Paolo Soro

Rischio elusione a ridosso del limite della no tax area

E arbitraggi fiscali con rischio evasione per i contribuenti che si posizionano intorno al limite dei 28.000 euro. Questi sono gli effetti distorsivi prodotti dal dl 3/2020 messi in luce dal Servizio del Bilancio del Senato.

Possibili comportamenti elusivi da parte dei soggetti a ridosso del limite della no tax area e arbitraggi fiscali con rischio evasione per i contribuenti che si posizionano intorno al limite dei 28 mila euro. Questi sono gli effetti distorsivi prodotti dal dl. 3/2020 messi in luce dal Servizio del Bilancio del Senato nel dossier redatto sul decreto recante «Misure urgenti per la riduzione della pressione fiscale sul lavoro dipendente». Il DL mette in cantina il c.d. Bonus Renzi sostituito da un «trattamento integrativo dei redditi da lavoro dipendente e assimilati», che garantirà un bonus pari a euro 1200 per i redditi fino a 28.000 (ad esclusione degli incapienti), oltre ad aggiungere una detrazione di 600 euro decrescente all'aumentare del reddito da lavoro, per la fascia tra i 28 mila e i 40 mila euro. Proprio in prossimità della no tax area e della soglia dei 28 mila si rischiamo però fenomeni elusivi e/o di evasione fiscale.

Il rischio sulla soglia della no tax area. Sono in no tax area quei contribuenti che non devono Irpef poiché l'imposta lorda calcolata è completamente assorbita dalle detrazioni previste dal Tuir e tale azzeramento si realizza, in caso di possesso di redditi da lavoro, fino alla soglia di euro 8.145.

Secondo quanto indicato dal servizio bilancio del senato si potrebbero generare comportamenti in elusione posti in essere dagli incapienti a ridosso proprio della no tax area che, essendo esclusi dal trattamenti integrativo fissato a 1200 euro (600 per il 2020), potrebbero tentare di percepire redditi anche di poco più alti per superare il tetto degli 8.145 euro e percepire il trattamento integrativo altrimenti negato.

L'arbitraggio sulla soglia dei 28 mila euro. Sotto i 28mila euro si ha diritto al nuovo trattamento integrativo di 1.200 euro (600 per il 2020) mentre al superamento di tale soglia niente più bonus e scatta la detrazione aggiuntiva. Fissata la soglia, l'arbitraggio è servito ed i contribuenti saranno indotti a posizionarsi su valori di reddito che consentano loro il massimo vantaggio fiscale possibile. Ad esempio un contribuente con 28.500 euro ha diritto a una detrazione di 98,58 euro al mese, pari a 591 euro per 6 mesi dell'anno 2020 cifra a cui corrisponde un reddito detassato di almeno 1.555 euro. Questo soggetto quindi, in conseguenza della nuova detrazione subirebbe un'imposizione su un imponibile netto di 26.945 euro complessivi, reddito che gli avrebbe dato accesso però al contributo integrativo di 600 euro. Pertanto, come indicato nel dossier «è verosimile ipotizzare che tale contribuente preferirà non dichiarare una minima parte di reddito, ad esempio attraverso il lavoro sommerso, per poter profittare del trattamento integrativo per intero e non sottoporsi al rischio dell'incapienza».

Di contro però il confronto di convenienza, qualora si sia verificata la capienza della detrazione spettante, va costruito sull'effettivo reddito che si esenta dall'imposta.

Per il 2020 infatti, sulla soglia di 28 mila euro con reddito, di poco al sotto tale limite si percepisce un bonus netto di 600 euro, mentre di poco sopra, con un'aliquota marginale pari a quella legale del 38%, il reddito corrispondente esentato è pari ad oltre 1.500 euro. Come indicato dal servizio bilancio del senato quindi «è evidente come, una volta verificata la capienza, diventi paradossalmente più conveniente per il soggetto al limite superiore dello scaglione (28 mila euro), percepire anche una minima parte di reddito in più per poter accedere alla detrazione e quindi effettivamente rendere esente dall'imposta una quota di reddito di circa 2,5 volte rispetto alla quota di reddito per nuovo trattamento integrativo».

Fonte: Italia Oggi

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