Paolo Soro

Il controllo sulle mail è parziale

La Corte europea detta i limiti sul controllo dei dipendenti.

Il monitoraggio della email aziendale di un dipendente  da parte del datore di lavoro è possibile ma con dei precisi limiti. Solo nel rispetto di essi un utilizzo improprio della posta può essere causa di licenziamento. Il controllo della casella elettronica di un lavoratore è consentito solo se la privacy del sottoposto è sufficientemente protetta da abusi, soprattutto in termini di comunicazione preventiva. E’ la conclusione a cui è giunta la Grande camera della corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, che ieri ha ribaltato precedenti sentenze sul tema dando ragione al lavoratore e torto al datore di lavoro.

La vicenda riguarda un ingegnere rumeno, Bogdan Mihai Barbulescu, che tra il primo agosto 2004 ed il sei agosto 2007 aveva svolto attività lavorativa presso una società privata. Al momento della firma, l’ingegnere avrebbe preso visione di un regolamento interno che non consentiva l’utilizzo di computer, telefonini ed altri strumenti aziendali per scopi personali. Il dipendente aveva poi creato, su incarico della società, una casella di posta elettronica per gestire le relazioni con la clientela. Il datore di lavoro aveva posto sotto controllo la mail, riscontrando un utilizzo per scopi personali della stessa da parte del dipendente, procedendo al licenziamento disciplinare del lavoratore, giustificandolo con la violazione del regolamento interno.

Barbulescu presentò ricorso all’autorità giudiziaria rumena per impugnare la richiesta di licenziamento dato che, secondo il suo giudizio, il datore di lavoro aveva violato il diritto al rispetto della corrispondenza, protetto dall’art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia e i diritti dell’uomo (Cedu). I giudici respinsero la sua domanda, in quanto il datore di lavoro aveva rispettato la procedura di licenziamento essendo, il lavoratore, informato per tempo delle regole interne che proibivano l’utilizzo di beni aziendali a fini personali. L’ingegnere ricorse in appello affermando che le sue mail rientravano nei concetti di vita privata e che il giudice non aveva permesso di chiamare in causa testimoni per provare che il suo comportamento non aveva creato danno all’azienda. Il ricorso fu nuovamente respinto e Barbulescu decise allora di ricorrere alla Corte di giustizia europea dei diritti dell’uomo, che il 12 gennaio 2016 aveva dato ragione, un’altra volta, al datore di lavoro. La Corte ha ritenuto che, in linea generale, le mail aziendali rientrano nel campo di applicazione dell’art. 8 della Cedu e quindi un loro utilizzo privato sia tutelabile. Tuttavia, nel caso in esame, non doveva sussistere una “ragionevole aspettativa di privacy” dato che il datore di lavoro aveva per tempo informato il dipendente delle regole interne sul tema. Inoltre, il monitoraggio della mail era stato limitato nel tempo e nell’oggetto e non continuo su tutta l’attività epistolare del lavoratore.

La controversia è proseguita fino alla Grande camera della corte che, questa volta, ha dato ragione al lavoratore, affermando che il licenziamento dell’ingegnere non è legittimo. La Corte ha condannato la Romania del mancato rispetto dell’art 8 in quanto, a loro dire, non ha difeso a sufficienza i diritti del lavoratore licenziato. In primo luogo, il soggetto doveva essere informato preventivamente non solo del controllo, ma anche della sua natura e ricorrenza, in una data precedente a quella in cui sarebbe stato posto in essere. Inoltre, il monitoraggio non deve superare precisi limiti nell’intromissione della privacy del lavoratore. Devono sussistere sufficienti ragioni per realizzarlo. Nel caso in questione, il datore di lavoro avrebbe dovuto usare modalità meno intrusive per i controlli, limitandoli nel tempo e nel contenuto. Su queste basi, è stata accolto il ricorso dell’ingegnere romeno.

Fonte: Italia Oggi

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