Paolo Soro

Da provare la riferibilità alla società dei c/c personali dei soci

Le presunzioni semplici sui c/c bancari dei soci devono essere sempre connotate dai requisiti di gravità, precisione e concordanza.

Nelle verifiche basate sulle movimentazioni bancarie, è onere dell’amministrazione provare, anche con presunzioni, che i conti correnti intestati ai soci o agli amministratori di una società siano riconducibili all’attività societaria, al fine di considerare tali movimentazioni nell’accertamento del maggior reddito imputato all’ente collettivo.

Non è sufficiente attribuire alla società le risultanze dei conti di soci e amministratori sulla base del mero rapporto societario, dovendo l’amministrazione motivare sugli elementi che inducano a ritenere la natura fittizia dell’intestazione dei conti correnti o la sostanziale riferibilità all’ente dei conti medesimi.

Sono le conclusioni che si leggono nell’ordinanza n. 2536/2018 della Corte di cassazione, che rende un po’ di chiarezza in relazione a una questione assai dibattuta nelle aule di giustizia tributaria.

Negli accertamenti bancari basati sulla presunzione di cui all’articolo 32, comma 2, del Dpr 600/73, è prassi consolidata degli uffici fiscali estendere la verifica ai conti correnti dei soci e degli amministratori della società accertata, generando non poche difficoltà per i contribuenti, chiamati a giustificare in maniera analitica (movimento per movimento) versamenti e prelevamenti di natura personale, quindi difficilmente documentabili.

In tali casi, i movimenti rinvenuti sui conti personali e non giustificati analiticamente vengono trasfusi nell’accertamento societario e imputati a maggior reddito dell’ente collettivo.

La Cassazione, con l’ordinanza in questione (e con due successive, n. 2537 e n.2538 di analogo tenore), pone un significativo freno al fenomeno, ritenendo che l’Ufficio debba comunque motivare e provare, ancorché in via presuntiva, la riconducibilità di tali movimenti alla sfera societaria.

La prova, spiega Piazza Cavour, non deve riguardare i singoli movimenti riscontrati sui conti correnti personali, bensì devono emergere espliciti elementi che abbiano indotto l’amministrazione a ritenere la riferibilità dei rapporti bancari dei soci alla società.

Nel caso di specie, dunque, viene censurato l’operato dell’Ufficio (avallato dalla Ctr di Palermo nella sentenza cassata) che, nell’accertamento originario, si era limitato a computare prelevamenti e versamenti rinvenuti sui conti dei soci nel maggior reddito societario, senza motivare sugli elementi specifici che avevano portato ritenere che tali conti correnti, formalmente intestati alle persone fisiche, fossero invece riconducibili alla sfera societaria.

Fonte: Italia Oggi

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