Paolo Soro

Parte la mini-voluntary per gli ex AIRE

Con la Circolare N. 13/E del 13 giugno 2018, l’Agenzia delle Entrate ha fornito le indicazioni operative relative al nuovo art. 5-septies, DL 148/2017 (convertito nella Legge 172/2017), recante “Disposizioni in materia di collaborazione volontaria per l’emersione di redditi prodotti all’estero”.

L’Agenzia ricorda che la procedura consente di regolarizzare le “attività depositate” e le “somme detenute sui conti correnti e sui libretti di risparmio” all’estero, alla data del 6 dicembre 2017 (derivanti da redditi di lavoro dipendente e/o autonomo ivi svolto), per le quali il contribuente era soggetto agli obblighi di monitoraggio fiscale, non correttamente assolti in passato.

Stante il riferimento puntuale della norma alla data del 6 dicembre 2017, l’accesso alla procedura è consentito solo se, a tale data, il contribuente avesse ancora in essere con l’intermediario il rapporto finanziario relativo alle attività e alle somme da regolarizzare, indipendentemente dal valore dell’attività e della giacenza alla medesima data. Non rientrano, quindi, nell’ambito della procedura le attività di cui ai rapporti chiusi prima di questa data né, inoltre, quelle attività detenute in uno Stato estero diverso da quello di origine del reddito di lavoro autonomo o dipendente. Deve trattarsi, infatti, di attività e somme che derivano da redditi di lavoro prodotti nel medesimo Stato in cui le stesse sono depositate o detenute, rientranti nelle categorie di lavoro dipendente e lavoro autonomo.

Nell’ambito di applicazione della procedura rientrano altresì le somme derivanti dalla vendita di beni immobili posseduti nello Stato estero nel quale è stata prestata l’attività lavorativa in via continuativa, purché tali somme abbiano generato attività finanziarie detenute nel medesimo Stato estero non dichiarate ai fini del monitoraggio fiscale. Restano, pertanto, esclusi dall’ambito di applicazione della procedura gli immobili e, in generale, gli investimenti patrimoniali nonché le attività e le somme derivanti da redditi prodotti all’estero aventi natura diversa da quelli espressamente previsti dalla norma (quali, a esempio, quelli d’impresa).

L’Agenzia, inoltre, precisa che le violazioni in materia di imposte sui redditi sono regolarizzabili solo per le stesse annualità in cui sono state commesse le violazioni di monitoraggio fiscale, che costituiscono il presupposto oggettivo necessario affinché le attività detenute all’estero possano essere sanate tramite la procedura.

Oltre alle violazioni dichiarative in materia di imposte sui redditi (Irpef, relative addizionali regionali e comunali, e imposte sostitutive dell’Irpef), oggetto di regolarizzazione possono essere anche le violazioni dichiarative inerenti all’imposta sul valore delle attività finanziarie all’estero (IVAFE). Qualora, nello stesso periodo d’imposta oggetto di regolarizzazione, siano state commesse anche violazioni dichiarative rilevanti ai fini delle imposte sui redditi e/o dell’IVAFE, le stesse devono necessariamente essere ricomprese nell’ambito della procedura.

Viceversa, non possano essere regolarizzate le violazioni inerenti all’imposta sul valore degli immobili situati all’estero (IVIE). Questo, perché, con riferimento agli immobili, rilevano solo le attività finanziarie derivanti dall’eventuale vendita di tali immobili, presumibilmente acquisiti in precedenza coi redditi di lavoro dipendente e/o autonomo svolto all’estero (non gli immobili fini a sé stessi). Siffatta precisazione – come avremo modo di vedere in sede di conclusioni del presente contributo – merita particolare attenzione e potrebbe comportare ulteriori adempimenti per i contribuenti interessati.

La procedura di mini-voluntary è caratterizzata da un ambito applicativo più ristretto rispetto a quello della voluntary disclosure, e non è applicabile per regolarizzare attività e somme che sono state già oggetto di collaborazione volontaria. A tale ultimo proposito, l’Agenzia precisa che il mancato perfezionamento della voluntary disclosure in presenza di cause di inammissibilità, o in caso di improcedibilità della stessa, non può avere l’effetto di precludere l’accesso all’odierna procedura. Invece, non ne possono essere oggetto quelle attività inserite nella precedente voluntary disclosure che non si sia perfezionata per il mancato pagamento delle somme.

