“Ai fini della verifica della legittimità del licenziamento, va opposta la delibera di esclusione e non la risoluzione del rapporto di lavoro.”
Questa la conclusione a cui è giunta la Corte di Cassazione nella sentenza 3836 del 26.2.2016.
Le ricorrenti, socie lavoratrici di una società cooperativa, avevano agito in giudizio lamentando il mancato rispetto della procedura prevista dalla legge n. 223/1991 o, in subordine, dall'art. 7 della legge n. 604/1966, come modificato dalla legge 28.6.2012 n. 92. Sosteneva invece la cooperativa che il legislatore, nel modificare, con l'art. 9 della legge n. 30/2003, il comma 2 dell'art. 5 della legge n. 142/2001, ha definitivamente sancito la centralità del rapporto sociale e la prevalenza dello stesso rispetto a quello di lavoro. L’esclusione determina, con effetto automatico, l'estinzione del rapporto di lavoro, rendendo di conseguenza superflua ogni valutazione in ordine alla legittimità del licenziamento intimato.
La S. C. rappresenta come il legislatore, nella legge 14.2.2003 n. 30, ha previsto che "il rapporto di lavoro si estingue con il recesso o l'esclusione del socio deliberati nel rispetto delle previsioni statutarie e in conformità con gli articoli 2526 e 2527 del codice civile".
La Corte osserva che il legislatore ha qualificato il lavoro cooperativo come un rapporto caratterizzato dal concorso di una molteplicità di cause collegate ed ha, quindi, superato la cosiddetta teoria monista, secondo la quale la prestazione dell’attività lavorativa da parte del socio altro non è se non lo strumento attraverso il quale vengono perseguiti l'oggetto sociale e la soddisfazione dello scopo mutualistico.
La stessa Corte afferma che sussiste un rapporto di consequenzialità fra il recesso o l'esclusione del socio e l'estinzione del rapporto di lavoro, tale da escludere anche la necessità di un distinto atto di licenziamento.
Peraltro, "incidendo la delibera di esclusione pure sul concorrente rapporto di lavoro, il giudice, nello scrutinare la sussistenza dei relativi presupposti di legittimità, dovrà, comunque, valutare, attraverso un adeguato bilanciamento degli interessi, tanto l'interesse sociale ad un corretto svolgimento del rapporto associativo quanto la tutela e la promozione del lavoro in cui essenzialmente si rispecchia la "funzione sociale" di questa forma di mutualità. Il che implica, fra l'altro, che, rimosso il provvedimento di esclusione, il socio avrà diritto alla ricostituzione del rapporto associativo e del concorrente rapporto di lavoro".
Da detti principi discende che, ove l’esclusione venga disposta, il socio che contesti l'atto risolutivo dovrà necessariamente opporsi alla delibera, nelle forme e nei termini previsti dall'art. 2533 c.c., e ciò anche allorquando la società abbia intimato il licenziamento, giacché il difetto di opposizione rende definitivo lo scioglimento del rapporto sociale e produce gli effetti previsti dall'art. 5, comma 2, della legge n. 142/2001, rendendo inammissibile per difetto di interesse l'azione proposta per contestare la legittimità del solo licenziamento.