Paolo Soro

Note spese e giustificativi: le regole di gestione documentale

Dopo aver ribadito i requisiti previsti dal Tuir per la deducibilità dei costi, l’Agenzia delle Entrate mette in chiaro le modalità per la loro conservazione dematerializzata.

Dopo poche settimane dall’ultimo intervento in materia (cfr risoluzione n. 46/2017 e vedi “Atti dematerializzati al passo con le regole dettate dal Fisco”), l’Agenzia delle Entrate si occupa nuovamente della dematerializzazione dei documenti fiscalmente rilevanti e della loro conservazione. Con la risoluzione n. 96/E del 21 luglio 2017, infatti, l’amministrazione, sollecitata da un’istanza di interpello, fornisce chiarimenti su alcuni documenti molto diffusi nella vita quotidiana delle imprese, ossia le note spese dei dipendenti e i relativi giustificativi.

La società Alpha, operante nel settore dell’archiviazione elettronica, vuole implementare un processo di gestione delle note spese articolato in una serie di passaggi, caratterizzati dal comune denominatore della loro totale digitalizzazione.

In particolare, Alpha ipotizza:

l’acquisizione dei giustificativi di spesa (nativi analogici o elettronici) mediante fotografia scattata con un dispositivo portatile (smartphone o tablet), sul quale è installata un’apposita applicazione che rende il documento acquisito immodificabile, associandovi un riferimento temporale e inviandolo via internet a un server in cloud che sottopone l’immagine a lettura Ocr (Optical character recognition) per ricavarne i dati – verificabili (ed eventualmente rettificabili, se inesatti) da parte dei dipendenti – necessari alla compilazione della nota spese

l’accesso dei dipendenti, tramite proprie credenziali, all’applicazione per creare la nota delle spese e inviarla in approvazione, così da consentire i controlli del caso a opera della struttura aziendale a ciò preposta

la registrazione della nota nei sistemi contabili dell’azienda e l’inoltro della stessa al servizio di conservazione sostitutiva, gestito in proprio o tramite provider qualificato, ma in tutti i casi “a norma” (ossia, nel rispetto dei decreti attuativi del Dlgs 82/2005, tra cui il Dpcm 13 novembre 2014 e il Dm 17 giugno 2014)

la distruzione dei giustificativi analogici a completamento dell’iter, fermi gli obblighi di esibizione telematica del documento informatico correttamente conservato.

Nel chiedere conferma all’Amministrazione finanziaria che il processo descritto sia rispondente alle regole dettate in materia di documenti fiscalmente rilevanti, i dubbi della società si concentrano sulla possibilità di distruggere gli originali analogici e, in particolare, sui tempi e gli accorgimenti da mettere in atto a tal fine.

L’Agenzia delle Entrate, in primo luogo, si sofferma sulla procedura in esame per evidenziare come la stessa, volta alla produzione di alcuni documenti contabili (idem est le note delle spese), sia meramente interna ai fruitori dell’applicazione descritta e come le disposizioni normative riguardanti la tenuta di tali documenti già da tempo consentono la produzione degli stessi in modo informatizzato (cfr, ad esempio, la circolare n. 36/E del 2006).

Ciò posto, non vi è alcun dubbio interpretativo su cui esprimere valutazioni. Tuttavia, l’amministrazione coglie l’occasione per specificare quale sia la natura dei documenti coinvolti nell’operazione e gli effetti che ne discendono. In particolare, secondo quanto osservato anche nella già citata risoluzione 46/E, l’Agenzia ricorda che il punto di partenza di ogni ragionamento in tema di documenti informatici è il Dlgs 82/2005 (Codice dell’Amministrazione digitale, “Cad”), nonché i relativi decreti attuativi, tra cui, con specifico riferimento all’ambito tributario, il sopra menzionato Dm 17 giugno 2014 (Modalità di assolvimento degli obblighi fiscali relativi ai documenti informatici e alla loro riproduzione su diversi tipi di supporto).

Dalla lettura di tali disposizioni emerge, in primis, che ogni documento elettronico contenente la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti ai fini tributari – ossia, in base alla definizione contenuta nell’articolo 1, lettera p) del Cad, qualunque “documento informatico” avente rilevanza fiscale (come, appunto, le note delle spese utilizzate per la deducibilità dei relativi costi ai sensi del Tuir – deve possedere precise caratteristiche.

