La Gig economy rappresenta oggi il modello lavorativo che quasi certamente prenderà il sopravvento per le generazioni future, le quali si troveranno così a doversi districare in un panorama dove i c.d. “posti fissi” saranno sempre meno, mentre le mansioni a tempo determinato o comunque occasionali, cresceranno a dismisura.
Si parla, sostanzialmente, di: lavoratori a chiamata, intermittenti, a voucher, tirocinanti e apprendisti retribuiti (se lavorano in media almeno tre ore alla settimana e 12 ore su quattro settimane), cui si aggiungono anche tutte quelle prestazioni effettuate tramite delle piattaforme digitali come per esempio Uber, Airbnb o Foodora.
La legge, già concordata con i ministri UE e approvata il 16 aprile, garantisce una serie di diritti minimi per tutti coloro che svolgono un'occupazione occasionale o a breve termine.
Gli Stati membri disporranno ora di tre anni per implementare con le nuove norme le legislazioni domestiche.
Ma di che si tratta?
Innanzitutto, maggiore trasparenza.
Tutti i lavoratori devono essere informati fin dal primo giorno, come principio generale e, ove giustificato, entro sette giorni, degli aspetti essenziali del loro contratto di lavoro, quali: descrizione delle mansioni, data di inizio, durata, retribuzione, giornata lavorativa standard od orario di riferimento per coloro che hanno orari di lavoro imprevedibili.
Inoltre, migliore protezione nei nuovi lavori.
I lavoratori con contratti a chiamata o con forme analoghe di occupazione beneficeranno di:
- un livello minimo di prevedibilità, come orari e giorni di riferimento predeterminati;
- la possibilità di rifiutare, senza conseguenze, un incarico al di fuori dell’orario prestabilito o essere compensati se l'incarico non è annullato in tempo;
- il divieto per i datori di lavoro di sanzionare i lavoratori che vogliono accettare impieghi con altre imprese, se le nuove mansioni non rientrano nell'orario di lavoro stabilito, e
- nuove misure nazionali, da stabilire, per prevenire le pratiche abusive, quali dei limiti allo scopo e alla durata del contratto.
Per concludere, nuove regole per i periodi di prova e formazione.
I periodi di prova non potranno essere superiori a sei mesi o proporzionali alla durata prevista del contratto in caso di lavoro a tempo determinato.
Un contratto rinnovato per la stessa funzione non potrà essere definito quale periodo di prova.
Infine, il datore di lavoro dovrà fornire gratuitamente una formazione che sarà inclusa nell’orario di lavoro.
Quando possibile, tale formazione dovrà essere anche completata entro l'orario di lavoro.
Il relatore Enrique Calvet Chambon (ALDE, ES) da detto:
"Questa direttiva è il primo grande passo verso l'attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali, che riguarda tutti i lavoratori dell'UE.
A tutti i lavoratori che si sono trovati in un limbo saranno concessi diritti minimi grazie a questa Direttiva e alle sentenze della Corte di Giustizia europea: d'ora in poi, nessun datore di lavoro potrà abusare della flessibilità del mercato del lavoro".