Paolo Soro

Dubai, IVA al via!

Il Ministero delle Finanze degli EAU pubblica le FAQ, confermando per il prossimo 1° gennaio il Via! alla nuova normativa emiratina in materia d’IVA.

Continua la campagna informativa del Governo degli Emirati Arabi Uniti in vista dell’introduzione dell’IVA, prevista per il 1° gennaio 2018: il portale istituzionale del Ministero delle Finanze emiratino, al riguardo, ha pubblicato le risposte ai primi quesiti.

Prendendo spunto da quanto presente sul sito, di seguito facciamo un rapido riassunto dell’attuale situazione fiscale, che – come detto – per quanto concerne l’IVA, dobbiamo considerare come una sorta di “work in progress”.

E’ noto che, negli EAU, al momento, ancora non esiste l’IVA. Occorre, peraltro, rappresentare che, sotto la spinta della forte diminuzione degli introiti originati dal calo del prezzo del petrolio, il Governo sta limando gli ultimi dettagli circa la normativa di riferimento. Resta, quindi, assolutamente confermato che, a decorrere dal 1° gennaio 2018, gli EAU adotteranno un’aliquota IVA pari al 5% su tutti i beni e servizi, esclusi gli alimenti di prima necessità, nonché i settori dell’istruzione, della sanità, dei servizi sociali, delle energie rinnovabili e della tecnologia.

Il problema principale resta quello legato al sistema di infrastrutture governative e amministrative, indispensabile per gestire l’imposta, che occorre creare dal nulla, non essendo fino a oggi stato mai previsto detto particolare tributo.

Riguardo all’introduzione dell’IVA, pare allora doveroso dar conto delle ultime novità evidenziate nelle “F.A.Q.” recentemente pubblicate (e oggetto di continui aggiornamenti) nel sito istituzionale del Ministero delle Finanze emiratino. In detto portale il Governo fornisce infatti alcune importanti precisazioni, seppure determinati aspetti di carattere essenzialmente pratico-operativo debbano ancora essere concretamente ufficializzati.

Innanzitutto, si premette che l’introduzione dell’IVA non riguarderà solo gli EAU, ma in generale i Paesi del GCC (Gulf Cooperation Council), l’organizzazione internazionale regionale che riunisce sei Stati del Golfo Persico: Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Qatar, Oman, Bahrein e Kuwait; nazioni presso le quali, dunque, a decorrere dal 2018/2019 (taluni di questi governi hanno optato per posticipare l’imposta al 1° gennaio 2019), le imprese saranno responsabili di documentare attentamente i loro redditi e i correlativi costi aziendali, nonché in particolare l’IVA versata su ogni transazione.

Il primo elemento da evidenziare concerne la circostanza che non tutte le imprese dovranno registrarsi ai fini IVA.

In effetti, solo le imprese che soddisfano un requisito minimo di fatturato annuo (attualmente si parla di circa 100.000,00 USD, ma detto parametro deve essere ancora reso ufficiale e teoricamente non si può escludere che possa essere rivisto, anche se parrebbe poco probabile) saranno soggette alla normativa IVA. Inoltre, le imprese potrebbero non avere bisogno di registrarsi, se la loro attività consistesse nella fornitura soltanto di beni e servizi che non sono soggetti a IVA.

Peraltro, precisa il Ministero nel sito, anche le società che reputano di non essere assoggettate alla normativa IVA, dovranno in ogni caso tenere la loro documentazione contabile e finanziaria in ordine, di modo tale da dare la possibilità al Governo di accertare concretamente dette eventuali condizioni di esonero.

Per il resto, l’IVA funzionerà nell’identica maniera in cui già opera nelle restanti giurisdizioni del mondo.

Resta il fatto che l’entrata in vigore dell’IVA rappresenta un cambiamento epocale per le aziende locali: sia in termini di organizzazione, che di risorse umane; dunque, un notevole incremento dei costi di gestione interna.