Sempre in tema di cause di inammissibilità, sicuramente non possono attivare la procedura coloro a cui è stato notificato un avviso di accertamento o un atto di contestazione delle sanzioni tributarie. La mini-voluntary resta, viceversa, percorribile in ipotesi di notifica di “inviti”, “richieste” e “questionari” (ex art. 32, DPR 600/1973), come pure di invito al contraddittorio (ex art. 5, DLGS 218/1997), o ancora in caso di consegna di un processo verbale di constatazione. Non costituiscono, inoltre, cause di inammissibilità, sia la comunicazione derivante dalla liquidazione delle imposte in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti (ex art. 36-bis), sia quella derivante dal controllo formale delle medesime dichiarazioni (ex art. 36-ter). Tutto ciò, tenendo presente che l’effetto preclusivo riguarda soltanto le annualità interessate da tali attività di accertamento amministrativo: le altre annualità possono essere oggetto della procedura. Ovviamente, poi, detto effetto preclusivo non si realizza se l’attività accertativa è relativa a un tributo diverso (esempio: l’IVA o l’IVIE) rispetto a quelli oggetto della procedura.

Passando, ora, ad analizzare l’ambito soggettivo di applicazione della norma, il Legislatore ha inteso circoscriverlo soltanto alle seguenti categorie di contribuenti:

a) persone fisiche fiscalmente residenti in Italia che, in precedenza, risultavano residenti all’estero e iscritte all’ AIRE;

b) persone fisiche fiscalmente residenti in Italia che abbiano prestato la propria attività lavorativa, in via continuativa, all’estero, in zona di frontiera o in Paesi limitrofi (soggetti ex frontalieri).

La procedura è, quindi, rivolta ai contribuenti iscritti all’AIRE, successivamente rientrati in Italia, o agli ex frontalieri che – a partire dal periodo di imposta in cui è stata riacquisita la residenza fiscale (nel caso degli ex AIRE), o in cui sono venute meno le condizioni di esonero dall’obbligo di compilazione del modulo RW (nel caso degli ex frontalieri) – non hanno correttamente adempiuto agli obblighi di monitoraggio fiscale a cui erano tenuti relativamente alle attività finanziarie e alle somme, originate dal reddito prodotto all’estero di lavoro dipendente e/o autonomo, detenute nello Stato ove veniva prestata in via continuativa l’attività lavorativa.

Occorre, peraltro, richiamare l’attenzione sulla circostanza che il requisito soggettivo della residenza fiscale in Italia (nel caso dei soggetti ex AIRE), o della non operatività delle condizioni di esonero dal modulo RW (nel caso degli ex frontalieri), non deve sussistere con riferimento al periodo di imposta di entrata in vigore della norma (2017). Per l’accesso alla procedura è, quindi, sufficiente che i presupposti soggettivi e oggettivi previsti, si siano verificati per almeno un periodo di imposta potenzialmente regolarizzabile, non essendo invece necessario che lo status di soggetto fiscalmente residente in Italia, ovvero che la condizione di non operatività dell’esonero dagli obblighi di monitoraggio spettante ai frontalieri, permangano ancora per il 2017 (ferma restando la condizione indicata inizialmente, circa l’esistenza con l’intermediario del rapporto finanziario relativo alle attività e alle somme da regolarizzare, alla data del 2017).

Esempio: contribuente fiscalmente residente all’estero e iscritto all’AIRE fino all’anno 2013, che abbia riacquisito la residenza fiscale in Italia a partire dal periodo di imposta 2014, e che nel 2017 sia ritornato a essere iscritto all’AIRE. Detto contribuente, sebbene nel 2017 non sia fiscalmente residente in Italia, può presentare istanza di accesso alla procedura per regolarizzare i periodi di imposta 2014, 2015 e 2016, ovviamente sempreché ricorrano gli ordinari requisiti soggettivi e oggettivi richiesti dalla norma con riferimento alle suddette annualità.

Giova, altresì, ricordare che, alla procedura, possono accedere pure gli eredi delle categorie di contribuenti sopra indicati, nel caso in cui l’autore della violazione sia deceduto anteriormente all’avvio della procedura.

Ulteriori importanti precisazioni sono fornite dall’Agenzia delle Entrate pure in merito alle annualità che possono formare oggetto della mini-voluntary. In proposito, la Circolare afferma che la procedura di regolarizzazione riguarda i periodi d’imposta per i quali, alla data di presentazione della richiesta, non sono decaduti i termini per la contestazione e per l’accertamento delle violazioni oggetto della procedura.

Ergo, in via ordinaria, rientrano nella procedura le violazioni commesse, per i periodi d’imposta dal 2012 al 2016, e le eventuali violazioni dichiarative ai fini delle imposte sui redditi e/o dell’IVAFE, commesse per i periodi di imposta dal 2013 al 2016. Mentre, in caso di omessa presentazione della dichiarazione, possono essere regolarizzate anche le violazioni della medesima specie commesse per il periodo di imposta 2012.

