Paolo Soro

Il distacco in Italia di dipendenti stranieri

Vediamo come cambiano le procedure del distacco in Italia di dipendenti stranieri, alla luce della normativa 2016 e della recentissima circolare interpretativa (N. 1/2017) dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

Nonostante le norme vigenti in tema di libera circolazione dei lavoratori, il divieto di discriminazione in base alla cittadinanza e, soprattutto, l’obbligo di rispettare le condizioni retributive esistenti nella nazione in cui viene effettivamente svolto il lavoro, continuano a essere numerosissimi i casi in cui queste previsioni vengono eluse. L’istituto del distacco, in proposito, risulta essere senza dubbio quello cui maggiormente le aziende ricorrono per conseguire tale illecito risultato, così ottenendo quell’abbattimento generale dei costi che consente loro di operare in regime di concorrenza sleale rispetto a tutti gli altri competitor presenti nel mercato.

Stante la continua (assai preoccupante) crescita di tale fenomeno, il Legislatore è intervenuto con il D.Lgs. 136 del 17 luglio 2016, recante le norme in materia di distacchi dei lavoratori, in applicazione della direttiva emanata dal Parlamento Europeo (2014/67/UE). Detta norma si applica alle imprese stabilite in un altro Stato membro che, nell'ambito di una prestazione di servizi, distaccano in Italia uno o più lavoratori in favore di un'altra impresa, anche appartenente allo stesso gruppo, o di un'altra unità produttiva o di un altro destinatario, a condizione che durante il periodo del distacco, continui a esistere un rapporto di lavoro con il lavoratore distaccato. Ma si applica (per le ovvie disposizioni di nesso) altresì alle imprese stabilite in uno Stato terzo (extra UE) che distaccano lavoratori in Italia, sempre che le medesime fattispecie non risultino disciplinate da leggi speciali.

Al fine di accertare se l'impresa distaccante eserciti effettivamente attività diverse rispetto a quelle di mera gestione o amministrazione del personale dipendente sono valutati i seguenti elementi:

a) il luogo in cui l'impresa ha la propria sede legale e amministrativa, i propri uffici, reparti o unità produttive;

b) il luogo in cui l'impresa è registrata alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura o, ove sia richiesto in ragione dell'attività svolta, a un albo professionale;

c) il luogo in cui i lavoratori sono assunti e quello da cui sono distaccati;

d) la disciplina applicabile ai contratti conclusi dall'impresa distaccante con i suoi clienti e con i suoi lavoratori;

e) il luogo in cui l'impresa esercita la propria attività economica principale e in cui risulta occupato il suo personale amministrativo;

f) il numero dei contratti eseguiti o l'ammontare del fatturato realizzato dall'impresa nello Stato membro di stabilimento, tenendo conto della specificità delle piccole e medie imprese e di quelle di nuova costituzione;

g) ogni altro elemento utile alla valutazione complessiva.

Sono inoltre attentamente analizzati:

a) il contenuto, la natura e le modalità di svolgimento dell'attività lavorativa e la retribuzione del lavoratore;

b) la circostanza che il lavoratore eserciti abitualmente la propria attività nello Stato membro da cui è stato distaccato;

c) la temporaneità dell'attività lavorativa svolta in Italia;

d) la data di inizio del distacco;

e) la circostanza che il lavoratore sia tornato o si preveda che torni a prestare la sua attività nello Stato membro da cui è stato distaccato;

f) la circostanza che il datore di lavoro che distacca il lavoratore provveda alle spese di viaggio, vitto o alloggio e le modalità di pagamento o rimborso;

g) eventuali periodi precedenti in cui la medesima attività è stata svolta dallo stesso o da un altro lavoratore distaccato;

h) l'esistenza del certificato relativo alla legislazione di sicurezza sociale applicabile.

Nelle ipotesi in cui il distacco in favore di un'impresa stabilita in Italia non risulti autentico, il lavoratore è considerato a tutti gli effetti alle dipendenze del soggetto che ne ha utilizzato la prestazione e vengono erogate delle sanzioni amministrative (50 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione, con un minimo di 5.000 euro e un massimo di 50.000 euro). Nei casi in cui il distacco non autentico riguardi i minori, il distaccante e il soggetto che ha utilizzato la prestazione dei lavoratori distaccati sono puniti anche con la pena dell'arresto fino a diciotto mesi.

