Paolo Soro

La “semplificazione” fiscale

Commercialisti, il costo-adempimenti continua a crescere: superati i 60 miliardi.

Il Fisco complicato costa. Il continuo aumento degli adempimenti, soprattutto in chiave antievasione, si è trasformato in una spesa extra per imprese e professionisti che è cresciuta di oltre 2 miliardi nel periodo tra il 2014 e il 2017. Nell’anno appena passato, infatti, gli adempimenti fiscali hanno raggiunto un costo complessivo di 60 miliardi, mentre quello medio è cresciuto di 514 euro (+5,6%) sempre rispetto al 2014 superando così quota 10mila euro. È quanto emerge da una ricerca della Fondazione nazionale dei commercialisti che ha messo a punto un modello di calcolo per stimare i tempi medi degli adempimenti per tipologia di contribuente e arrivare a quantificare l’importo totale in base al costo medio orario del lavoro di fonte Eurostat.

Un importo totale che tiene conto sia dei costi “interni” sostenuti dalle imprese per adeguarsi agli adempimenti, dalle risorse umane dedicate all’innovazione tecnologica richiesta, sia dei costi “esterni” come quella della consulenza dei professionisti e quindi del pagamento della loro parcella.

Quindi più adempimenti, più lavoro e anche più compensi? Attenzione a fare facili equazioni, perché se da un lato la mole di lavoro è sicuramente aumentata (e forse qualcuno come in ogni settore ha potuto anche beneficiarne), dall’altro i commercialisti hanno sperimentato sulla loro pelle che cosa abbia significato un adempimento complicato come lo spesometro, che non a caso è stato oggetto di un restyling normativo nel decreto fiscale collegato alla manovra 2018. Un sondaggio promosso sempre dalla Fondazione nazionale a cui hanno partecipato circa 7mila studi ha fatto emergere il 33,7% non ha fatturato neppure un euro per il nuovo adempimento, mentre solo il 27,4% ha fatturato lo spesometro a tutti i propri clienti . E le maggiori difficoltà nel farsi retribuire per l'adempimento sono state riscontrate al Sud. Nel complesso l’operazione spesometro si è tradotta per la categoria in una perdita complessiva di 113 milioni di euro e in una perdita media di 1.600 euro.

In realtà, l’aumento del costo degli adempimenti è un portato più ampio di tutte le misure introdotte negli ultimi tre anni nel contrasto all’evasione dallo split payment all’obbligo di fatturazione elettronica (si veda anche l’altro articolo). «Sommando il gettito atteso di tutte le misure di contrasto all'evasione previste dalle manovre finanziarie per gli anni 2015-2018 con proiezioni fino al 2020 - ha commentato il presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, Massimo Miani - si raggiunge la cifra imponente di 50 miliardi di euro». Di fatto, ha proseguito Miani, «si scaricano oneri e responsabilità su soggetti privati quali i professionisti costringendoli tra l'altro a fare investimenti che, il più delle volte, non sono compatibili e proporzionati rispetto alle loro dimensioni e alla loro organizzazione, come nel caso della normativa antiriciclaggio ovvero, nell’immediato futuro, della fatturazione elettronica».

A completare la fotografia della complicazione fiscale c’è anche il crescente numero di documenti trasmessi in via telematica all’amministrazione finanziaria. Sempre come fatto emergere ieri dai commercialisti durante gli Stati generali, il flusso complessivo attraverso il canale Entratel è passato da 100,3 milioni del 2014 a 183,3 milioni del 2017. Di questi 78,9 milioni sono i documenti trasmessi dai soli commercialisti. Ma la lista è ancora più lunga se si considerano anche gli invii effettuati attraverso lo Sdi (Sistema di interscambio): oltre 85 milioni di fatture emesse in formato elettronico, circa 12 milioni in un anno di dati delle liquidazioni Iva e quasi 1,3 miliardi in un anno di dati delle fatture emesse e ricevute.

Fonte: Il Sole 24 Ore

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