Non rottamabili, esclusi dalla definizioni delle liti pendenti e fatti fuori anche dal saldo e stralcio.
Questa è l'impietosa fine degli avvisi bonari, noti anche come comunicazioni di irregolarità ovvero gli atti emessi dall'agenzia delle entrate in seguito ai controlli automatizzati (ex articoli 36-bis del dpr 600/1973 e 54-bis del dpr 633/1972) con i quali vengono corretti errori materiali e di calcolo nei dichiarativi, vengono ridotte le detrazione deduzioni e crediti d'imposta e viene verificata la congruità e la tempestività dei versamenti effettuati.
Questa tipologia di comunicazione, benché rappresentino il primo avviso dell'Agenzia delle entrate nei confronti del contribuente e vengano emessi con una sanzione ridotta del 10% proprio per renderne meno oneroso il pagamento per chi è disposto a saldare in prima battuta, sono di fatto esclusi da ogni forma di sanatoria.
Sia le comunicazioni 36-bis, i controlli automatizzati riservati alle imposte reddituali, sia i 54-bis quelli fissati per l'imposta sul valore aggiunto, data la loro natura non risultano infatti né rottamabili, essendo la definizioni delle cartelle riservata esclusivamente agli importi a ruolo, non rientrano nella definizione delle controversie pendenti, perché non sono atti impositivi ma di pura liquidazione/riscossione e non sono neanche ricompresi neanche nel saldo e stralcio, condono riservato allo step successivo delle comunicazioni di irregolarità, quando tali debiti non saldati vanno nelle mani del riscossore e si trasformano da avvisi a ruoli (in cartella).
A conferma di quanto detto si è ultimamente espressa anche l'agenzia delle entrate che ha chiaramente specificato come gli avvisi bonari, secondo quanto indicato anche dall'articolo 6 comma 1 del dl 119/2018 (decreto fiscale) non rientrano nell'ambito applicativo della definizione agevolata delle liti poiché tale sanatoria ha ad oggetto solo gli atti impositivi e le comunicazione di irregolarità 36-bis e 54-bis sono invece atti di pura riscossione limitandosi in sostanza alla sola richiesta al contribuente di quanto da lui indicato in dichiarazione e poi non versato.
Stessa sorta ma con diverse giustificazione è invece l'esclusione prevista per il saldo e stralcio.
L'istituto infatti, nato con lo specifico intento di sgravare da carichi fiscali pregressi i contribuenti che hanno comunque presentato i dichiarativi senza essere poi però aver corrisposto il relativo onere a debito, limita di fatto il suo ambito applicativo proprio alla fase subito successiva all'emissione da parte dell'agenzia delle entrate delle comunicazione di irregolarità ovvero quando dopo i 30 giorni dal loro invio, passano alla fase di riscossione e vanno in cartella.
Il comma 184 dell'articolo 1 della legge 145 del 2018 che ha introdotto il saldo e stralcio infatti dispone che risultano definibili «I debiti delle persone fisiche risultanti dai singoli carichi affidati all'agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 alla data del 31 dicembre 2017, derivanti dall'omesso versamento di imposte risultanti dalle dichiarazioni annuali e dalle attività di cui all'articolo 36-bis del decreto del presidente della repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all'articolo 54-bis del decreto del presidente della repubblica 26 ottobre 1972, n. 633».
Così come i gli avvisi bonari, anche gli avvisi di rettifica 36-ter, quelli derivanti dal controllo formale delle dichiarazioni, in cui si verifica la corrispondenza dei dati relativi a deduzioni, detrazioni e ritenute indicati in dichiarazione con la i pezzi di carta conservati dal contribuente risultano parzialmente penalizzati dal legislatore.
Questi atti infatti storicamente esclusi dalla rottamazione, risulterebbero non rientrare neanche nel saldo e stralcio, ma in attesa di ulteriori chiarimenti al riguardo, sembrano poter essere ricompresi invece nella definizione delle liti pendenti.
Fonte: Italia Oggi