In particolare, ogni azienda dovrà:

-           determinare quali aree saranno interessate dall’introduzione dell’IVA

-           elaborare moduli, modelli e documenti, adeguandoli alle nuove norme

-           rivedere completamente il proprio sistema informatico, assicurandosi che quest’ultimo faciliti le operazioni quotidiane

-           aggiornare la contabilità e modificare di conseguenza i libri contabili

-           assicurarsi che le fatture in entrata e in uscita siano predisposte secondo una struttura anche grafica che risulti compatibile con le nuove normative

-           formare adeguatamente il proprio personale affinché tutti comprendano i cambiamenti e le nuove responsabilità, nonché preparare un manuale operativo che regoli questi aspetti all’interno dell’azienda

-           adeguare, infine, i contratti alla normativa, rivedendo tutte le eventuali clausole fiscali già in essere.

Il Ministero tiene a sottolineare come le imprese interessante, utilizzando la nuova specifica procedura telematica denominata “eServices”, potranno registrarsi ai fini IVA già a partire dall’ultimo trimestre del corrente anno 2017. Dopo di che, le imprese registrate dovranno presentare regolarmente i rendiconti IVA con una cadenza che, al momento, viene ipotizzata di tipo trimestrale per la quasi totalità delle società. Tramite sempre la citata procedura “eServices”, i rendiconti potranno, poi, essere presentati online.

Successivamente, il Ministero provvederà a comunicare le specifiche richieste per la tenuta dei documenti contabili, nonché l’obbligatorio periodo di tempo in cui dovranno essere conservati.

Infine, sempre nelle F.A.Q., il Ministero si premura di precisare che, come necessariamente doveroso, gli EAU stanno verificando anche altre opzioni fiscali; tuttavia, si tratta ancora di una fase di mera analisi ed è improbabile che dette ulteriori opzioni saranno introdotte a breve. La nota governativa precisa che “In ogni caso, gli EAU non stanno attualmente prendendo in considerazione alcun tipo di imposta sul reddito personale”.

E per quanto riguarda la CIT (Corporate Income Tax), ossia l’imposta diretta di maggior interesse? Quali possibili scenari si possono delineare nel futuro prossimo?

In merito, al momento nulla è stato detto dal portavoce del Ministero: né per confermare e né per smentire.

Senza voler fare della “dietrologia”, peraltro, alcune non richieste affermazioni, è indubbio che diano un minimo da pensare.

Volendosi esclusivamente limitare a rappresentare i dati esistenti, occorre infatti notare come, per quanto gli EAU continuino a essere uno dei più floridi e particolarmente attivi mercati internazionali, il Paese deve fare i conti con delle entrate notevolmente inferiori rispetto a quelle di un paio di anni fa: principalmente, a causa della nota diminuzione del prezzo del petrolio; seppure il deficit in proposito è risultato ultimamente inferiore rispetto a quello precedente, sulla base dei dati dell’ultimo trimestre (ma sempre di disavanzo si tratta). Viceversa, il volume complessivo della spesa pubblica continua a crescere in misura rilevante, senza contare gli investimenti particolarmente importanti che devono ancora essere messi in campo in vista dell’EXPO 2020.

Il Paese conta di introitare il fabbisogno a breve necessario con l’introduzione dell’IVA; ma non fa mistero di riporre molto affidamento anche nei vantaggi economici che dovrebbero arrecare, nel medio periodo, le innovazioni legate alla “green economy” e, in particolare, al comparto delle ESCO (tuttora nella fase di controllo dei requisiti previsti).

Cionondimeno, giova ricordare che, da un punto di vista prettamente fiscale, perlomeno con espresso riferimento alle LLC (Limited Liability Company), sulla base della legislazione, ogni organizzazione che conduce un commercio o un’attività (incluse prestazioni di servizi), all’interno dell’Emirato di Dubai, dovrebbe essere teoricamente soggetta al versamento delle imposte sul reddito. Peraltro, al momento, il governo di Dubai – come noto – ha ratificato solo le imposte sul reddito delle filiali di banche estere, hotel e delle società operanti nei settori petrolchimico e del gas: unici comparti, infatti, per i quali gli EAU non sono considerati un Paese black list (restano, invece, regime fiscale privilegiato, integralmente soggetto alle regole CFC, per tutte le altre attività).