Al rapporto di lavoro tra le imprese e i lavoratori distaccati si applicano, durante il periodo del distacco, le medesime condizioni di lavoro e di occupazione previste per i lavoratori che effettuano prestazioni lavorative subordinate analoghe, nel luogo in cui si svolge il distacco. Tutte queste informazioni sono pubblicate (in italiano e in inglese) sul sito istituzionale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che provvede ai relativi aggiornamenti. In particolare, dette note concernono:

a) le condizioni di lavoro e di occupazione applicabili ai lavoratori distaccati in Italia;

b) i contratti collettivi applicabili ai lavoratori distaccati in Italia, con particolare riferimento alle tariffe minime salariali e ai loro elementi costitutivi, al metodo utilizzato per calcolare la retribuzione dovuta e ai criteri per la classificazione del personale;

c) le procedure per sporgere denuncia, nonché la disciplina in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro applicabile ai lavoratori distaccati;

d) i soggetti a cui i lavoratori e le imprese possono rivolgersi per ottenere informazioni con riferimento ai diritti e agli obblighi derivanti dalle disposizioni nazionali.

I lavoratori distaccati che prestano o hanno prestato attività lavorativa in Italia, possono infatti far valere i propri diritti, sia in sede amministrativa, che giudiziale. E’, inoltre, previsto il regime di responsabilità solidale tra appaltatore e committente. Elemento, questo, che assume notevole rilevanza con riferimento alla concreta applicazione pratica dell’apparato sanzionatorio, come ha modo di precisare l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, nella sua circolare interpretativa.

Il decreto prevede, peraltro, talune eccezioni rispetto al pedissequo rispetto di tutti gli istituti contrattuali disciplinati dai CCNL:

Le disposizioni normative e di contratto collettivo in materia di durata minima delle ferie annuali retribuite e di trattamento retributivo minimo, compreso quello maggiorato per lavoro straordinario, non si applicano nel caso di lavori di assemblaggio iniziale o di prima installazione di un bene, previsti in un contratto di fornitura di beni, indispensabili per mettere in funzione il bene fornito, ed eseguiti dai lavoratori qualificati o specializzati dell'impresa di fornitura, quando la durata dei lavori, in relazione ai quali è stato disposto il distacco, non è superiore a otto giorni, escluse le seguenti attività del settore edilizio: scavo, sistemazione, costruzione, montaggio e smontaggio di elementi prefabbricati, assetto o attrezzatura, trasformazione, rinnovo, riparazione, smantellamento, demolizione, manutenzione, lavori di pittura e di pulitura, bonifica.

L'Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) è l’organismo deputato a rispondere alle richieste di informazione delle Autorità, ed esegue i controlli e le ispezioni, ivi comprese le indagini sui casi di inadempienza o violazione della normativa applicabile al distacco dei lavoratori. Lo scambio delle informazioni avviene tramite il sistema di Informazioni del Mercato Interno (IMI), o per via telematica nel rispetto dei seguenti termini:

a) entro due giorni lavorativi dalla ricezione della richiesta nei motivati e comprovati casi di urgenza;

b) entro venticinque giorni lavorativi dalla ricezione della richiesta in tutti gli altri casi.

L'impresa che distacca lavoratori in Italia ha l'obbligo di comunicare il distacco al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali entro le ore ventiquattro del giorno antecedente l'inizio del distacco, e di comunicare tutte le successive modificazioni entro cinque giorni. La comunicazione preventiva di distacco deve contenere le seguenti informazioni:

a) dati identificativi dell'impresa distaccante;

b) numero e generalità dei lavoratori distaccati;

c) data di inizio, di fine e durata del distacco;

d) luogo di svolgimento della prestazione di servizi;

e) dati identificativi del soggetto distaccatario;

f) tipologia dei servizi;

g) generalità e domicilio eletto dei referenti del datore di lavoro distaccante;

i) numero del provvedimento di autorizzazione all'esercizio dell'attività di somministrazione, ove l'autorizzazione sia richiesta dalla normativa dello Stato di stabilimento.

