai quasi vinta, anche perché ha portato a un cambiamento della mentalità dei responsabili dei gruppi societari, che non mettono più al primo posto la riduzione del carico fiscale ma, al contrario, percepiscono come più importante la ricerca di quella compliance che li tenga al riparo da accertamenti potenzialmente disastrosi sia in termini finanziari sia soprattutto in termini di perdita d'immagine.

Da ricordare solo che la maggior parte delle disposizioni entreranno in vigore il 1° gennaio 2019, mentre quelle sul disallineamento da ibridi il primo gennaio 2020 e quelle sugli ibridi inversi addirittura nel 2022.

L'unico settore che ancora risulta essere privo di una regolamentazione efficace, e quindi consente alle multinazionali (quasi tutte americane) di pagare aliquote fiscali dello zerovirgola rispetto ai loro utili, è quello del digitale. Anche perché qui gli Stati uniti, invece che potenza trainante della lotta all'elusione, fungono da freno (essendo Usa quasi tutte le società più importanti), e c'è inoltre la difficoltà tecnica di tassare un prodotto quasi completamente dematerializzato, tanto che spesso non si riesce a collegare la tassazione del reddito con il luogo dove questo è stato prodotto. Così le varie proposte di web tax presentate fino a questo momento si sono rivelate tutte, per un motivo o per un altro, insoddisfacenti. L'appuntamento è per ora rinviato al 2020, data entro la quale l'Ocse ha promesso di mettere a punto una nuova e più organica proposta. Una volta condivise le regole tecniche bisognerà verificare che ci sia anche la forza politica necessaria per applicarle e farle accettare da un'amministrazione che ha finora dimostrato di pensa solo a proteggere e sviluppare il business (sempre più strategico anche da un punto di vista politico) delle proprie società.

Fonte: Italia Oggi

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