A rigore di norma, peraltro, è doveroso far presente come i decreti legislativi indichino che, se le imposte sul reddito dovessero entrare in vigore, il governo potrebbe teoricamente avere la facoltà di applicarle anche retroattivamente (seppure, quanto meno tale eventualità è stata ripetutamente scongiurata dagli esponenti del Dipartimento delle Finanze).

Ricordiamo, infine, che gli EAU stanno uniformandosi alle raccomandazioni OCSE in tema di Modelli Convenzionali Multilaterali e applicheranno il nuovo Common Reporting Standard su base spontanea e automatica già dal 2018, retrodatando le informazioni perlomeno a tutto il 2016.

Insomma, benché al momento nulla faccia presagire una prossima modifica sostanziale dell’attuale complessivo regime fiscale di particolare favore esistente (a parte, ovviamente, la citata introduzione dell’IVA), pare doveroso tenere bene in considerazione il quadro generale della situazione.

Tornando alle implicazioni direttamente connesse con l’avvento dell’IVA, possiamo osservare come, per gli operatori non residenti che operano “estero su estero” (attività di trading svolta tramite un soggetto giuridico locale, ma senza transito delle merci in loco), la normativa non dovrebbe avere rilevanti impatti se non dal punto di vista documentale, essendo l’imposta legata alla materiale entrata/uscita del bene nel/dal territorio emiratino.

Per contro, localmente, è ovvio che la situazione muterà sostanzialmente e il costo della vita aumenterà.

Altrettanto importanti saranno le modifiche di carattere contabile.

Con riguardo a tale ultimo aspetto – si ricorda – che le filiali di entità estere, attualmente, hanno ancora solo l’obbligo di inoltrare il bilancio (certificato da un Local Agent, dotato di licenza contabile), al Ministero dell’Economia, nel periodo antecedente il rinnovo della loro Business Licence. Il Ministero dell’Economia rilascerà, a sua volta, una lettera con l’autorizzazione a procedere indirizzata al Department of Economic Development.

In generale, negli EAU vige un regime di mercato libero e, come anche recentemente ribadito dalla Legge 2/2015, non esiste alcun obbligo di pubblicare i bilanci (neanche una visura camerale consente di conoscere la situazione finanziaria ed economica di una qualsiasi azienda). Detta disposizione normativa ha introdotto determinati obblighi sulla tenuta della contabilità rispetto alla situazione previgente: gli standard internazionali (IAS-IFRS), infatti, dovranno essere rispettati, e le aziende dovranno fornire una visione chiara e precisa dei loro profitti e delle loro perdite. E’ prevista, in particolare, una multa fino a 100.000 AED (circa 25.000 Euro) per le società che non tengono dei registri contabili appropriati.

Orbene, è evidente che questi alquanto semplificati obblighi contabili vedranno comunque un immediato incremento degli odierni adempimenti previsti in conseguenza dell’introduzione dell’IVA, aspetto sul quale, a oggi, le società locali paiono ben lungi dall’essere effettivamente pronte, in particolar modo con riguardo alle competenze professionali interne di cui sono, nella stragrande maggioranza, ancora di fatto prive. Ergo, è assai facile prevedere che vi sarà un aumento degli investimenti in termini di risorse umane, con un contestuale notevole ampliamento della domanda di mano d’opera qualificata (oggigiorno, molto carente), e un fiorire di nuove società specializzate nella consulenza (anche contabile), atteso che quelle ora operanti in tale area di servizi sono davvero poche e dovranno comunque anch’esse riqualificare professionalmente la propria forza lavoro.

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