Paolo Soro

In paradiso 800 mld di dollari di evasione

I paradisi fiscali costano fino a 800 miliardi di dollari di mancato gettito fiscale. Solo le 500 principali società statunitensi detenevano circa 2.600 miliardi di dollari in paesi offshore E I singoli contribuenti, invece, hanno nascosto più di 8.700 miliardi di dollari.

I paradisi fiscali costano fino a 800 miliardi di dollari di mancato gettito fiscale. In tutto il mondo, sono circa 500/600 miliardi di dollari le entrate che le società non versano grazie ai paesi a fiscalità privilegiata e altri 200 che non vengono riscossi dalle persone fisiche. Solo le 500 principali società statunitensi detenevano circa 2.600 miliardi di dollari in paesi offshore fino 2017, cifra lievemente diminuita a seguito della riforma fiscale di Trump nel 2018. E i singoli contribuenti, invece, hanno nascosto più di 8.700 miliardi di dollari nei paesi offshore, secondo le stime di Gabriel Zucman, economista dell'Università della California a Berkeley.

Ma i paesi che partecipano alla corsa al ribasso della fiscalità, non solo danneggiano i paesi a tassazione «normale», ma anche la loro economia. Lo riporta il Fondo monetario internazionale (Fmi) che ha pubblicato lo studio «Combattere i paradisi fiscali» (Tackling Tax Havens) del giornalista investigativo e ricercatore del Tax Justice Network Nicholas Shaxson.

Secondo lo studio, una definizione precisa di paradiso fiscale dovrebbe prendere in considerazione molto di più delle aliquote: i paradisi forniscono, infatti, una via di fuga dai regolamenti finanziari, dalla trasparenza, dalla responsabilità penale. Una catena che si collega anche tra i diversi paesi offshore, che si copiano a vicenda nuove scappatoie fiscali o strutture giuridiche per attrarre nuovi capitali. Ciò ha contribuito a un drastico declino dell'aliquota media dell'imposta sulle società, che dal 49% del 1985, oggi è scesa al 24%. Lo dimostra anche il trasferimento degli utili delle multinazionali americane verso i paradisi fiscali che è passato dal 5-10% degli utili lordi, negli anni '90, all'attuale 25-30%.

Un flusso in costante aumento che avrebbe dovuto aiutare la crescita economica dei paradisi. Tuttavia, la ricerca afferma che oltre ai gruppi d'interesse (tipicamente nelle professioni bancarie, contabili, legali e immobiliari) la ricaduta sui paesi è negativa. E la stessa risposta arriva anche da nuove ricerche del Fmi e della Banca dei regolamenti internazionali: la crescita del settore finanziario porta benefici fino a un punto ottimale, dopo di che comincia a danneggiare la crescita economica. La maggior parte delle economie avanzate, compresi gli Stati Uniti, il Regno Unito e altri grandi paradisi fiscali, «ha superato questo punto da molto tempo». Si è quindi sviluppato il concetto di «maledizione finanziaria», che affligge i paesi con un settore finanziario sovradimensionato, le cui conseguenze sono gli stessi problemi che affliggono alcuni paesi arabi dipendenti quasi esclusivamente del petrolio. Questo paradosso ha molteplici cause: fuga di persone qualificate dal governo, dall'industria e dalla società civile verso il settore dominante ad alto reddito; l'aumento e la crescita della disuguaglianza tra il settore dominante e gli altri settori; perdita d'imprenditorialità; e un aumento dei prezzi locali che rende altri settori commerciali meno competitivi.

Tuttavia, gli stessi governi interessati hanno dimostrato poco interesse ad attuare riforme a livello politico. L'esempio della Svizzera è illustrativo. Negli ultimi decenni, i politici di Germania, Stati Uniti (ma anche italiani) si sono scontrati con la Svizzera per il segreto bancario, con scarso successo.

Fonte: Italia Oggi

Fonte Immagine: Foto di pasja1000 da Pixabay 

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