Tra queste, spiccano l’immodificabilità, l’integrità e l’autenticità (cfr articolo 2, Dm 17 giugno 2014, articolo 3, Dpcm 13 novembre 2014 e articolo 3, Dpcm 3 dicembre 2013), in presenza delle quali le copie digitali potranno sostituire a tutti gli effetti gli originali analogici da cui sono tratte, al pari di quanto deve dirsi per i duplicati informatici di documenti informatici (cfr, rispettivamente, articolo 22 e articolo 23-bis, Cad).

L’Agenzia delle Entrate, peraltro, ha avuto cura di precisare che la forma dei documenti non influenza i requisiti legislativamente individuati dal Tuir per la deducibilità dei costi, come inerenza, competenza e congruità. Sul punto va rammentato che «secondo pacifico indirizzo della giurisprudenza di legittimità, invero, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’onere della prova dei presupposti dei costi e oneri deducibili concorrenti alla determinazione del reddito d’impresa, ivi compresa la loro inerenza e la loro diretta imputazione ad attività produttive di ricavi, tanto nella disciplina del D.P.R. n. 597 del 1973 e del D.P.R. n. 598 del 1973, che del D.P.R. n. 917 del 1986, incombe al contribuente. Inoltre, poiché nei poteri dell’amministrazione finanziaria in sede di accertamento rientra la valutazione della congruità dei costi e dei ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni, con negazione della deducibilità di parte di un costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa, l’onere della prova dell’inerenza dei costi, gravante sul contribuente, ha ad oggetto anche la congruità dei medesimi» (così, ex multis, Cass. n. 27304 del 29 dicembre 2016).

Restano, inoltre, fermi gli obblighi di esibizione previsti dalla normativa vigente, tra cui quelli indicati dall’articolo 5, comma 3, Dm 17 giugno 2014, a mente del quale «il documento conservato può essere esibito anche per via telematica secondo le modalità stabilite con provvedimenti dei direttori delle competenti Agenzie fiscali».

Ribadita l’equivalenza giuridica tra originali analogici e copie digitali “a norma”, l’Agenzia si sofferma sulla natura dei documenti giustificativi allegati alle note spese.

La possibilità di risalire al loro contenuto attraverso altre scritture o documenti di cui sia obbligatoria la conservazione, anche se in possesso di terzi (idem est, i cedenti o i prestatori tenuti agli adempimenti fiscali), porta l’amministrazione a concludere che gli stessi sono, in generale, documenti analogici originali non unici (cfr articolo 1, lettera v, Cad).

Logica conseguenza è che il processo di conservazione elettronica di tali giustificativi è correttamente perfezionato, in base agli articoli 3 e 4, Dm 17 giugno 2014, senza che debba intervenire alcun pubblico ufficiale per attestare la conformità delle copie informatiche e delle copie per immagine su supporto informatico all’originale analogico. Tale originale, dunque, terminato il processo di copia, potrà essere tranquillamente distrutto (ex articolo 4, comma 3, dello stesso Dm).

Non tutti i giustificativi, tuttavia, consentono di risalire al loro contenuto attraverso altre scritture o documenti di cui sia obbligatoria la conservazione.

In questo caso, assumendo la natura di documenti analogici originali unici, la loro conservazione sostitutiva necessita dell’intervento del pubblico ufficiale prescritto dal già richiamato articolo 4 del Dm 17 giugno 2014 (la circolare 36/E del 2006, al punto 8.3, chiarisce che pubblico ufficiale non è solo il notaio, ma anche, tra gli altri, «il cancelliere, il segretario comunale e il funzionario incaricato dal sindaco che provvede ad autenticare le copie dei documenti di cui ha in deposito gli originali, o comunque le copie dei documenti originali che gli vengono esibiti»).

Medesima natura di documento analogico originale unico – e in ciò consiste, forse, la novità interpretativa di più ampio impatto – va riconosciuta ai giustificativi emessi da soggetti economici di Paesi extra Ue, con i quali non esiste reciproca assistenza in materia fiscale (per la lista degli Stati con cui è ammesso lo scambio di informazioni, cosiddetta “white list”, si veda l’articolo 1, Dm 4 settembre 1996, nonché le successive integrazioni e modificazioni). In questo caso, infatti, l’amministrazione finanziaria evidenzia di non avere alcuna possibilità (nemmeno astratta) di ricostruire il contenuto dei giustificativi attraverso altre scritture o documenti in possesso dei terzi. Tali documenti, dunque, andranno considerati originali unici, con tutte le relative conseguenze ai fini della loro conservazione.

Fonte: Fisco-Oggi

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