Per le violazioni attinenti a tali comunicazioni è prevista la sanzione amministrativa pecuniaria da 150 a 500 euro, per ogni lavoratore interessato.

Come successivamente disciplinato dal Decreto Ministeriale attuativo del 10 agosto 2016 (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali), le suddette comunicazioni si effettuano utilizzando il modello “UNI_DISTACCO_UE”, reperibile presso il portale Web del dicastero, i cui dati sono resi accessibili all’INL, all’INPS e all’INAIL, con le modalità previste dal Codice per l’Amministrazione Digitale.

Durante il periodo del distacco e fino a due anni dalla sua cessazione, l'impresa distaccante ha poi l'obbligo di:

a) conservare, predisponendone copia in lingua italiana, il contratto di lavoro, i prospetti paga, i prospetti che indicano l'inizio, la fine e la durata dell'orario di lavoro giornaliero, la documentazione comprovante il pagamento delle retribuzioni, la comunicazione pubblica di instaurazione del rapporto di lavoro e il certificato relativo alla legislazione di sicurezza sociale applicabile; è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 3.000 euro per ogni lavoratore interessato; è in ogni caso fissato un massimale pari a euro 150.000 per il cumulo della presente con la precedente fattispecie sanzionatoria;

b) designare un referente elettivamente domiciliato in Italia incaricato di inviare e ricevere atti e documenti (in difetto, la sede dell'impresa distaccante si considera il luogo dove ha sede legale o risiede il destinatario della prestazione di servizi), nonché un referente con poteri di rappresentanza legale e contrattuale; è all’uopo prevista una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 6.000 euro.

Quando non sia possibile procedere alla notifica o al recupero applicando le disposizioni e le procedure previste dall'ordinamento interno, o comunque quando il provvedimento amministrativo o giudiziario non è soggetto a impugnazione, si attiva la procedura di notifica transnazionale per irrogare le sanzioni. Tale richiesta deve contenere i seguenti elementi:

a) le generalità, la residenza o il domicilio del destinatario ove diverso dalla residenza, e ogni altra informazione utile alla sua identificazione;

b) una sintetica esposizione dei fatti e delle circostanze della violazione, e la disciplina applicabile;

c) l'indicazione delle disposizioni che consentono l'esecuzione secondo l'ordinamento interno, e ogni altra informazione o documento, anche di natura giudiziaria, concernente la sanzione amministrativa pecuniaria e le eventuali impugnazioni;

d) i dati identificativi dell'Autorità amministrativa o giudiziaria competente al gravame sulla sanzione amministrativa pecuniaria e, se diversa, dell'Autorità competente a fornire ulteriori informazioni sulla sanzione o sulle possibilità di impugnazione;

inoltre:

a) nel caso di richiesta di notifica di un provvedimento o di altro documento pertinente, lo scopo della notifica e il termine entro il quale deve essere eseguita;

b) nel caso di richiesta di recupero, la data in cui la sentenza o il provvedimento è divenuto esecutivo o definitivo, anche a seguito di una decisione non più soggetta a impugnazione, una descrizione della natura e dell'ammontare della sanzione amministrativa pecuniaria, con l'indicazione dello stato della procedura sanzionatoria, nonché delle modalità della notifica al trasgressore e all'obbligato in solido.

L'INL procede all'esecuzione quando l'Autorità adita comunica la mancata esecuzione, totale o parziale, o comunque quando detta Autorità rifiuta il riconoscimento.

L’intera normativa afferente il distacco in Italia di dipendenti stranieri è stata oggetto di precisazioni da parte dell’INL, nella sua Circolare N. 1 del 9 gennaio 2017. Si ritiene opportuno riproporre di seguito i punti più rilevanti che vengono evidenziati nel documento in questione.

Innanzitutto, si precisa che per lavoratore distaccato deve intendersi “il lavoratore abitualmente occupato in un altro Stato membro che per un periodo limitato, predeterminato o predeterminabile con riferimento a un evento futuro e certo, svolge il proprio lavoro in Italia”.

