Paolo Soro

Negli Emirati Arabi Uniti la sostanza economica è ora realtà

La pubblicazione delle linee guida completa il processo di allineamento agli standard richiesti da Ocse e UE e porta in dote l'esclusione dalla black list europea.

Il percorso di allineamento della tassazione dei profitti alla sostanza delle attività svolte fa tappa negli Emirati Arabi (UAE). Dopo aver introdotto nell'ordinamento tributario nuove previsioni normative sul principio di attività economica effettiva la scorsa primavera, l’11 settembre sono arrivate le linee guida per la loro applicazione pratica. Un cambiamento significativo che è valso per gli Emirati arabi uniti la fuoriuscita dalla lista Ue sulle giurisdizioni non cooperative dal punto di vista fiscale, avallata dall’Ecofin nella seduta del 10 ottobre.

La Risoluzione n. 31 del 30 aprile 2019 ha introdotto nell'ordinamento tributario le disposizioni sulla sostanza economica delle attività con sede negli Emirati Arabi. Il perimetro di applicazione coinvolge gli operatori (persone fisiche o giuridiche) che esprimono core income generating activities (CIGA) provenienti da quelle che la norma individua come attività rilevanti, riconducibili a 9 settori: banche, assicurazioni, gestione fondi, leasing finanziario, capogruppo (headquarter), holding di investimento, navigazione, proprietà intellettuale, distribuzione (centro servizi). Sono esclusi i soggetti direttamente o indirettamente controllati dal Governo o le attività subordinate all'autorità governativa. Le prove (test) da superare sono 3 e riguardano: la direzione e gestione della società in UAE, lo svolgimento dell'attività principale in UAE e la presenza di una adeguata struttura operativa (personale qualificato, locali e livello di spese operative).

Chi svolge una delle attività rilevanti dovrà informare l'autorità competente indicando anche la quota del reddito che sconta imposizione in un'altra giurisdizione e il termine del periodo d'imposta. Inoltre, dovrà presentare annualmente, entro 12 mesi dall’ultimo giorno del periodo d’imposta che inizia dopo il 1° gennaio 2019, un report nel quale dare evidenza della tipologia di attività svolta, del reddito conseguito, delle spese operative e delle informazioni sul personale. Sono previste sanzioni crescenti (diverse per il primo esercizio e per quelli successivi) per chi non rispetterà i requisiti e per coloro i quali non trasmetteranno le informazioni richieste dall'autorità competente.

Per il Paese della penisola araba, la svolta epocale è stata resa concreta dalla pubblicazione, con la Decisione Ministeriale n. 215 del 11 settembre 2019, delle linee guida che forniscono ulteriori indicazioni per il raggiungimento delle condizioni richieste dalla norma. In apertura il documento si preoccupa di definire l’ambito soggettivo e i casi di esenzione. Questi ultimi, in particolare, devono essere caratterizzati dalla presenza di un organismo governativo per una percentuale pari o superiore al 51% del capitale sociale. Le linee guida proseguono con l'approfondimento dei test sulla sostanza economica. Le riunioni del consiglio di amministrazione (almeno una per anno d’imposta) costituiscono una valida prova per superare il test sulla direzione e gestione dell’attività. Tra gli elementi da valorizzare, la forma scritta, il rispetto del quorum costitutivo, la presenza fisica in UAE e il profilo professionale dei manager. Nell’ultima parte, invece, sono presenti specifiche indicazioni per alcune attività rilevanti (holding company, headquarter business e proprietà intellettuale).

L'adozione delle nuove misure è stata fortemente incentivata da una duplice condizione: l'indagine del Code of conduct group (Cogc) il gruppo di lavoro in ambito Ue incaricato di valutare il grado di cooperazione fiscale delle giurisdizioni estere ai fini dell’aggiornamento costante della lista nera Ue, e l'attività di studio e monitoraggio realizzata all’interno dell'Action 5 del progetto Beps (base erosion and profit shifting) di Ocse/G20. Sotto il primo profilo, le conclusioni formulate dal Cogs aveva portato il Consiglio dell’Unione Europea a inserire gli Emirati Arabi Uniti all'interno della lista Ue dei Paesi non collaborativi in materia fiscale fin dalla sua prima emanazione, il 5 dicembre 2017, e a mantenerne la presenza successivamente. Proprio sul fronte europeo non si sono fatti attendere i primi effetti positivi della nuova disciplina emiratense introdotta nel 2019. Nella riunione dell'Ecofin del 10 ottobre, infatti, il Paese è stato definitivamente cancellato dalla black list europea. Un immediato ritorno in termini di immagine a livello internazionale e nello sviluppo dei rapporti commerciali. Restano tuttavia ancora da migliorare trasparenza e scambio di informazioni.

Oltre alla forza deterrente della black list europea, l’altro elemento propulsivo per l’approvazione della novità normativa è stato il processo di cambiamento promosso in ambito internazionale dall'Ocse. L'impegno dell'Organizzazione di Parigi nei confronti di paradisi fiscali e regimi preferenziali era iniziata con un report del 1998 nel quale veniva affrontata in particolare la tematica della competizione fiscale tra Stati. L'azione di contrasto alle pratiche fiscali dannose è entrata successivamente anche nel progetto Beps con un richiamo che l'Action 5 ha rivolto nei confronti del Forum on Harmful Tax Practices per l'implementazione dei concetti di trasparenza e sostanza economica. Il 5 dicembre 2017, con l'obiettivo di promuovere la good governance e il contrasto ai fenomeni di evasione fiscale, il Consiglio Ue approvò la prima lista di Paesi (terzi) non collaborativi sotto i profili di trasparenza fiscale, equa imposizione ed implementazione dei principi anti Beps includendo gli Emirati Arabi proprio per l’assenza dello standard minimo Beps riguardante il principio di sostanza economica. La risposta del Paese fu stata quella di entrare a far parte dell'Inclusive Framework on Beps il 16 maggio 2018, divenendo la 116esima giurisdizione a partecipare ai lavori del network finalizzati ad implementare le conclusioni raggiunte nei final report del progetto Ocse. L'annessione al gruppo di lavoro ha garantito alcuni vantaggi al Paese come la facilità nel raggiungimento degli standard minimi, il monitoraggio del processo di adeguamento e la fase di supporto. L'approvazione delle disposizioni sulla sostanza economica ha creato i presupposti per l'eliminazione dalla black list UE, concretizzata il 10 ottobre scorso dopo che il Cocg aveva espresso alcune riserve sulla qualificazione dei soggetti esenti, riserve superate con l'indicazione della quota di partecipazione da parte di organismi governativi.

L'introduzione dei requisiti di sostanza economica è sicuramente una notizia significativa. Ancora più importanti sono gli effetti che tale novità avrà nel panorama internazionale. Ma c'è ancora da lavorare sul fronte della trasparenza e dello scambio di informazioni. Il Paese è stato segnalato nell'ambito del Common Reporting Standard (CRS) per la presenza di schemi che consentono di ottenere la residenza attraverso investimenti locali. Al momento il Paese non ha chiarito la propria posizione con l'Ocse in merito alla presenza di tali istituti che potrebbero avere, come conseguenza, quella di aggirare lo scambio automatico di informazioni in ambito finanziario con il Paese di effettiva residenza del titolare effettivo. Il lavoro verso una maggiore trasparenza in materia fiscale, quindi, non è ancora completato.

Fonte: Fisco-Oggi

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