Nella procedura rientrano, inoltre:

-          le violazioni dichiarative in materia di monitoraggio fiscale relative ad attività depositate e somme detenute nei Paesi c.d. black list, e ai periodi di imposta a partire dal 2007;

-          le violazioni dichiarative inerenti ai redditi derivanti dalle attività depositate e dalle somme detenute in Paesi c.d. black list e non dichiarati nei periodi d’imposta a partire dal 2009 (in caso di dichiarazione presentata) o dal 2007 (in caso di dichiarazione omessa).

I termini per l’accertamento e per la notifica dell’atto di contestazione, pendenti al 1° gennaio 2018, slittano al 30 giugno 2020, relativamente alle somme e alle attività oggetto della procedura.

Da un punto di vista operativo, il contribuente che intende accedere alla procedura deve presentare, esclusivamente per via telematica entro il 31 luglio 2018, la richiesta di accesso alla stessa, utilizzando lo specifico modello approvato. Gli istanti devono dichiarare, sotto la propria responsabilità, che le attività che intendono regolarizzare derivano da redditi di lavoro dipendente e/o di lavoro autonomo svolto in via continuativa all’estero, ovvero dalla vendita di beni immobili posseduti nello Stato estero di prestazione della propria attività lavorativa. L’istanza si considera presentata nel momento in cui è conclusa la ricezione dei dati da parte dell’Agenzia delle Entrate. La prova della presentazione è costituita dalla comunicazione della stessa Agenzia attestante l’avvenuta ricezione, mediante una ricevuta che è resa disponibile per via telematica entro i cinque giorni lavorativi successivi a quello del corretto invio del file.

Appare importante tenere presente che, tra le condizioni imprescindibili da rispettare, vi è l’obbligo di corredare la richiesta con una relazione di accompagnamento (anch’essa da trasmettere entro il 31 luglio 2018), che ne costituisce parte integrante e che deve rappresentare analiticamente:

-          l’ammontare delle attività finanziarie depositate e delle somme detenute oggetto di regolarizzazione, nonché i dati rilevanti per la loro determinazione;

-          l’ammontare dei redditi di lavoro dipendente e/o autonomo prodotti all’estero, da cui derivano le attività depositate o le somme detenute;

-          il corrispettivo della vendita dei beni immobili posseduti nello Stato estero di prestazione della propria attività lavorativa in via continuativa, nel caso in cui le attività depositate o le somme detenute da regolarizzare derivano dalla vendita di tali beni immobili;

-          il valore delle attività e della giacenza al 31 dicembre 2016, ovvero, nel caso in cui il suddetto valore a tale data sia pari a zero o negativo, al 31 dicembre dell’anno immediatamente precedente al 2016 con valore e giacenza superiori a zero;

-          l’individuazione degli eventuali maggiori imponibili rilevanti ai fini delle imposte sui redditi (Irpef, relative addizionali regionali e comunali, e imposte sostitutive dell’Irpef) e/o dell’IVAFE, in relazione ai quali sono state commesse violazioni dichiarative da regolarizzare con la mini-voluntary.

La documentazione va trasmessa all’indirizzo di posta elettronica certificata indicato nella ricevuta con cui l’Agenzia delle Entrate attesta l’avvenuta trasmissione dell’istanza. Per effetto dei citati tempi tecnici per il rilascio della ricevuta, qualora l’istanza sia stata presentata dopo il 26 luglio 2018, l’inoltro della relazione può avvenire nei successivi 5 giorni.

La Circolare, inoltre, chiarisce che la procedura si perfeziona con il versamento del 3%, a titolo di imposte, sanzioni e interessi, del valore delle attività e della giacenza al 31 dicembre 2016 delle somme oggetto di regolarizzazione. Qualora il valore delle attività e della giacenza al 31 dicembre 2016 sia pari a zero o negativo, ai fini della determinazione degli importi su cui applicare l’aliquota del 3%, occorre considerare il valore e la giacenza al 31 dicembre dell’anno immediatamente precedente al 2016, in cui almeno una di tali voci (valore o giacenza) sia positiva o sia superiore a zero.

I contribuenti devono autoliquidare tale imposta provvedendo al versamento delle somme dovute tramite modello F24 Elide. Il versamento può essere effettuato in un’unica soluzione (entro il 30 settembre 2018), oppure ripartito in tre rate mensili di pari importo (30 settembre, 31 ottobre, 30 novembre, 2018), maggiorate di un importo a titolo di interessi, calcolato al saggio legale attualmente in vigore, pari allo 0,3% annuo. Ai fini del versamento non è possibile avvalersi dell’istituto della compensazione.