La normativa contempla tre diverse ipotesi di distacco temporaneo di lavoratori:

-          da parte di un’azienda avente sede in un diverso Stato membro presso una propria filiale situata in Italia;

-          da parte di un’azienda avente sede in un diverso Stato membro presso un’azienda italiana appartenente al medesimo gruppo di impresa (c.d. distacco infragruppo);

-          nell’ambito di un contratto di natura commerciale (appalto d’opera o di servizi, trasporto etc.), stipulato con un committente (impresa o altro destinatario) avente sede legale od operativa nel territorio italiano.

Vengono poi evidenziate alcune questioni di dubbia interpretazione concernenti soprattutto il settore del trasporto su strada, di merci o di passeggeri, precisando che i servizi che comportano il mero transito sul territorio italiano, ovvero il semplice attraversamento che non dia luogo ad attività di carico/scarico merci o imbarco/sbarco passeggeri, non configurano la fattispecie di distacco transnazionale e, conseguentemente, non comportano l’applicazione del Decreto 136/2016 e dei relativi obblighi; ciò in ragione della circostanza che in tali ipotesi manca il presupposto della prestazione transnazionale di servizi in favore di un destinatario operante in territorio italiano.

Particolare attenzione viene posta riguardo a potenziali ipotesi di distacco non “autentico”, cui occorre indirizzare la principale attività di controllo da parte dei funzionari ispettivi. Per accertare se nel caso concreto l'impresa distaccante svolga attività diverse da quelle di mera gestione o amministrazione del personale, e dunque non si tratti né di aziende fittizie (c.d. società di comodo o letter box companies), né di aziende che sebbene operative sul mercato si limitino alla mera fornitura non autorizzata di lavoratori, gli organi di vigilanza sono chiamati a verificare una serie di parametri indicati dal Legislatore, tra i quali risulta inserita anche una clausola di chiusura (ogni altro elemento utile alla valutazione complessiva), volta a evidenziare che si tratta di liste di valutazione dal carattere meramente esemplificativo.

La prestazione lavorativa, necessariamente di durata limitata, deve essere pertanto espletata nell’interesse e per conto dell’impresa distaccante, sulla quale continuano a gravare i tipici obblighi del datore di lavoro, ossia la responsabilità in materia di assunzione, la gestione del rapporto, i connessi adempimenti retributivi e previdenziali, nonché il potere disciplinare e di licenziamento. Inoltre – rammenta la circolare – il modello che attesta l’iscrizione dell’impresa straniera al sistema di sicurezza sociale nel Paese d’origine (c.d. ex Mod. E 101, oggi Mod. A1), non contiene informazioni né sulle condizioni di lavoro, né sull’adempimento degli obblighi retributivi e contributivi da parte dell’azienda, né notizie sull’effettiva sussistenza del rapporto di lavoro: si limita ad attestare l’obbligo per l’impresa distaccante di pagare i contributi esclusivamente nello Stato membro di stabilimento e non anche in quello ospitante. Ciò in quanto, dal punto di vista previdenziale, ai lavoratori distaccati nell’ambito di una prestazione transnazionale di servizi si applica il principio di “personalità” – opposto al principio di “territorialità”, vigente invece in materia di condizioni di lavoro – che consente di mantenere il regime contributivo (previdenziale e assistenziale) del Paese d’origine, per l’appunto mediante il rilascio dei Modelli A1 da parte del competente Istituto del medesimo Paese.

Ciò premesso, la circolare osserva che:

  1. la mancanza del Mod. A1, ovvero della relativa richiesta avente data certa, può indicare che la situazione non sia qualificabile come distacco genuino, costituendo uno degli elementi utili per la valutazione complessiva, peraltro non decisivo, potendo ciononostante l’operazione posta in essere risultare comunque genuina;
  2. la presenza del Mod. A1, ovvero della relativa richiesta avente data certa, analogamente, non esclude la possibilità per gli organi di vigilanza di accertare eventuali ipotesi di frode, abuso o elusione, in ragione del riscontro di profili che depongano in tal senso;
  3. laddove la durata del distacco sia superiore ai 24 mesi, o comunque si riscontrino ulteriori elementi che depongano per la non temporaneità del distacco stesso (esempio: ipotesi di reiterati distacchi con il medesimo lavoratore senza soluzione di continuità, ovvero con brevi intervalli, o nel caso in cui una pluralità di aziende distaccanti che fanno capo a uno stesso soggetto utilizzano il medesimo lavoratore per un periodo complessivamente superiore a quello ritenuto compatibile con la natura temporanea del distacco stesso), occorre in ogni caso effettuare una valutazione complessiva degli ulteriori elementi fattuali ai fini dell’accertamento di un distacco non autentico o fraudolento, non essendo normativamente fissato un limite temporale massimo superato il quale il distacco non sia da considerarsi autentico.

