Paolo Soro

Buoni pasto, nessuna ritenuta anche in modalità “smart working”

La disposizione che disciplina la loro erogazione, in linea con l’estendersi della flessibilità lavorativa, non fissa regole restrittive su rapporti e articolazioni dell’orario di lavoro.

Con la risposta n. 123 del 22 febbraio 2021, l’Agenzia delle entrate chiarisce quale sia il corretto trattamento fiscale cui sottoporre i servizi sostitutivi delle somministrazioni di vitto ai dipendenti che svolgono l’attività in modalità di “lavoro agile”.

Un ente bilaterale, per arginare la diffusione del Coronavirus e limitare i contagi all’interno degli ambienti lavorativi, da aprile 2020 ha introdotto lo smart working come prestazione lavorativa per i propri dipendenti. L’istante chiede se i buoni pasto assegnati ai “lavoratori agili” in sostituzione del servizio mensa concorrano alla formazione del reddito di lavoro dipendente e se, in tal caso, in qualità di sostituto di imposta, sia tenuto a operare la relativa ritenuta d'acconto Irpef.

L’ente ritiene che i buoni pasto erogati, in smart working come in presenza, non vadano sottoposti a ritenuta d’acconto perché non rappresentano, salvo eccezioni, una parte della retribuzione corrisposta al lavoratore (articolo 6, comma 3, Dl n. 333/1992), ma rientrano tra i servizi sostitutivi della mensa e in quanto tali parzialmente esenti, secondo quanto previsto dall’articolo 51, comma 2, lettera c) Tuir).

L’Agenzia delle entrate condivide la soluzione dell’ente e articola la sua risposta riagganciandosi, in primis, proprio a quest’ultima disposizione nominata dall’istante. La norma esenta dall’imposta sui redditi, per intero o in parte, la somministrazione diretta (anche tramite terzi) dei pasti, o anche le indennità o le prestazioni sostitutive della mensa come i buoni pasto, esenti fino a 4 euro giornalieri se cartacei, fino a 8 euro se elettronici.

Scopo dell’agevolazione è detassare le erogazioni ai dipendenti finalizzate a soddisfare le esigenze alimentari del personale che durante l'orario di lavoro deve consumare il pasto (risoluzione n. 118/2006).

La prestazione di servizi sostitutivi di mensa, sotto forma di buoni pasto, ha rilevanza reddituale.

Nello specifico, l’articolo 4 del decreto Mise n. 122/2017, prevede che i buoni pasto

a) consentono al titolare di ricevere un servizio sostitutivo di mensa di importo pari al valore facciale del buono pasto;

b) consentono all'esercizio convenzionato di provare documentalmente l'avvenuta prestazione nei confronti delle società di emissione

c) sono utilizzati esclusivamente dai prestatori di lavoro subordinato, a tempo pieno o parziale, anche qualora l'orario di lavoro non prevede una pausa per il pasto, nonché dai soggetti che hanno instaurato con il cliente un rapporto di collaborazione anche non subordinato;

d) non sono cedibili, né cumulabili oltre il limite di otto buoni, né commercializzabili o convertibili in denaro e sono utilizzabili solo dal titolare;

e) sono utilizzabili esclusivamente per l'intero valore facciale.

 

Dalla lettura della norma emerge, come precisato anche con la risoluzione n. 118/2006 su menzionata, che i buoni pasto possono essere corrisposti con molta elasticità. Il datore di lavoro può assegnarli ai dipendenti assunti sia a tempo pieno che a tempo parziale e anche se l'articolazione dell'orario di lavoro non prevede una pausa per il pranzo. Confini così ampi sono determinati dalla consapevolezza che sempre più stanno affermandosi forme lavorative flessibili.

L’Agenzia osserva che pur non essendo la disposizione riportata dall’articolo 4 del Dm n. 122/2017 di natura tributaria, essa assume rilevanza fiscale dal momento in cui fa riferimento alle stesse prestazioni sostitutive del servizio mensa, considerate esenti dall’articolo 51, comma 2, lettera c), del Tuir.

L’Agenzia osserva che la mancanza di vincoli alla possibilità di erogare buoni pasto da parte del datore di lavoro, fa ritenere che, a prescindere dall’orario e dalle modalità di lavoro attuate, a tali prestazioni sostitutive del servizio di mensa possa essere applicato il regime di parziale imponibilità previsto dalla lettera c), comma 2, dell'articolo 51 del Tuir.

Ritornando al caso in esame, quindi, i ticket non concorrono alla formazione del reddito di lavoro indipendente, di conseguenza l’istante non deve operare alcuna ritenuta alla fonte Irpef sul valore dei buoni pasto fino a euro 4, se cartacei, ovvero euro 8 euro se elettronici, anche se erogati a lavoratori in smart working.

Fonte: Fisco-Oggi

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