L’attività di riscontro del perfezionamento della procedura verrà effettuata dall’Ufficio ordinariamente competente, in base al criterio del domicilio fiscale del contribuente sull’ultima annualità indicata nel modello dal soggetto istante.

La procedura si perfeziona solamente con il versamento integrale dell’importo dovuto; pertanto, i relativi effetti si producono in capo al contribuente al momento del versamento in un’unica soluzione o dell’ultima rata.

Ciononostante, è bene considerare che il perfezionamento della procedura non preclude l’esercizio dell’azione accertatrice, effettuabile entro gli ordinari termini di decadenza, in relazione a imposte (per esempio, IVA e IVIE), violazioni e annualità, non rientranti nell’ambito applicativo della procedura.

A titolo esemplificativo, la Circolare precisa che l’esito negativo della regolarizzazione può essere determinato dalle seguenti cause:

-          la mancata o tardiva presentazione dell’istanza nei termini, la mancata produzione della documentazione a corredo dell’istanza, il mancato versamento in autoliquidazione degli importi dovuti (anche di una sola rata), o la carenza del versamento effettuato rispetto a quello dovuto;

-          l’insussistenza dei requisiti soggettivi, oggettivi o temporali per accedere alla procedura;

-          la regolarizzazione di attività che siano state già oggetto della voluntary disclosure.

In tali casi, gli Uffici ordinariamente competenti, utilizzando i dati presenti nell’istanza telematica e quelli ricavabili dalla documentazione fornita, provvederanno alla notifica degli avvisi di accertamento e degli atti di contestazione per tutti i periodi d’imposta inclusi nella procedura. I suddetti atti conseguenti al mancato perfezionamento devono essere notificati entro il 30 giugno 2020. Viceversa, qualora in capo al contribuente dovessero emergere ulteriori elementi o rilievi relativi a violazioni, imposte o annualità non incluse nella procedura, gli Uffici potranno notificare i conseguenti avvisi di accertamento e atti di contestazione entro gli ordinari termini di decadenza previsti dalla legge.

Tale ultima precisazione da parte dell’Agenzia delle Entrate impone un’attenta analisi, caso per caso, delle differenti specifiche situazioni, prima di attivare la mini-voluntary.

Proviamo a ragionare su una delle ipotesi maggiormente frequenti nella pratica.

Un contribuente italiano si è trasferito in Germania – esempio – nel 2006, per lavorare alle dipendenze di un datore di lavoro locale. All’inizio dell’anno successivo, avuta conferma della stabilità del posto, ha provveduto a iscriversi all’AIRE. Conseguentemente, ha aperto un conto corrente bancario tedesco e ha acquistato una casa in loco, contraendo un mutuo. Nel 2014, detto contribuente è rientrato in Patria e si è nuovamente iscritto all’Anagrafe nazionale, ma, pur mantenendo l’immobile e il conto bancario in Germania, non ha assolto agli obblighi di monitoraggio (nonché al pagamento delle eventuali connesse imposte) nei riguardi del Fisco italiano. Nel 2016, ha poi venduto l’immobile estero e incamerato il ricavato nel conto corrente tedesco; conto corrente che risulta ancora aperto nel 2017.

L’odierna procedura (fatti salvi gli altri ordinari requisiti oggettivi e soggettivi di ammissibilità) consente al contribuente in questione di sanare gli obblighi di monitoraggio, nonché quelli relativi a Irpef, addizionali e IVAFE, per gli anni 2014, 2015 e 2016, posto che, alla data del 6 dicembre 2017, il conto bancario tedesco risulta ancora in essere. Peraltro, nella relazione di accompagnamento dell’istanza, andranno chiaramente indicati, tra gli altri, tutti i dati relativi all’immobile venduto. Orbene, sulla scorta di tali informazioni, l’Ufficio competente potrà richiedere al contribuente l’IVIE eventualmente dovuta e non versata a fronte del possesso di tale immobile, con relative sanzioni e interessi.

Nella concreta fattispecie, sarà allora consigliabile ricorrere all’istituto del ravvedimento operoso per sanare gli eventuali mancati pagamenti dell’IVIE, contestualmente alla presentazione dell’istanza relativa alla mini-voluntary, ferma restando ogni ulteriore valutazione afferente gli specifici obblighi di monitoraggio, soprattutto nelle fattispecie di dichiarazione omessa.

comments powered by Disqus
mediazione
top