Le ipotesi di distacco non autentico sono configurabili ogniqualvolta il datore di lavoro distaccante e/o il soggetto distaccatario pongano in essere, per eludere la normativa nazionale in materia di condizioni di lavoro e sicurezza sociale, distacchi “fittizi” che possono essere riscontrati, a titolo esemplificativo, nei seguenti casi:

-          l’impresa distaccante è una società fittizia, non esercitando alcuna attività economica nel Paese di origine;

-          l’impresa distaccante non presta alcun servizio ma si limita a fornire solo il personale in assenza della relativa autorizzazione all’attività di somministrazione;

-          il lavoratore distaccato al momento dell’assunzione da parte dell’impresa straniera distaccante già risiede e lavora abitualmente in Italia;

-          il lavoratore distaccato, regolarmente assunto dall’impresa distaccante, è stato licenziato durante il periodo di distacco e, in assenza di una comunicazione di modifica della data di cessazione del periodo di distacco, lo stesso continua a prestare attività lavorativa, sostanzialmente in nero, presso l’impresa distaccataria.

Il personale ispettivo dovrà verificare l’autenticità del distacco posto in essere con riferimento a ogni singolo lavoratore coinvolto. È infatti possibile che, pur in presenza di un’operazione fraudolenta/abusiva riferita a una serie di lavoratori “pseudo-distaccati”, l’uso corretto dell’istituto sia riscontrabile con riferimento alla posizione di uno o altri lavoratori, parimenti indicati nella comunicazione preventiva di distacco, o comunque indicati come tali dal prestatore di servizi straniero.

Le fattispecie di distacco non autentico possono ricomprendere o anche coincidere con le note ipotesi di interposizione illecita di cui al D.Lgs. 276/2003 (appalto, distacco e somministrazione illeciti/non genuini), ma non devono necessariamente identificarsi con queste ultime. L’interposizione illecita, anche se spesso ricorrente, costituisce infatti soltanto una delle ipotesi integranti la fattispecie di distacco transnazionale non autentico. Potrebbe essere riscontrato un distacco fittizio, ma non l’interposizione illecita o l’appalto non genuino, laddove l’operazione posta in essere risulti carente dell’elemento della transnazionalità e non invece dei requisiti di liceità richiesti dall’art. 29, c. 1, D.Lgs. 276/2003 (si pensi a lavoratori “distaccati” che al momento dell’assunzione da parte dell’impresa straniera già risiedono e lavorano nel luogo di svolgimento dell’attività in distacco).

La fattispecie sopra descritta può risultare, inoltre, dalla circostanza che l’azienda straniera che formalmente distacca i lavoratori abbia costituito di fatto una filiale sul territorio nazionale, sempre che il personale ispettivo riscontri un minimo di organizzazione di mezzi e/o di persone ovvero locali, uffici, reparti, sedi operative/produttive, in ragione delle quali l'impresa eserciti e/o gestisca un'attività su base stabile e continuativa, e possa di conseguenza considerarsi stabilita in Italia. In tal caso, peraltro, l’azienda dovrà ottemperare agli obblighi previsti dalla legge italiana per la tenuta dei documenti in materia di lavoro.

A parere di chi scrive, la locuzione “stabilita in Italia” non deve qui trarre in errore, lasciando intendere che debba identificarsi in ciò una “stabile organizzazione” in Italia di soggetto non residente. Il fatto che non sussistano tutti i presupposti prescritti dall’OECD Model Tax Convention per poter parlare di “stabile organizzazione”, infatti, non esime affatto dall’applicazione delle leggi nazionali in materia di lavoro, laddove vi siano quegli elementi organizzativi minimi di base appena prima individuati dalla circolare.

