Lo zio Sam mette in riga le multinazionali americane esigendo che anche loro paghino la giusta quantità di tasse.
Ieri il Dipartimento del tesoro americano e l'Irs (Internal revenue service, Agenzia delle Entrate USA) hanno, infatti, emanato regole finali per evitare che le corporate non paghino le tasse dovute sui profitti esteri.
Le nuove norme sono presenti all'interno del documento «the president's frame work for business tax reform: an update» e si basano su due aspetti: i ricavi esteri e le limitazioni di assorbimento di società estere (earnings stripping, inversione fiscale).
La nuova norma del Tesoro prevede che i ricavi esteri, indipendentemente dal fatto che vengono rimpatriati o meno, siano sottoposti a una tassazione pari al 14%.
Si è scelto questo approccio perché attivare un meccanismo che andava a controllare ogni singola corporate sarebbe stato eccessivamente oneroso per le casse dello stato.
L'obiettivo, non troppo velato, è quindi quello di cercare di incoraggiare le corporate a rimpatriare i ricavi delle società figlie estere.
Inoltre, la norma garantisce che una volta che sarà applicato questo livello di tassazione sui ricavi esteri, anche nel caso in cui questi vengano rimpatriati, non saranno soggetti più a nessun altro balzello.
Per porre rimedio, invece, al fenomeno dell'earning stripping si è deciso che le corporate statunitensi possono anche decidere di assorbire un'altra società estera, ma non possono acquisire il passaporto straniero con tanta facilità.
Se, infatti, viene riconosciuto che l'attività economica svolta dalla società americana ha più valore rispetto a quelle dalla società acquisita, non sarà possibile ottenere il passaporto straniero.
Queste nuove norme cercano di mettere un freno all'evasione fiscale resa più agevole grazie alle scappatoie legali previste dalla legge americana e di cui le multinazionali hanno goduto negli ultimi anni.
Nel primo caso, le corporate potevano trattenere all'estero i profitti ricavati dalle loro società figlie a tempo indeterminato.
Nel secondo, invece, le società tendevano ad assorbire o a farsi assorbire da competitor esteri (scelti in base al livello di tassazione) per poter acquisire il passaporto estero e quindi non dover pagare le tasse in Usa.
Ieri, quindi, il Tesoro ha annunciato, non senza polemiche, le nuove norme per rendere «l'evasione fiscale, una strada più difficile da intraprendere per le multinazionali».
Il segretario del Dipartimento del tesoro, Jacob J.Lew, ha, infatti, accusato il Congresso di staticità perché «questa amministrazione ha per lungo tempo cercato di mettere una pezza all'erosione fiscale. Ma, in assenza di un'azione decisa da parte del Congresso, è stato compito del Tesoro farsi carico di questo problema».
Fonte: Italia Oggi