L'imposta sui c.d. «money transfer» è per legge da applicarsi a partire dal 1° gennaio 2019 e pertanto gli intermediari devono già prelevarla pur in assenza dei decreti attuativi. Tali provvedimenti, è la stessa legge a chiarirlo, determineranno infatti solo le modalità di riscossione e di versamento della stessa, non potendo quindi in alcun modo prevedere il differimento della norma e, quindi, del prelievo da parte degli intermediari.
L'art. 25-novies del dl n.119/2018, così come emendato in sede di conversione in legge (L. 136/2018, «collegato alla manovra 2019»), ha introdotto, con decorrenza dal 1° gennaio 2019 e senza possibilità di differimento alcuno, un'imposta sui trasferimenti di denaro, ad esclusione delle transazioni commerciali, effettuati verso Paesi non appartenenti all'Unione europea da istituti di pagamento (art. 114-decies del Tub) che offrono il servizio di rimessa di somme di denaro (c.d. «money transfer», art. 1, co. 1, lett. b) ed n), del dlgs n. 11/2010). L'imposta è dovuta in misura pari all'1,5% del valore di ogni operazione effettuata, con importo minimo di euro 10.
La medesima disposizione prevede, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, che il Mef, d'intesa con l'Agenzia delle entrate, sentita la Banca d'Italia, emani uno o più provvedimenti per determinare le modalità «di riscossione e di versamento» dell'imposta.
Gli operatori si sono quindi interrogati se, nelle more del decreto, debbano in ogni caso prelevare l'imposta. La risposta sembra non poter essere che affermativa: (i) l'imposta è istituita dal 1° gennaio 2019 e sarà quindi richiesto il versamento da parte dei money transfer a partire da tale data; (ii) gli emanandi decreti tratteranno esclusivamente le modalità tecniche di prelievo da parte dell'erario dell'imposta e le modalità tecniche di riscossione della stessa (disciplineranno quindi il rapporto «Stato-intermediario»).
Non si ritiene quindi condivisibile, pur nell'incertezza della norma, la tesi che ritiene legittima la riscossione dell'imposta da parte dell'intermediario solo dopo l'emanazione dei provvedimenti ministeriali: l'art. 25 - novies, introduce certamente un nuovo tributo determinato sotto ogni aspetto e soprattutto, l'istituzione dell'imposta a decorrere dal 1° gennaio 2019. Tale decorrenza, in punto di diritto, non può peraltro essere modificata da provvedimenti attuativi che non potrebbero derogare alla fonte primaria (i.e. la legge).
Né la decorrenza della norma dal 1°gennaio 2019 potrà essere contestata alla luce dell'art. 3, co. 2, del c.d. Statuto del Contribuente (L. 212/2000). Tale norma, infatti non prevede che l'istituzione di imposte decorra successivamente all'emanazione dei decreti attuativi collegati, bensì che «gli adempimenti» a carico dei contribuenti relativi a disposizioni tributarie non siano richiesti prima di 60 giorni. I decreti attuativi a nostro giudizio rispetteranno certamente tale termine, prevedendo che la riscossione e il versamento dell'imposta avvengano secondo tali tempistiche.
Allo stato attuale pertanto, tutti gli operatori dovrebbero prudenzialmente considerare che, una volta emanati i provvedimenti attuativi, essi saranno chiamati a versare l'imposta sulle operazioni poste in essere a far data dal 1° gennaio 2019 e pertanto valutare di trattenere sin da ora dal cliente le relative somme. Tale interpretazione appare peraltro coerente con quella assunta da Ania nel 2012 relativamente all'imposta di bollo introdotta dalla c.d. «manovra Monti» (art. 19, dl n. 201 del 2011). In quella occasione l'Associazione ritenne infatti che, pur in mancanza del decreto attuativo e della circolare illustrativa, fosse necessario provvedere ad addebitare il bollo sulle rendicontazioni relative ai riscatti/prestazioni pagati a partire dal 1° gennaio 2012, al fine di evitare che l'impresa restasse incisa dal tributo, considerato che la rivalsa in materia di imposta di bollo è solo facoltativa.
Fonte: Italia Oggi