Paolo Soro

Utili esteri al socio italiano

L’Agenzia chiarisce le modalità attraverso cui il contribuente nazionale deve ricostruire l’origine dei dividendi percepiti per il tramite di soggetti intermedi non residenti.

L’Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 144/E del 22 novembre 2017, adottata a seguito di un’istanza di interpello, fornisce chiarimenti in materia di documentazione probatoria utilizzabile dal contribuente per la ricostruzione analitica degli utili di fonte estera percepiti attraverso società intermedie non residenti e di contestuale dimostrazione della provenienza o meno degli utili da Stati o territori a regime fiscale privilegiato.

L’interpello è stato presentato da una società italiana che ha ricevuto da una sua controllata estera un dividendo che quest’ultima aveva a sua volta ricevuto da una propria controllata. Più precisamente, l’utile proveniva da riserve prodotte in parte in un paese a fiscalità privilegiata e in parte in un paese non a fiscalità privilegiata.

Con il quesito rivolto all’Agenzia, la società istante chiede di conoscere il corretto trattamento fiscale applicabile al dividendo.

Innanzitutto, l’amministrazione ricorda che gli utili provenienti da Stati o territori a regime fiscale privilegiato concorrono interamente a formare il reddito del percettore (articolo 89, comma 3, Tuir), in deroga al regime di esclusione in misura del 95% del loro ammontare (articolo 89, comma 2, Tuir).

Qualora, come nel caso in esame, gli utili siano indirettamente distribuiti al socio residente in Italia attraverso un soggetto non residente sorge il problema della individuazione della fonte dei dividendi erogati.

In argomento, l’Agenzia delle entrate, con la circolare n. 51/E del 6 ottobre 2010, ha avuto modo di precisare che ai fini dell’individuazione della quota parte di utili provenienti da “paradisi fiscali”, nell’ordinamento tributario italiano non c’è un criterio legislativo che regoli la distribuzione, l’utilizzo, la ricostituzione o la ripartizione delle riserve.

Per questo motivo, il socio residente è tenuto a documentare, di volta in volta, la provenienza degli utili (se da Stati o territori a fiscalità privilegiata o meno) che gli sono stati distribuiti per il tramite di società intermedie non residenti.

In altri termini, è necessaria una ricostruzione analitica della provenienza degli utili distribuiti al socio residente per stabilire se, nel caso concreto, deve essere applicato il regime di imposizione integrale (per quelli provenienti da territori o Stati a fiscalità privilegiata) ovvero di parziale imponibilità (per quelli non provenienti da territori o Stati a fiscalità privilegiata).

La provenienza dell’utile percepito deve essere dimostrata dal contribuente attraverso un “adeguato supporto documentale”.

In mancanza di tale dimostrazione, opera la presunzione in base alla quale si ritengono distribuiti al socio italiano, in via prioritaria e fino a concorrenza, gli utili provenienti da territori o Stati a fiscalità privilegiata.

Nel caso in esame, peraltro, l’utile distribuito alla società italiana risulta in parte costituito da una quota derivante da riserve prodotte in uno stato a fiscalità privilegiata.

Ne deriva che la corretta individuazione del regime fiscale applicabile al dividendo de quo presuppone la ricostruzione analitica della sua provenienza.

La ricostruzione, in particolare, deve riguardare sia la formazione della provvista patrimoniale da cui il dividendo è stato attinto sia la consumazione della stessa in occasione della distribuzione.

Dall’esame della documentazione prodotta dalla società istante, l’Agenzia conclude che nel caso in questione:

la composizione delle riserve pregresse della società intermedia non residente è idonea a rappresentare analiticamente la provenienza degli utili che le compongono e la loro entità

l’utilizzo, in sede di distribuzione delle riserve, di una determinata provvista patrimoniale può essere adeguatamente documentato dalla società italiana sulla base delle delibere adottate dalla società erogante.

In conclusione, quindi, l’Agenzia ritiene che le delibere adottate dalle società intermedie non residenti, dalle quali risulta che le somme distribuite sono attinte da riserve non alimentate da utili provenienti da Stati o territori a fiscalità privilegiata, costituiscono un “supporto documentale idoneo” a dimostrare che i dividendi percepiti dalla società italiana non rientrano nell’ambito applicativo del regime di imposizione integrale disciplinato dall’articolo 89, comma 3, Tuir.

Fonte: Fisco-Oggi

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