Laddove risulti dimostrata una fattispecie di pseudo distacco, il personale ispettivo dovrà applicare la disciplina italiana, riconducendo il rapporto di lavoro in capo al distaccatario dal giorno di inizio dell’attività svolta in “pseudo-distacco” (committente/utilizzatore). Ai fini dell’imputazione previdenziale del lavoratore alla gestione INPS va comunque tenuto presente che sarà necessario procedere al disconoscimento del Mod. A1. Infatti, in tali casi, contraddistinti da operazioni riconducibili formalmente alla fattispecie del distacco transnazionale, ma in realtà consistenti in mere pratiche di invio fraudolento di manodopera, non risulta possibile agire in via automatica per l’applicazione della disciplina previdenziale nazionale con conseguente iscrizione del lavoratore all’INPS. A tale scopo, occorre sempre attivare la specifica procedura di annullamento / disconoscimento del certificato A1 (Corte di Giustizia 10.02.2000, causa C-202/97). In merito appare comunque opportuno, anche al fine di interrompere il decorso della prescrizione, quantificare fin da subito, nel corpo del verbale di accertamento, gli imponibili contributivi e determinare le sanzioni civili dovute.

Dopo aver ricordato che l’applicazione della sanzione amministrativa non è condizionata all’attivazione e definizione della procedura di disconoscimento del certificato A1 (necessaria ai fini del recupero dei contributi previdenziali secondo la legislazione italiana), l’INL fornisce uno dei principali chiarimenti che si attendeva riguardo al tipo di sanzioni irrogabili:

Si sottolinea, infine, come il distacco non autentico non risulti comunque assimilabile alla fattispecie di “lavoro nero” con esclusione pertanto delle relative conseguenze sanzionatorie. L’eventuale impiego in “nero” dei lavoratori già interessati da una procedura di distacco potrà invece configurarsi nel caso in cui l’impiego degli stessi da parte dell’utilizzatore prosegua anche dopo la comunicazione di cessazione anticipata del distacco (esempio: nel caso di licenziamento del lavoratore nel corso del distacco).

Viene, poi, specificato cosa si intende con paritetici livelli minimi di lavoro e di occupazione. Nel dettaglio, si intende riferirsi a:

-          periodi massimi di lavoro e minimi di riposo;

-          durata minima delle ferie annuali retribuite (con le eccezioni previste dal decreto nel settore edile);

-          tariffe minime salariali, comprese le tariffe maggiorate per lavoro straordinario;

-          salute, sicurezza e igiene sui luoghi di lavoro;

-          non discriminazione tra uomo e donna;

-          condizioni di cessione temporanea di lavoratori da parte delle agenzie di somministrazione.

Al fine, inoltre, di garantire un’adeguata tutela economica ai lavoratori distaccati nel territorio italiano, il salario minimo deve ricomprendere le seguenti voci retributive:

-          paga base;

-          elemento distinto della retribuzione (voce retributiva collegata, coma la paga base, alla qualifica contrattuale);

-          indennità legate all’anzianità di servizio (se collegate all’inquadramento contrattuale in gruppi retributivi e/o alla natura del lavoro svolto);

-          superminimi (individuali o per gruppi di lavoratori se collegati all’inquadramento contrattuale in gruppi retributivi e/o alla natura del lavoro svolto);

-          retribuzioni corrispettive per prestazioni di lavoro straordinario, notturno e festivo;

-          indennità di distacco (se compensative del disagio dovuto all’allontanamento dei lavoratori dal loro ambiente abituale);

-          indennità di trasferta.

Altra questione particolarmente delicata e la previsione normativa in merito alla responsabilità solidale tra appaltatore e committente. Nelle ipotesi di una prestazione transnazionale di servizi attuata mediante contratto di appalto o subappalto (in particolare, nei casi di appalto di opere o di servizi), il committente imprenditore o datore di lavoro risponde in solido con l'appaltatore e con ciascuno degli eventuali subappaltatori per i crediti retributivi (comprese le quote di trattamento di fine rapporto), contributivi, e i premi assicurativi maturati nel periodo di esecuzione del contratto di appalto. La responsabilità solidale potrà essere attivata dal lavoratore entro e non oltre i due anni dalla cessazione dell’appalto, e troverà applicazione in tutti i settori economico / produttivi, coinvolgendo ciascun soggetto della filiera, ovvero, sia il committente che l’appaltatore, nonché gli eventuali subappaltatori.

