Paolo Soro

I versamenti Iva tardivi “cercano casa”

I debiti periodici saldati dopo la presentazione della dichiarazione annuale, a seguito dell’avvio della procedura di riscossione dell’agenzia delle entrate, dovranno essere necessariamente indicati in una qualche dichiarazione, che non è però identificabile.

I versamenti Iva tardivi «cercano casa»: i debiti periodici saldati dopo la presentazione della dichiarazione annuale, a seguito dell'avvio della procedura di riscossione dell'agenzia delle entrate, dovranno essere necessariamente indicati quali poste creditorie in una qualche dichiarazione, che allo stato dell'arte non è però identificabile. L'incertezza deriva dalle nuove modalità di compilazione del rigo VL33 della dichiarazione annuale, adottate nel modulo Iva 2019 dall'Agenzia al fine di evitare il riporto (e la possibile compensazione orizzontale) di crediti, per così dire, «allo scoperto». Infatti, l'oscuramento del credito annuale in presenza di debiti periodici non onorati, prodotto dalle nuove istruzioni, pone il problema della emersione del credito dopo che i debiti saranno stati pagati. La soluzione più lineare al problema, segnalato tempo addietro da ItaliaOggi (si veda l'edizione del 25 gennaio scorso), sarebbe la presentazione di una dichiarazione integrativa a favore ai sensi dell'art. 8, comma 6-bis, del dpr n. 322/98. Tuttavia, la possibilità che il pagamento del debito sia rateizzato, addirittura fino a cinque anni, secondo quanto previsto dall'art. 3-bis del dlgs n. 462/97, rende indubbiamente poco pratica tale soluzione, dato che si assisterebbe a una moltiplicazione di dichiarazioni integrative per il medesimo periodo d'imposta, man mano che si provvede al pagamento delle rate (senza dire dell'eventualità in cui il debito sia iscritto a ruolo, della possibile impugnativa ecc.). Si è ora diffusa la voce di una soluzione alternativa più semplice, alla quale starebbero lavorando i tecnici dell'amministrazione finanziaria, secondo cui i debiti periodici saldati a seguito delle comunicazioni di irregolarità troverebbero collocazione in un apposito rigo della dichiarazione annuale relativa al periodo d'imposta di esecuzione del pagamento, in modo da non modificare la dichiarazione annuale del periodo di riferimento dei versamenti stessi; un nuovo rigo, quindi, che sarebbe istituito a partire dalla prossima dichiarazione Iva 2020 per il 2019. Questa ipotesi, che avrebbe il pregio di evitare la reiterazione di dichiarazioni integrative, non sembra però priva di inconvenienti. Se infatti lo scomputo dei versamenti pregressi nel periodo di esecuzione non pone particolari problemi allorché si traduca esclusivamente in un maggior credito del contribuente, la situazione cambia se parte di tali versamenti vada a coprire un'imposta dovuta nella dichiarazione annuale di competenza. Si ipotizzi, per esempio, che la dichiarazione relativa all'anno «n» riporti:

a) Iva sulle operazioni imponibili per 100 mila euro; b) Iva detraibile sugli acquisti per 80 mila euro; c) imposta dovuta (a-b) per 20 mila euro; d) debiti periodici per 50 mila euro, non versati entro il termine di presentazione della dichiarazione. Secondo le istruzioni dell'anno scorso, questa dichiarazione avrebbe evidenziato un saldo a credito di 30 mila euro (ferma la debenza di 50 mila euro a titolo di Iva periodica, recuperata dall'Agenzia ai sensi dell'art. 54-bis del dpr n. 633/72). Secondo le istruzioni 2019, invece, il predetto credito non può essere evidenziato nel rigo VL33, sicché la dichiarazione chiude a zero. Quando però il contribuente provvederà a pagare il debito periodico, occorrerà ricalcolare il saldo della dichiarazione in modo da far emergere il credito «oscurato»; se il pagamento avverrà ratealmente, nel corso di più annualità, l'emersione del credito sarebbe frazionata nel tempo. A questo punto si tratta di scegliere lo strumento da azionare per far emergere, eventualmente in più riprese, il credito. La dichiarazione integrativa per l'anno «n», come si diceva, per quanto poco pratica, sarebbe lo strumento naturale. L'alternativa di indicare e recuperare i versamenti dovuti (per complessivi 50 mila euro) nelle dichiarazioni degli anni successivi, apparentemente più semplice, richiederebbe di tenere conto della quota a copertura dell'imposta dovuta per l'anno «n» (di 20 mila euro), giacché il credito effettivo del contribuente sarebbe di 30 mila euro e non di 50 mila. Come si vede, non proprio una soluzione semplicissima. In definitiva, forse la soluzione più agevole sarebbe quella affinare il meccanismo introdotto con la dichiarazione Iva 2019 in modo da consentire comunque di evidenziare il credito «non coperto» nella dichiarazione annuale di competenza, in apposito rigo, ma di vincolarne la destinazione d'uso a compensazione (senza i paletti propri della compensazione orizzontale) dei debiti Iva periodici.

Fonte: Italia Oggi

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