Con specifico riferimento alla disciplina in materia di trasporto di cose per conto terzi, a esempio, la norma richiamata prevede una particolare forma di due diligence in base alla quale il committente o il vettore (rectius, sub-vettore), al fine di scongiurare il vincolo solidale, è tenuto a verificare, prima della stipula del contratto, la regolarità retributiva, previdenziale e assicurativa dell’imprenditore cui intende rivolgersi per l’esecuzione della prestazione. A tale scopo, occorre acquisire, all’atto della conclusione del contratto, un’attestazione rilasciata dagli enti previdenziali del Paese di provenienza, di data non anteriore a tre mesi, dalla quale risulti che l’azienda è in regola con il versamento dei contributi assicurativi e previdenziali (documento equivalente al DURC). Ciò in considerazione del fatto che le nuove modalità di riscontro telematico non sono attuabili nei casi di distacco transnazionale (l'albo nazionale concerne solo soggetti con sede in Italia).

Al fine di tutelare i crediti retributivi vantati dai lavoratori in regime di distacco comunitario, il personale ispettivo può adottare la diffida accertativa, ex art. 12, D.Lgs. 124/2004. Ci piace sul punto rimarcare come l’INL evidenzi le indubbie difficoltà pratiche già da noi ipotizzate in altro nostro precedente intervento circa l’efficacia pratica di talune fattispecie sanzionatorie:

Si ritiene che la diffida accertativa possa essere comunicata anche al distaccatario/committente/utilizzatore stabilito in Italia, in qualità di obbligato solidale, nei confronti del quale peraltro non avrà comunque efficacia di titolo esecutivo.

Con riferimento, ancora, alle specifiche misure volte a prevenire e contrastare fenomeni elusivi e abusi in materia di distacco transnazionale di lavoratori, tra i vari adempimenti prescritti dal decreto, la circolare pone in particolare l’accento sui seguenti aspetti:

-          l’obbligo di conservare, in lingua italiana, la documentazione in materia di lavoro (contratto di lavoro o equipollente, prospetti paga, prospetti che indicano l'inizio, la fine e la durata dell'orario di lavoro giornaliero, documentazione comprovante il pagamento delle retribuzioni, il certificato relativo alla legislazione di sicurezza sociale applicabile – mod. A1 – e la comunicazione/registrazione pubblica di instaurazione del rapporto di lavoro), per tutto il periodo del distacco e fino a due anni dalla sua cessazione, adottando come parametro di riferimento il termine di decadenza previsto per la responsabilità solidale del committente;

-          l’obbligo di designare un referente elettivamente domiciliato in Italia, incaricato di esibire, inviare e ricevere documenti, fermo restando che il soggetto destinatario degli obblighi previsti dalla legge e degli eventuali provvedimenti sanzionatori, resta comunque il solo prestatore dei servizi e mai il menzionato referente;

-          l’obbligo di designare una persona, anche coincidente con quella di cui sopra, che agisca in qualità di rappresentante legale, che peraltro non ha l’obbligo di essere presente nel luogo di svolgimento dell’attività lavorativa in distacco, ma deve rendersi disponibile in caso di richiesta motivata.

Infine, sempre con riferimento al sistema sanzionatorio, giunge un ulteriore interessante chiarimento:

L’obbligo di conservazione, di cui all’art. 10, comma 3, lett. a),

[contratto di lavoro, prospetti paga, prospetti che indicano l'inizio, la fine e la durata dell'orario di lavoro giornaliero, documentazione comprovante il pagamento delle retribuzioni, comunicazione pubblica di instaurazione del rapporto di lavoro, certificato relativo alla legislazione di sicurezza sociale applicabile]

è da ritenersi direttamente finalizzato all’esibizione agli organi di vigilanza di copia in lingua italiana della documentazione ivi contemplata. Pertanto, la relativa violazione è configurabile, sia nel caso di mancata esibizione, sia nell’ipotesi di consegna di documenti non tradotti in lingua italiana. 

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